lunedì 31 gennaio 2011

San Giovanni Bosco


In memoria di un santo che è stato ed è ancora 
 "Padre e maestro dei giovani"


Dalla lettera “Iuvenum Patris” di Giovanni Paolo II, papa (AAS 80 [1988] 969-987)
San Giovanni Bosco sentiva di aver ricevuto una speciale vocazione e di essere assistito e quasi guidato per mano, nell’attuazione della sua missione, dal Signore e dall’intervento materno della Vergine Maria. La sua risposta fu tale che la Chiesa lo ha proposto ufficialmente ai fedeli quale modello di santità.
La sua statura di Santo lo colloca, con originalità, tra i grandi Fondatori di Istituti religiosi nella Chiesa. Egli eccelle per molti aspetti: è l’iniziatore di una vera scuola di nuova e attraente spiritualità apostolica; è il promotore di una speciale devozione a Maria, Ausiliatrice dei Cristiani e Madre della Chiesa; è il testimone di un leale e coraggioso senso ecclesiale, manifestato attraverso mediazioni delicate nelle allora difficili relazioni tra la Chiesa e lo Stato; è l’apostolo realistico e pratico, aperto agli apporti delle nuove scoperte; è l’organizzatore zelante delle Missioni con sensibilità veramente cattolica; è, in modo eccelso, l’esemplare di un amore preferenziale per i giovani, specialmente per i più bisognosi, a bene della Chiesa e della società; è il maestro di un’efficace e geniale prassi pedagogica, lasciata come dono prezioso da custodire e sviluppare.
Proprio un tale interscambio tra “educazione” e “santità” è l’aspetto caratteristico della sua figura: egli è un “educatore santo”, si ispira a un “modello santo” — Francesco di Sales —, è discepolo di un “maestro spirituale santo” — Giuseppe Cafasso —, e sa formare tra i suoi giovani un “educando santo” — Domenico Savio.
Per san Giovanni Bosco, fondatore di una grande Famiglia spirituale, si può dire che il tratto peculiare della sua “genialità” è legato a quella prassi educativa che egli stesso chiamò “sistema preventivo”. Questo rappresenta, in un certo modo, il condensato della sua saggezza pedagogica e costituisce quel messaggio profetico, che egli ha lasciato ai suoi e a tutta la Chiesa, ricevendo attenzione e riconoscimento da parte di numerosi educatori e studiosi di pedagogia.
La sostanza del suo insegnamento rimane; la peculiarità del suo spirito, le sue intenzioni, il suo stile, il suo carisma non vengono meno, perché ispirati alla trascendente pedagogia di Dio.
Nella Chiesa e nel mondo la visione educativa integrale, che vediamo incarnata in Giovanni Bosco, è una pedagogia realistica della santità. Urge ricuperare il vero concetto di “santità”, come componenete della vita di ogni credente. L’originalità e l’audacia della proposta di una “santità giovanile” è instrinseca all’arte educativa di questo grande Santo, che può essere giustamente definito “maestro di spiritualità giovanile”. Il suo particolare segreto fu quello di non deludere le aspirazioni profonde dei giovani (bisogno di vita, di espansione, di gioia, di libertà, di futuro), e insieme di portarli gradualmente e realisticamente a sperimentare che solo nella “vita di grazia”, cioè nell’amicizia con Cristo, si attuano in pieno gli ideali più autentici. 

Lettera di don Bosco ai giovani 
"Caro amico, io ti voglio bene con tutto il mio cuore.
Mi basta sapere che sei giovane perchè ti voglia bene.
Nel tuo cuore porti il tesoro dell'amicizia con il Signore.
se lo conservi sei ricchissimo.
Se lo perdi, diventi una delle persone più infelici e più povere del mondo.
Il Signore sia sempre con te, e ti aiuti a vivere come un suo amico.
Se ti comporti così, ti assicuro che Dio sarà contento di te, e salverai la tua anima: la cosa più importante della tua vita.
Dio ti regali una vita lunga e felice.
L'amicizia del Signore sia sempre la tua grande ricchezza nella vita terrena e nell'eternità".
Sono il tuo amico Sac. Giovanni Bosco

Preghiamo san Giovanni Bosco  per tutti gli educatori cristiani perchè, sul suo esempio, sappiano guidare i  giovani, oggi più che mai bisognosi di padri e di maestri che gli facciano conoscere l'amicizia con Dio.

domenica 30 gennaio 2011

IV domenica del tempo ordinario


 

 Vangelo

Beati i poveri in spirito.

(Mt 5,1-12a)

