venerdì 29 maggio 2009

Verso la Pentecoste


Il sesto dono è la Pietà


Pietà: Ci fa sperimentare la tenerezza del Padre e ci fa sentire figli prediletti. "Come un bimbo sereno in braccio alla madre". Ci dà il senso della Divina Provvidenza, che riconosce che siamo figli di Dio e che lui provvede a tutto. "Il Signore non turba mai la pace dei suoi Figli se non per darne una maggiore" (Don Orione). E’ la forza del pentimento dei peccati. E’ l’amore dei figli verso il Padre. Esempio è Enea che fugge da Troia portando in spalle il padre.
Os. 11, 3-4 "Gli ho insegnato a camminare, l’ho tirato su fino alla mia guancia e mi sono chinato su di lui per dargli il mio cibo".
Gal 4,6 "E’ lui che ci sussurra di dire Padre".
Lo spirito di pietà ci introduce nell’intimità della famiglia trinitaria.
Sap 12,20-22 "Se hai punito con riguardo e indulgenza i nemici dei tuoi figli concedendo loro tempo di ravvedersi, con quanta più attenzione lo fai coi figli della promessa? Mentre dunque ci correggi colpisci i nemici perché riflettiamo e speriamo nella tua misericordia".
E’ un dono che coinvolge volontà, azione, sentimenti delle persone. E’ una sensibilità del cuore, di quel cuore di carne che Dio ha messo al posto del cuore di pietra. Diventa così importante perché prepara il terreno per tutti gli altri doni. E’ cuore capace di ascoltare la parola del Signore e far sì che diventi impulso per le azioni.
Insegna a desiderare come Dio desidera. L’uomo diventa figlio di Dio e impara a dire con confidenza e umiltà: Abbà, Padre.
Da questo cuore convertito che si slancia verso Dio nasce la preghiera.
Questo rapporto con Dio ha conseguenza anche sul nostro rapporto con gli uomini. Ci fa sentire vicini agli altri, fratelli. Sensibili, senza sentirsi migliori perché la pietà porta sempre con sé l’umiltà.
Frutti della pietà sono la preghiera e la solidarietà.

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