Dal Vangelo secondo  Matteo

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Parola del Signore

 Commento
L’evangelista Matteo nel vangelo odierno, all’inizio del quinto capitolo,  ci presenta Gesù Cristo che insegna le disposizioni fondamentali della vita cristiana. E’ la nuova Torah che Egli  è venuto a comunicare a tutti gli  uomini e soprattutto a coloro che sono poveri e miti, a chi  su questa terra cerca Dio e la sua giustizia e che ne soffre volentieri le conseguenze. Saranno costoro che  troveranno i Suoi favori.
Ma perché Gesù dona questo insegnamento? Per capire è necessario rileggere l’ultima parte del quarto capitolo che dice:” Gesù stava percorrendo tutta la Galilea insegnando nelle sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattia e di infermità nel popolo. A lui accorrevano tutti i malati, tormentati da varie malattie, indemoniati, epilettici e paralitici: ed Egli li guarì”(…) “Gesù allora, vedendo grandi folle che lo seguivano si mise a sedere su di una monte ed iniziò ad insegnare”, donando così a tutti un senso profondo per le loro sofferenze. Nove  sono le beatitudini di cui Gesù parla ed esse  costituiscono il cuore di tutto il Suo  messaggio:  il Regno di Dio è arrivato per tutti e di fronte all’amore di Dio non ci sono vicini e lontani, non ci sono emarginati anzi, essi sono i primi, ma ci sono solo persone amate. 
Dice Gesù:
"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli…Si tratta di quei poveri , non per mancanza di ricchezze, che si trovano in una condizione di sottomissione servile nei confronti dei potenti. Sono quegli uomini senza difesa, che accettano in silenzio la loro sorte e solo a Dio volgono il proprio sguardo e ripongono soltanto in Lui la propria speranza.
“Beati coloro che sono nel pianto, perché saranno consolati”.
In questa beatitudine si parla di tutti coloro che non hanno alcuna gioia in questo mondo, si parla soprattutto di sofferenza morale. Ma la buona notizia data da Gesù è che il Regno di Dio è presente in mezzo a loro e chi si trova in questa condizione verrà consolato e salvato.  In cielo non ci sarà più pianto, né afflizione, ma solo grande gioia eterna.
“Beati i miti, perché avranno in eredità la terra”. I miti sono coloro che fanno parte della stessa classe dei “poveri in spirito”, di coloro che non hanno la capacità di essere aggressivi. Sono coloro che porgono sempre l’altra guancia, ma proprio loro avranno in eredità quella “Terra promessa” da Dio al popolo d’Israele e a tutti gli uomini: il Paradiso.
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”. Per l’evangelista Matteo la giustizia di cui bisogna aver fame e sete e quella che si ottiene sottomettendosi alla volontà di Dio. I giudei pensavano che bastasse essere osservanti della legge per essere giusti, ma Gesù afferma con insistenza che i suoi discepoli devono sforzarsi di attuare qualcosa che va molto oltre la legge di Mosè: una giustizia supportata dalla carità.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. La misericordia è una caratteristica divina. Dio, nonostante le infedeltà degli uomini,  è fedele ed ha pietà dell’uomo peccatore. Gesù  insegna che se vogliamo ricevere misericordia dobbiamo essere misericordiosi con i nostri fratelli soprattutto nella sua forma più alta: il perdono.
“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Nel linguaggio umano e soprattutto nel linguaggio biblico il cuore è il centro della persona, è il luogo dove  ogni persona decide per la propria vita in rapporto con gli altri e con Dio. La purezza quindi è un fatto interiore, del cuore, dove ognuno incontra il suo prossimo ed incontra Dio.  La  purezza di cuore ama la verità,   non la menzogna . Chi cerca il proprio interesse e inganna gli altri per raggiungere i propri scopi, non è puro nelle sue intenzioni e nelle sue azioni. La purezza del cuore, quindi, è la purezza dell'amore. Chi ama davvero dona se stesso con generosità e gratuità, e accoglie l'altro con riconoscenza e rispetto.
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Per essere portatori di pace, bisogna anzitutto possederla in sé. La Pace interiore è un dono dello Spirito e si realizza aderendo in pieno alla volontà di Dio e osservando il comandamento dell’amore:« amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati ».  La pace terrena nasce dall’amore verso il  prossimo, essa è immagine ed effetto della pace che  Cristo ha donato agli apostoli, alla Chiesa e a tutti noi.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”. Nell’ottava beatitudine ritorna il tema della giustizia. I perseguitati per amore della giustizia  sono coloro che meritano il ragno dei cieli perché accettano con amore di rimanere in armonia con Dio e si sottomettono alla Sua volontà. Beati sono i tanti cristiani perseguitati nel mondo a causa del nome di Gesù che è stato il primo perseguitato per amore di quella  giustizia che gli viene dal Suo stretto rapporto d’amore con il Padre. 
“Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”. La nostra vita ha un senso solo se vissuta nel nome di Dio. La difficoltà che spesso si incontra nel proclamarsi credenti è quella di non essere capiti anzi, quella addirittura di essere derisi, insultati e maltrattati. Ma quando succede questo è segno che, con il nostro modo di essere, diamo un messaggio purtroppo scomodo per chi fa difficoltà a credere suscitando così un senso tale di fastidio per cui veniamo perseguitati. Ma Gesù dice addirittura di rallegrarsi quando avviene ciò perché la cosa importante è rimanere fedeli ed uniti a Lui che ci ricompenserà di tutto  il male ricevuto.
Per concludere, è necessario dire che Gesù, con le beatitudini,  ha provocato una rivoluzione morale tale che ancora oggi il mondo fa fatica a comprendere. Tutti i valori di questo mondo, basati più   sull’esteriorità, sulla ricchezza, il benessere sociale e su rapporti umani egoistici e falsi,  con Gesù vengono capovolti perché Egli è venuto ad insegnare a tutti il vero linguaggio dell’amore per una vita vissuta pienamente in comunione con Dio.



giovedì 27 gennaio 2011

Nel giorno della memoria

 

OLOCAUSTO : la mail della quasi verità. Divulgate

SEMBRA IMPOSSIBILE!!!
Il Generale Dwight D. Eisenhower aveva ragione
nell’ordinare che fossero fatti
molti filmati e molte foto.
OLOCAUSTO
Esattamente, come è stato previsto circa 60 anni fa…
E’ una questione di Storia ricordare che,
quando il Supremo Comandante delle Forze alleate
(Stati Uniti, Inghilterra, Francia, etc.),
Generale Dwight D. Eisenhower,
incontrò le vittime dei campi di concentramento,
ha ordinato che fosse fatto il maggior numero di foto possibili,
e fece in modo che i tedeschi delle città vicine
fossero accompagnati fino a quei campi
e persino seppellissero i morti.
E il motivo, lui l’ha spiegato così:
'Che si tenga il massimo della documentazione
che si facciano filmati – che si registrino i testimoni –
perchè, in qualche momento durante la storia,
qualche idiota potrebbe sostenere
che tutto questo non è mai successo'.
'Tutto ciò che è necessario per il trionfo del male,
è che gli uomini di bene non facciano nulla'.
(Edmund Burke)
Ricordiamo:Questa settimana,il Regno Unito ha rimosso l’Olocausto
dai piani di studio scolastici
poichè “offendeva” la popolazione musulmana,
che afferma che l’Olocausto non è mai esistito...
Questo è un presagio spaventoso sulla paura
che si sta diffondendo nel mondo,
e che così facilmente ogni Paese
sta permettendo di far emergere.
Sono trascorsi più di 60 anni
dal termine della Seconda Guerra Mondiale.
Questa e-mail viene inviata come una catena,
in memoria dei 6 milioni di ebrei,
20 milioni di russi,
10 milioni di cristiani,
e 1900 preti cattolici
che sono stati assassinati, massacrati, violentati,
bruciati, morti di fame e umiliati,
nel mentre la Germania e la Russia
volgevano lo sguardo in altre direzioni.
Ora, più che mai, a fronte di qualcuno che sostiene
“L’Olocausto è un mito”,
è fondamentale fare in modo che
il mondo non dimentichi mai.
L’obiettivo che si vuole raggiungere inviando questa mail
è che venga letta da, almeno, 40 milioni di persone in tutto il mondo.
Sii un anello di questa catena
e aiuta ad inviare la mail in tutto il mondo.
Correggo
Krilù mi ha fatto sorgere un dubbio e quando ciò accade mi documento subito.
La mail risponde al vero,ma il governo inglese non ha mai proposto, né approvato, alcuna riforma dei programmi di insegnamento che preveda l’eliminazione della storia dell’Olocausto dal curriculum scolastico.


mercoledì 26 gennaio 2011

Da Totus Tuus network

 In occasione dell'incontro con gli amministratori della regione Lazio Il Santo Padre ha pronunciato queste parole: l’amore non 
sia ridotto ad oggetto da consumare

    DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

  AGLI AMMINISTRATORI DELLA REGIONE LAZIO, DEL COMUNE E DELLA PROVINCIA DI ROMA. 

Sala Clementina, Venerdì, 14 gennaio 2011

... l’approvare forme di unione che snaturano l’essenza e il fine della famiglia, finisce per penalizzare quanti, non senza fatica, si impegnano a vivere legami affettivi stabili, giuridicamente garantiti e pubblicamente riconosciuti ... l’amore umano non sia ridotto ad oggetto da consumare


Illustri Signori e Signore!
 Seguendo una felice consuetudine, anche quest’anno ho la gradita occasione di incontrare i rappresentanti delle Istituzioni della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma. Ringrazio l’On. Renata Polverini, Presidente della Giunta Regionale del Lazio, l’On. Giovanni Alemanno, Sindaco di Roma, e l’On. Nicola Zingaretti, Presidente della Provincia di Roma, per le cortesi parole che mi hanno rivolto a nome di tutti. Ricambio i cordiali voti augurali per il nuovo anno a voi, ai cittadini di Roma e della Provincia e agli abitanti del Lazio, ai quali mi sento particolarmente legato come Vescovo di questa Città, Successore di Pietro.
La singolare vocazione di Roma, centro del cattolicesimo e capitale dello Stato italiano, richiede alla nostra città di essere un esempio di feconda e proficua collaborazione fra le Istituzioni pubbliche e la Comunità ecclesiale. Tale collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, è oggi particolarmente urgente per le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte. La Chiesa, in particolare mediante l’opera dei fedeli laici e delle associazioni di ispirazione cattolica, desidera continuare ad offrire il proprio contributo per la promozione del bene comune e di un progresso autenticamente umano.
 Cellula originaria della società è la famiglia, fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna. E’ nella famiglia che i figli apprendono i valori umani e cristiani che consentono una convivenza costruttiva e pacifica. È nella famiglia che si imparano la solidarietà fra le generazioni, il rispetto delle regole, il perdono e l’accoglienza dell’altro. È nella propria casa che i giovani, sperimentando l’affetto dei genitori, scoprono che cosa sia l’amore e imparano ad amare. La famiglia, dunque, deve essere sostenuta da politiche organiche che non si limitino a proporre soluzioni ai problemi contingenti, ma abbiano come scopo il suo consolidamento e sviluppo e siano accompagnate da un’adeguata opera educativa. Talvolta, purtroppo, accadono gravi fatti di violenza, e vengono amplificati alcuni aspetti di crisi della famiglia, causati dai rapidi cambiamenti sociali e culturali. Anche l’approvare forme di unione che snaturano l’essenza e il fine della famiglia, finisce per penalizzare quanti, non senza fatica, si impegnano a vivere legami affettivi stabili, giuridicamente garantiti e pubblicamente riconosciuti. In questa prospettiva, la Chiesa guarda con favore a tutte quelle iniziative che mirano ad educare i giovani a vivere l’amore nella logica del dono di sé, con una visione alta e oblativa della  sessualità. Serve a tale scopo una convergenza educativa fra le diverse componenti della società, perché l’amore umano non sia ridotto ad oggetto da consumare, ma possa essere percepito e vissuto come esperienza fondamentale che dà senso e finalità all’esistenza.
Il reciproco donarsi dei coniugi porta con sé l’apertura alla generazione: il desiderio della paternità e della maternità è infatti iscritto nel cuore dell’uomo. Tante coppie desidererebbero accogliere il dono di nuovi figli, ma sono spinte ad attendere. Per questo è necessario sostenere concretamente la maternità, come pure garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due. Lo sviluppo di adeguate politiche di aiuto, come pure di strutture destinate all’infanzia, quali gli asili-nido, anche quelli gestiti da famiglie, può aiutare a far sì che il figlio non sia visto come un problema, ma come un dono e una gioia grande. Inoltre, poiché “l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo” (Caritas in veritate, 28), l’elevato numero di aborti che vengono praticati nella nostra Regione non può lasciare indifferenti. La comunità cristiana, attraverso numerose “Case famiglia”, i “Centri di Aiuto alla Vita” e altre analoghe iniziative, è impegnata ad accompagnare e dare sostegno alle donne che si trovano in difficoltà nell’accogliere una nuova vita. Le pubbliche Istituzioni sappiano offrire il loro sostegno affinché i Consultori familiari siano in condizione di aiutare le donne a superare le cause che possono indurre ad  interrompere la gravidanza. A questo proposito, esprimo il mio apprezzamento per la legge vigente nella Regione Lazio che prevede il cosiddetto “quoziente familiare” e considera il figlio concepito quale componente della famiglia, ed auspico che tale normativa trovi piena attuazione. Sono lieto che la città di Roma abbia già avviato il suo impegno in tale direzione.
Sull’altro versante della vita, l’invecchiamento della popolazione pone nuovi problemi. Gli anziani sono una grande ricchezza per la società. Le loro conoscenze, la loro esperienza e la loro saggezza sono un patrimonio per i giovani, che hanno bisogno di maestri di vita. Se molti anziani possono contare sul sostegno e la vicinanza della propria famiglia, cresce il numero di quelli che sono soli e che hanno bisogno di assistenza medico-sanitaria. La Chiesa, anche nella nostra Regione, è sempre stata vicina a coloro che si trovano in condizioni fragili a motivo dell’età o della salute precaria. Mentre mi rallegro per la sinergia esistente con le grandi realtà sanitarie cattoliche - come, ad esempio, nel campo dell’infanzia, tra l’Ospedale “Bambin Gesù” e le Istituzioni pubbliche - auspico che tali strutture possano continuare a collaborare con gli Enti locali per assicurare il loro servizio a quanti ad esse si rivolgono, rinnovo l’invito a promuovere una cultura che rispetti la vita fino al suo termine naturale, nella consapevolezza che “la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente” (Enc. Spe salvi, 38).
In questi ultimi tempi, la serenità delle nostre famiglie è minacciata dalla grave e persistente crisi economica, e molte famiglie non  riescono più a garantire un sufficiente tenore di vita ai propri figli. Le nostre parrocchie, attraverso la Caritas, si  prodigano per venire in aiuto di questi nuclei familiari alleviando, per quanto possibile, i disagi e facendo fronte alle esigenze primarie. Confido che possano essere adottati adeguati provvedimenti, volti a sostenere le famiglie a basso reddito, particolarmente quelle numerose, troppo spesso penalizzate. A ciò si aggiunge un problema ogni giorno più drammatico. Mi riferisco alla grave questione del lavoro. I giovani, in particolare, che dopo anni di preparazione non vedono sbocchi lavorativi e possibilità di inserimento sociale e di progettazione del futuro, si sentono spesso delusi e sono tentati di rifiutare la stessa società. Il prolungarsi di simili situazioni causa tensioni sociali, che vengono sfruttate dalle organizzazioni criminali per proporre attività illecite. È dunque urgente che, pur nel difficile momento, si faccia ogni sforzo per promuovere politiche occupazionali, che possano garantire un lavoro e un sostentamento dignitoso, condizione indispensabile per dare vita a nuove famiglie.
Gentili Autorità, sono molteplici i problemi che richiedono una soluzione. Il vostro impegno di Amministratori, che si sforzano di collaborare insieme per il bene della comunità, sappia sempre considerare l’uomo come un fine, perché egli possa vivere in maniera autenticamente umana. Come Vescovo di questa città vorrei, pertanto, invitarvi a trovare nella Parola di Dio la fonte di ispirazione per la vostra azione politica e sociale, nella “ricerca del vero bene di tutti, nel rispetto e nella promozione della dignità di ogni persona” (Es. ap. postinodale Verbum Domini, 101). Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera, soprattutto per color che oggi incominciano il servizio al bene comune, e mentre invoco sul vostro impegno la materna protezione della Vergine Maria, Salus Populi Romani, di cuore vi imparto la mia Benedizione, che volentieri estendo agli abitanti di Roma, della sua Provincia e di tutto il Lazio.


domenica 23 gennaio 2011

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO



Vangelo secondo Matteo

 Convertitevi perchè il regno dei cieli è vicino
(Mt 4,12-23)
“Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire:«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». 

 Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro:  «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. 
 
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. 
Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo”.


Commento

Il brano evangelico di Matteo che la liturgia di questa domenica ci presenta è collocato   subito dopo il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto. Gesù inizia la sua predicazione.
Tre sono gli insegnamenti che esso ci dà:

1) Gesù, come  luce per chi  cammina nelle tenebre,  invita alla conversione.
 Avendo saputo dell’arresto di Giovanni, Gesù si sposta in Galilea a Cafarnao.  Questa regione era disprezzata  dai giudei perché ritenuta terra dei gentili, cioè contaminata dal paganesimo ma, proprio in questo luogo, Gesù inizia la sua predicazione. Su tutti coloro che “dimoravano in terra e ombre di morte”, su tutti coloro che vivevano senza preoccuparsi di costruire una casa per il cielo, una luce si è levata. Gesù è questa luce che, con la sua predicazione, invita tutti alla conversione e dice che il regno di Dio si è reso presente in mezzo agli uomini. Questa è una situazione di vita nella quale spesso ci troviamo anche noi che, vivendo nel benessere materiale, non ci preoccupiamo di quello spirituale e non pensiamo che la nostra vera dimora è quella che Gesù ci sta preparando in cielo.

2) La vocazione dei primi discepoli.
L’opera di Gesù inizia sulle rive del mare di Galilea dove Egli incontra i primi  discepoli. Si tratta di quattro  pescatori ( Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni) che erano intenti al loro lavoro. Gesù li vede e li chiama per portarli a diventare  “pescatori di uomini”. A questa chiamata c’è una risposta che è condivisione della vita del maestro e prontezza nel lasciare tutto per seguirlo. Questi apostoli vengono scelti e preparati dal Signore perché dopo di Lui il Vangelo sia annunciato a tutti gli uomini. La Chiesa oggi continua l’opera che Gesù ha affidato agli apostoli.

3) L’efficacia dell’attività di Gesù.
Gesù percorrendo le vie della Galilea si mette alla ricerca degli uomini per guarirli e portare loro la salvezza.  Egli Insegnava nelle sinagoghe perché la Sua Parola si fondava sulla legge e i profeti, una legge che non è venuto a cambiare ma a mettere in pratica con amore e misericordia. Gesù Guariva tutti i mali e tutte le infermità attraverso gesti concreti che, uniti alla Sua Parola acquistavano efficacia. Gesù è venuto soprattutto a guarire il cuore dell’uomo malato a causa del peccato.

Ancora oggi Egli continua a camminare per le vie del mondo per farsi incontrare da  poveri infermi e malati bisognosi di guarigione, per cercare e chiamare discepoli che possano annunciare la Sua Parola.  Noi tutti, come figli di Dio e membri della Chiesa, comunità di malati guariti, abbiamo il compito di essere coraggiosi pescatori di uomini, perché il regno di Dio si renda presente  in ogni angolo del mondo.

domenica 16 gennaio 2011

II domenica del tempo ordinario


Dio sacrifica se stesso per l'uomo

Dal vangelo secondo Giovanni (1,29-34)


In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: -Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me-. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: -Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo-. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Parola del Signore

 Commento di Padre Ermes Ronchi

Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l'agnello, ecco il piccolo animale sacrificato, il sangue sparso, la vittima innocente. Ma di che cosa è vittima Gesù? Forse dell'ira di Dio per i nostri peccati, che si placa solo con il sangue dei sacrifici? Della giustizia di Dio che come risarcimento esige la morte dell'unico innocente? No, Dio aveva già detto per bocca di Isaia: sono stanco dei tuoi sacrifici senza numero. Io non bevo il sangue dei tuoi agnelli, io non mangio la loro carne (cf. Isaia 1, 11). Appare invece il capovolgimento totale portato da Gesù: in tutte le religioni l'uomo sacrifica qualcosa per Dio, ora è Dio che sacrifica se stesso per l'uomo. Dio non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. E dal suo costato aperto sulla croce non esce vendetta o rabbia, ma sangue e acqua, sangue d'amore, acqua di vita, la capacità di amare sempre e comunque. Di che cosa è vittima allora l'Agnello di Dio? Gesù è vittima d'amore. Scrive Origene: «Dio prima ha sofferto, poi si è incarnato. Ha sofferto perché caritas est passio», la sofferenza di Dio è figlia della sua passione d'amore; ha sofferto vedendo il male che l'uomo ha e fa, sentendolo far piaga nel suo cuore; ha sofferto per amore. Gesù è vittima della violenza. Ha sfidato e smascherato la violenza, padrona e signora della terra, con l'amore. E la violenza non ha potuto sopportare l'unico uomo che ne era totalmente libero. E ha convocato i suoi adepti e ha ucciso l'agnello, il mite, l'uomo della tenerezza. Gesù è l'ultima vittima della violenza, perché non ci siano più vittime. Doveva essere l'ultimo ucciso, perché nessuno fosse più ucciso. Giovanni diceva parole folgoranti: «Ecco la morte di Dio perché non ci sia più morte», e la nostra mente può solo affacciarsi ai bordi di questo abisso. Ecco colui che toglie il peccato; non un verbo al futuro, nell'attesa; non al passato, come un fatto concluso, ma al presente: ecco colui che instancabilmente continua a togliere, a raschiare via il mio peccato di adesso. E come? Con il castigo? No, con il bene. Per vincere la notte incomincia a soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile semina milioni di semi, per disarmare la vendetta porge l'altra guancia, per vincere la zizzania del campo si prende cura del buon grano. Noi siamo inviati per essere breccia di questo amore, braccia aperte donate da Dio al mondo, piccolo segno che ogni creatura sotto il sole è amata teneramente dal nostro Dio, agnello mite e forte che dona se stesso. (Letture: Isaia 49, 3.5-6; Salmo 39; 1 Corinzi 1, 1-3; Giovanni 1, 29-34)

lunedì 10 gennaio 2011

Mamma a 13 anni

Una delle prime cose che faccio alla mattina, quando sono in vacanza dalla scuola, è quella di indugiare un po’ più del solito, nella lettura dei vari quotidiani nazionali. Stamattina, scorrendo le pagine di Libertà, mi sono imbattuta nell’articolo “Troppo presto per un figlio. Col tempo proverà disagio» che esprimeva un giudizio sulla decisione di una ragazza che all’età di tredici anni ha deciso di portare a termine la gravidanza partorendo in questi giorni suo figlio. A parte l’enfasi con cui è stata data “la notizia”, (neanche fosse stata una catastrofe, un terremoto o una strage famigliare), ciò che mi ha colpito maggiormente è stato invece il breve inserto di cui sopra, dall’aspetto apparentemente dimesso che invece, già dal titolo lasciava intravedere un giudizio sulla vicenda, alquanto “sorprendente”; mi sono così affrettata a leggerlo.
Non mi sbagliavo: dopo averlo letto per tre volte consecutivamente, ancora facevo fatica a crederci.
“Troppo presto per avere un figlio, perché 13 anni è l’età della adolescenza e della giovinezza e non certo quella dell’assunzione di responsabilità. Così Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell’età evolutiva, commenta la scelta della ragazzina di 13 anni, di Cassano Murge, in provincia di Bari, che ha partorito una bimba dopo una relazione avuta con un adolescente di 16 anni, evidenziando che il rischio maggiore, in questi casi, è quello di confondere «un’iniziale euforia con un’assunzione di responsabilità che dovrà essere totale». Ma come, mi domando, una buona volta che una ragazzina accetta l’aiuto generoso di tutta la sua famiglia, nonché del suo ragazzo a portare avanti una gravidanza, seppur “indesiderata”, e non confonde il valore della vita umana con una disgrazia, c’è invece “l’esperto” che si premura di elencare le controindicazioni con presenza di effetti collaterali a parer suo, fonti di sicuri problemi futuri? Sembra proprio così: Anna Oliverio Ferraris,* infatti, dall’altezza del suo curriculum vitae, crede di potersi permettere di avere le carte in regola per prevedere il futuro, o quantomeno, di stabilire che la ragazza «è ancora una bambina e non certo una persona adulta, e non sempre sarà in grado di fornire ad un neonato tutte le cure e le attenzioni che quel bambino certamente richiederà, è una ragazza, è appena entrata nella fase adolescenziale, che prevede tutta una serie di passaggi che una giovanissima mamma dovrà dimenticare. All’inizio può anche sembrare facile ma non è così, e con il tempo la perdita della giovinezza si potrebbe far sentire». Stupefacente, direi!
Ma, visto che “ha fatto trenta”, perché la sig. Anna non dice quello che, seppur sottaciuto, si fa sentire come se fosse urlato dai tetti? O forse sono io che ho capito male?
Forse, la sig.ra Anna, se si trovasse ad avere la figlia tredicenne incinta, sarebbe così premurosa da accompagnarla lei stessa dal medico per assumere la pillola abortiva RU486, oppure l’accompagnerebbe nella clinica privata di sua fiducia dove, nelle sale operatorie intanto che si praticano gli aborti, si possono ascoltare musiche rilassanti new age? Probabilmente, però, non prima di aver fatto un bel discorsetto sull’opportunità della scelta e tentando di spiegare alla ragazza che la vita umana ha senso solo quando viene concepita nel momento giusto, al posto giusto, con la persona giusta, con il lavoro giusto e lo stipendio giusto… cioè mai! E’ vero, forse sono un po’ sarcastica, ma forse è per coprire il dolore che vivo per me, ma soprattutto per i miei ragazzi, circa 400 alunni e non solo, che hanno davanti un mondo di adulti che è uno spettacolo indecente.
E’ evidente che la ragazza è giovane, è evidente che il fidanzato lo è anche lui; è evidente che quella non è l’età “ideale” per mettere al mondo un figlio, ma, è altrettanto evidente che “quello”, dal momento in cui è stato concepito, c’è! O no…? Forse è questo l’oggetto del contendere, oppure, siamo già andati oltre e riteniamo di dover essere noi a stabilire quando e perché la vita abbia un valore?
Un mondo di mamme vanno al supermercato e insieme alla carne, le uova, il latte ed il deodorante per il bagno, si preoccupano anche di comprare i profilattici ai figli, così “quello che fanno almeno lo faranno responsabilmente”; oppure mamme che, davanti ad un caffè al bar, dicono alle loro figlie che se le avessero concepite dieci anni prima, le avrebbero più che sicuramente abortite, oppure mamme che informano le figlie su come funziona il meccanismo del concepimento dopodiché “adesso che ti ho detto tutto, vedi di non tornarmi a casa incinta se no ti sbatto fuori!”… Non cito i papà perché purtroppo, la maggior parte delle volte preferiscono tenersi alla larga da discorsi così imbarazzanti oppure sono estromessi, di fatto, dalle matres familiae di turno. Che tristezza, che desolazione, ma anche che rabbia! I ragazzi, nudi alla guerra, di chi si dovrebbero fidare, con chi si dovrebbero alleare, su chi si dovrebbero poter appoggiare, quando, tante volte sono solo giudicati, guardati con sospetto, ricattati e usati come “vetrina” di sé stessi di fronte agli altri? Insegno da 25 anni nelle scuole superiori, conosco e ho conosciuto tanti giovani con problemi di diverso tipo; quando si fidano di te, si lasciano anche aiutare e consigliare, si lasciano sostenere, ma i genitori, a volte… non sia mai che essi debbano chiedere aiuto o consiglio o dichiarare la loro difficoltà educativa, se non quando “la nave brucia”. Molti genitori non sono disposti ad ammettere di aver bisogno di aiuto e perciò non lo chiedono. Io non sono una illustre psicologa come la dott.ssa Oliverio Ferraris, non sono esperta di adolescenza, di problemi della crescita, dei nuovi media, di disadattamento, di bullismo, di devianza minorile, di pedofilia, di adozione.
Sono solo una che con i ragazzi ci vive.
Di una cosa invece sono contenta: sono contenta che nonostante la giovane età, la ragazza di cui sopra, abbia trovato il sostegno generoso di tante persone che l’aiuteranno, l’accompagneranno, accoglieranno lei e il suo bambino e se bisognerà fare dei sacrifici, ne varrà la pena, perché ogni essere umano “vale” qualsiasi sacrificio. La vita è sacra e mi piacerebbe pensare che il suo valore sia ritenuto inestimabile “a priori” anche dai non credenti, perché è la stoffa dell’umano in quanto tale ad essere esigenza di bene, di bello, di buono, di giustizia, di verità e di amore!
Perciò auguri alla neo mamma e grazie per questa bella e coraggiosa testimonianza in questo mondo che sempre di più tenta di sostituire Dio, con l’uomo, aspettandosi poi che l’uomo si comporti come un Dio… illusi!
Lettera al quotidiano Libertà

Considerazioni personali
Anna Oliverio Ferraris, esperta psicologa dell'età evolutiva, afferma che è troppo presto per diventare mamme a 13 anni perché a quell'età non si è in grado di assumersi la responsabilità di crescere un figlio...Come non essere d'accordo!? Ma allora  fare sesso a 13 anni non credete che sia altrettanto presto, non credete che la sessualità per essere esercitata in maniera sana e responsabile abbia bisogno di essere praticata da chi ha raggiunto anche una certa maturità affettiva? "13 anni" è l'età del passaggio dalla fanciullezza all'adolescenza, è l'età in cui si cominciano a vedere le trasformazioni del proprio corpo, è l'età in cui si comincia a sognare, a fare progetti per il futuro, è l'età in cui si ha tanto bisogno di essere guidati da adulti capaci di essere dei punti di riferimentio forti ed esemplari, dei modelli da imitare per crescere sereni e senza  vuoti interiori. Oggi si parla tanto di emergenza educativa...ma di chi, delle giovani generazioni o di quelle adulte? Si parla anche di educazione sessuale nelle scuole ma per fare cosa, dare istruzioni sull'uso degli anticoncezionali? Mi sembra  sia questo che avvenga! Non si parla mai di educare all'affettività, di sessualità legata all'amore, ma ad  un amore maturo, tra persone mature e in grado di accogliere anche una nuova vita .Riflettiamo su questo perchè se i genitori, la scuola  non sono più in grado di svolgere il loro ruolo vuol dire che non si tratta semplicemente di ritrovare dei metodi educativi adeguati , ma che si è persa l'idea stessa di educazione.  Il verbo Educare deriva da quello latino "educere" che non vuol dire mettere dentro, ma tirare fuori.  Aiutiamo  i nostri giovani a diventare se stessi, a scoprire la propria identità e  l’insieme dei doni e dei carismi che ciascuno di loro ha. Ma da dove  ripartire per fare ciò? Recuperando ciò che si è perso: il valore  della persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio.Tutto il resto viene di conseguenza.
Non è certro mia intenzione fare una lezione sull'argomento educazione,  ma voglio portare a riflettere sul problema per non permettere che si continui a dire in modo rassegnato: "Cosa possiamo fare, tanto oggi è così che vanno le cose!".  Adeguarsi ai tempi non significa subire passivamente le scelte dei nostri figli, ma vuol dire capire  un certo modo di pensare, entrarci dentro  e correggerlo dove è necessario. 
In ogni modo anch'io credo che la scelta di questa ragazzina e della sua famiglia sia stata veramente responsabile, non si può rimediare ad un errore con un altro errore gravissimo quale sarebbe stato l'aborto. Anch'io ho  lavorato per tanti anni a contatto con studenti della scuola superiore ed ho visto molte ragazze diventare mamme a 15, 17, 18 anni  purtroppo ma, una di loro mi ha colpita particolarmente per la scelta di tenere nascosta la sua gravidanza ai genitori fino al quinto mese per paura che la facessero abortire... per fortuna!
Detto ciò, anch'io rivolgo i miei migliori auguri alla neo mamma... il Signore ricompensa sempre, un figlio è sempre un dono e motivo di grande gioia!!!

sabato 8 gennaio 2011

DOMENICA DOPO L’EPIFANIA , BATTESIMO DEL SIGNORE


Dal vangelo secondo Matteo 

«Questi è il Figlio mio, l’Amato: in Lui ho posto il mio compiacimento»
Mt 3,13-17
In quel tempo. Il Signore Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da Te, e Tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per Lui i Cieli ed Egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di Lui. Ed ecco una voce dal Cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’Amato: in Lui ho posto il mio compiacimento». Parola del Signore.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Commento

IL brano del battesimo di Gesù è contenuto all'interno del terzo capitolo con cui  L’evangelista  Matteo, concluso il vangelo dell’infanzia, inizia l’annuncio  del regno di Dio di cui  Giovanni Battista, con la sua predicazione, ne rivela la presenza in mezzo al popolo d’Israele. Gesù stesso è il regno di Dio, quel regno che Egli è venuto ad edificare in mezzo agli uomini.
La figura del Battista è di importanza rilevante e  tutti e quattro i Vangeli mettono in evidenza che egli è venuto per annunciare i tempi del Messia. Lo stile profetico con cui Giovanni compie la sua missione di predicatore invitava  la gente che lo ascoltava a compiere un battesimo di penitenza per accogliere Colui che avrebbe battezzato tutti in Spirito Santo e fuoco.  Ed ecco Gesù che, dalla Galilea, si avvicina al Giordano per farsi battezzare. La parola battesimo significa immersione e Gesù viene per essere immerso da Giovanni. Giovanni non vuole, ma Gesù insiste dicendo che ciò deve avvenire perché si compia ogni giustizia. Nel vangelo di Matteo  la parola giustizia indica  il piano divino di salvezza. Allora Giovanni battezzò Gesù . Egli veniva  per condividere il  momento penitenziale del suo popolo e, dopo che fu  immerso, uscì dall’acqua e si aprirono i cieli. Gli ebrei dicevano che, dopo  la morte dell’ultimo profeta, il cielo si è chiuso, Dio è diventato muto, non sono venuti più profeti. Nel libro del profeta  Daniele si dice che “non c’era più lo spirito di Dio che scendeva sopra gli uomini per farli profeti e annunciare la Sua Parola”. Ora i vangeli ci dicono che è finito il tempo in cui il cielo è chiuso, ora il mondo di Dio può di nuovo interagire con il mondo degli uomini. Con Gesù il cielo si apre per cui l’uomo e Dio tornano a parlarsi. …ed egli vide Lo Spirito di Dio discendere  come una colomba su di Lui”. Questa espressione  richiama la Genesi dove si dice che Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. L’evangelista ci dice che si realizza un’altra delle caratteristiche che venivano attribuite al Messia e cioè che Egli sarebbe venuto per una nuova creazione. “Ed ecco una voce dal cielo che diceva…” La “voce” la troviamo spesso nell’Antico Testamento, ad esempio Mosè sul Sinai…la “voce” indica la Parola di Dio, la Sua presenza, è Dio stesso che comunica all’uomo. Cosa comunica? “Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”(richiama il passo di Isaia 42,1). Gli autori del nuovo testamento nel parlare di Gesù  non inventano parole nuove, ma si servono di parole dell’Antico Testamento che si sono caricate di una storia,  di una spiritualità e di promesse. I vangeli cercano di rispondere alla domanda: chi è Gesù? Per dire questo si servono di fatti di cui sono stati testimoni o di fatti raccontati da testimoni. Gesù è il Figlio diletto (come il re Davide era figlio diletto), è il figlio primogenito (come Isacco è figlio primogenito di Abramo, figlio della promessa), è il figlio della promessa, è il servo nel quale Dio ha posto il suo compiacimento. Gesù è il Figlio, è l'amato, è l'inviato dal Padre per annunciare la Buona Novella  per la salvezza di tutti.
Con il  battesimo Gesù inizierà la sua vita pubblica. L’esperienza al Giordano  lo metterà in cammino per le strade della Galilea, insegnando, predicando e guarendo gli infermi. Sarà Lui stesso ad andare incontro alla gente per liberarla dalle proprie afflizioni ma soprattutto per liberarla dalla paura di Dio parlando di lui non come di un giudice, ma  come di un Padre buono e  misericordioso presente tra il suo popolo. Tutti noi, in Gesù,   siamo “Suo popolo” e tutti siamo chiamati a cogliere nella normalità della vita la presenza di Dio e la sua Parola.
Buona e santa domenica

mercoledì 5 gennaio 2011

Il Vangelo dell'Epifania



Vangelo

Mt 2,1-12
"Siamo venuti dall’Oriente per adorare il Re"

+Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Parola del Signore

Commento
Dopo il racconto del Vangelo di Luca che mette in risalto la Figura dei pastori che per primi fanno visita a Gesù,  il vangelo di Matteo ci parla di alcuni Magi, venuti da Oriente, a far visita al Re dei Giudei. Questo Re, rifiutato da Erode, perché considerato una minaccia per il suo regno e dal popolo d’Israele, è accolto da questi Magi che rappresentano tutti i popoli pagani. Essi vengono da una terra tenebrosa e, bisognosi di ricevere luce per la loro vita, si mettono in cammino seguendo una Stella, una stella che risplende su Gerusalemme dove vi è il trono di Davide. Ma proprio lì i Magi scoprono che La Luce viene da Betlemme, come era stato annunciato dal profeta Isaia.
Guidati ancora dalla Stella, essi arrivano a Betlemme e trovano il Bambino. Quale gioia più grande si può provare nel capire che la Stella che avevano tanto seguito era quel Bambino appena nato e posto nella mangiatoia? Quale gioia nell’offrire i loro preziosi doni? L’oro per onorare la regalità di Gesù; L’incenso, per adorare un Dio che in Gesù  è anche sacerdote,   cioè Colui che si offre come agnello immolato sull’altare; La Mirra, considerato un balsamo per i defunti, per onorare il Corpo di Gesù crocifisso, quindi come anticipo della sua passione.
La bellezza di questo Vangelo sta proprio nella capacità di questi tre re venuti da lontano di riconoscere in Gesù il Salvatore tanto atteso non solo dai giudei ma anche dai popoli pagani che non riuscivano ad avere risposte vere dalle loro divinità, ma soprattutto non riuscivano ad entrare in relazione con esse. Questo Dio che si mostra con l’umiltà e la tenerezza di un Bambino riesce a conquistare il cuore dei Magi che, pieni di gioia e di speranza, fanno ritorno al loro paese. Ora la loro terra non è più tenebrosa, ora una Luce risplende anche  nelle loro case: è la luce della fede, è quella luce di cui ci ha parlato la scorsa domenica l’evangelista Giovanni nel Prologo:” Venne al mondo la Luce vera”(…)” e a quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare Figli di Dio”. I magi hanno saputo capire e leggere i segni dei tempi e  hanno saputo mettersi nel cammino giusto. Chiediamoci quale cammino della nostra vita stiamo facendo,  quale stella stiamo seguendo! Oggi, purtroppo, di stelle  che attirano la nostra attenzione ce ne sono tante e tutte molto attraenti, ma  il grande vuoto esistenziale di cui il genere umano è affetto, dimostra che esse sono stelle fine a se stesse, capaci di donare  gioia solo per pochi istanti…e poi! Ve n’ è solo Una di Stella , che brilla di luce propria,  capace di scaldare i tanti cuori di ghiaccio: Gesù. Seguiamolo!!!
Epifania significa manifestazione e noi cristiani celebriamo questa solennità proprio perché il Signore si è manifestato così come Egli è, a cuore aperto e con le braccia spalancate per abbracciare tutto il mondo. Lasciamoci catturare da questo abbraccio d’amore, lasciamoci stringere al cuore di un Dio-Bambino che a Natale ci ha chiesto di poter nascere nelle nostre vite ed ora ci chiede di farlo crescere in noi per aiutarci così a realizzare in pieno la nostra umanità.
I magi, dopo aver visto il bambino e avvertiti in sogno di non tornare da Erode,  se ne tornano al loro paese  per un’altra strada: è l’incontro con il Signore che porta necessariamente a percorrere una strada diversa, quella giusta che, anche se piena di ostacoli, di prove, porta alla meta pensata per noi da Dio fin dall'inizio dei tempi.
Buona  Epifania! 

martedì 4 gennaio 2011

Dicono che i cristiani sono massacrati

Dall'ultimo editoriale SamizdatOnLine

Manifestazioni
Finalmente lo ammettono anche i giornali. I cristiani sono massacrati. O meglio: riportano il virgolettato, "Dicono che i cristiani sono massacrati".
Perché lo si scoprisse hanno dovuto morire in troppi, in maniera troppo eclatante per poterlo non vedere.
Eppure c'è qualcosa che non quadra ancora. Un'ansia improvvisa di urlare ciò che si è appena "scoperto".
Manifestiamo, si dice. Come se quelle morti diventassero invece che il germoglio di una consapevolezza la scusa per potere gridare.
Gridare cosa, altro odio? Non è alla vittime che in questa maniera si fa un favore, ma ai carnefici.
In una certa maniera è la caratteristica di ogni avvenimento della nostra epoca. Se non urla, se non si fa vedere non esiste. Come non esiste l'albero nella foresta che silenziosamente cresce o cade, come non esiste il gatto dentro la scatola. Se non lo vedo non c'è. Pensando, in fondo, che basti avvolgersi un asciugamano intorno alla testa perché la belva cessi di esistere. Se io non posso vedere lei, lei non può vedere me.
E così si scende in corteo, si sbraita nel microfono, si bloccano strade ferrovie aeroporti, si sale sulle sedie e si grida al mondo la propria idea su tutto. Possibilmente in diretta tivù.
Tra poco è l'Epifania. Epi-fania: manifestazione esteriore. Il Verbo si è fatto carne, Dio si è fatto uomo, ma ciò serve a poco se non è riconosciuto. Epifania è il momento in cui Cristo viene scoperto per quello che è: Dio-con-noi, il Re, il Messia.
Un riconoscimento non urlato, quieto, fatto di passi discreti in una stalla di un paesuncolo della più remota periferia. Senza dirette tivù o striscioni, ma con la dignità di chi sa che è più importante quello che si fa di quello che si dice. Figurarsi di quello che si urla.
Quella manifestazione ha realmente spaccato tutto. Spaccato a metà la storia, i nostri cuori, le nostre convinzioni.
Come quella che occorra gridare per esistere.
Non è vero. Noi esistiamo perché qualcuno ci ama.

domenica 2 gennaio 2011

Seconda domenica di Natale

"E il verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi


 Vangelo  Gv 1,1-18
Dal vangelo secondo Giovanni

[ In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l'hanno vinta. ]

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.

[ Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità. ]

Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».

Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Commento 
Nel Vangelo di Giovanni il Prologo sostituisce le narrazioni dell'infanzia di Gesù che si trovano in Matteo e in Luca. Per Giovanni è questo il vero inizio della vita di Gesù. Lo scopo del suo vangelo è quello di rendere testimonianza al Verbo di Dio fatto carne e lo fa  cantando questo meraviglioso inno. Egli canta la preesistenza terrena del Verbo, poi la Sua luminosa presenza tra gli uomini, la Sua venuta in mezzo al popolo d'Israele, e infine la sua incarnazione nella persona di Gesù.
"In principio era il Verbo": Gesù è identificato con il Verbo divino (logos) che, prima ancora che le cose create cominciassero ad esistere, esisteva fuori del tempo, nell'eternità.
 Egli dunque non è stato creato ma generato dal  Padre,ed è  della Sua stessa natura.
 Lungo tutto il Vangelo di Giovanni  Gesù è posto al centro come rivelatore supremo del volto del Padre, Egli è Dio in mezzo agli uomini.
"Il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio": La Parola, il Logos, esisteva assieme a Dio. Gesù Cristo è all'origine della realtà e della vita ed è nella pienezza della divinità. Egli stesso è Dio.
Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste: Gesù, Verbo di Dio, è il mediatore  grazie al quale la creazione e tutto il genere umano vengono all'esistenza.
"In Lui era la vita":  Chi trova me, trova la vita dice Gesù e la vita quella vera, quella eterna, quella per cui ogni essere umano è stato creato. 
"La vita era la luce degli uomini": La luce è data da questa Parola (Logos, Verbo) che è Gesù. Egli è la luce che illumina ogni uomo, è il principio che permette ad ogni  uomo di comprendere se stesso.
"La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta!: esiste una resistenza, un'opposizione alla Luce. Le tenebre indicano un mondo dominato dal male che si oppone alla luce che è Gesù. Ma Gesù è venuto per sconfiggere il male perchè Egli è più forte di ogni malvagità, egli è più forte perché ama di un amore unico. E' la lotta tra il bene e il male che crea tensione e spesso rifiuto, ma anche accettazione nella fede.
 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
 Subentra ora la figura di Giovanni il battista. L'evangelista tende a sottolineare (forse per dissuadere i discepoli del battista) che Gesù è superiore a Giovanni , non è sullo stesso piano, tra i due c'è una differenza radicale: il battista è testimone della luce, ma non la luce stessa. Infatti, Veniva nel mondo la luce vera", Gesù, che illumina il cammino di ogni uomo. Ma questo " mondo non l'ha riconosciuto". "Venne tra i suoi, ma i suoi non l'hanno accolto":  il riferimento non è solo a quella parte del popolo d'Israele che l'ha rifiutato, ma anche a tutti coloro che non hanno creduto e che ancora oggi non credono in Lui." I suoi" sta per umanità perché tutti siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.
"A quanti però lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio": l'essere stati creati ad immagine di Dio non  dà per scontato anche la somiglianza con Lui. Per assomigliare a Dio è indispensabile accogliere Gesù, ascoltare la Sua Parola e seguirlo, prima con il cuore, poi con la mente. La fede è questo, adesione totale di cuore e mente.
"E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi": questo è il Natale secondo  Giovanni, questo è il Natale di ognuno che accoglie Gesù  venuto a mettere la sue tenda tra gli uomini.
Gesù, che con l'incarnazione non cessa di essere Verbo di Dio, ha scelto di condividere la nostra natura umana. Grazie a  questa scelta e alla Sua fedeltà al Padre, Gesù  è stato ricolmato di grazia e di verità di cui  anche noi possiamo,  contemplando la sua gloria,  godere di tutti quei benefici necessari per avere la vita eterna.
Il prologo si conclude con un'ulteriore testiminianza del battista che insiste nel rivelare il Primato di Cristo che è "prima di lui"  anche se cronologicamente è venuto dopo di lui nella storia umana.
In Gesù Cristo  il tempo umano raggiunge la sua pienezza "perchè ricevessimo tutti l'adozione a figli" (Gal 4, 4-5). Il tempo, non inteso in senso cronologico, ma come luogo di incontro con l'amore gratuito di Dio in cui ogni uomo può raggiungere la sua piena realizzazione. La storia del "Verbo di Dio" è storia di donazione, creazione e salvezza, non solo per i credenti, ma per tutti gli uomini poichè " tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio" (Is 52, 10).

Desidero  esprimere tutto il mio dolore e sconforto per i 21 cristiani Copti uccisi in Egitto  ...l'essere cristiani comporta anche il rischio di feroci persecuzioni...ma il Signore Gesù ha detto agli apostoli:" hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Preghiamo per avere la forza necessaria di poter vincere l'antica  lotta tra la luce e le tenebre, certi dell'esito finale. Preghiamo per le anime dei nostri fratelli martiriati a causa della loro fede e per le loro famiglie.


sabato 1 gennaio 2011

Il Vangelo di sabato 1 gennaio 2011




"E' stato così fin dal Principio. Gesù si pose davanti alla società con una capacità di attrattiva che affascinò gli uomini del suo tempo. L'anelito della Bellezza trovò in Lui il suo compimento. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14), ossia, la Ragione (Logos) che ha dato a tutte le cose il loro ordine, la Bellezza, la Bontà che brilla nei gesti più umani, si è fatta carne nell'umanità di Gesù di Nazaret. E oggi vive nella Chiesa. E' questa umanità nuova, attraente, ciò di cui il mondo ha bisogno". (Tracce, 1/2010)

 
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 COMMENTO
Nel commentare questa stupenda pagina di Vangelo colgo l'occasione per rivolgere  a tutti, i miei migliori auguri per un nuovo anno di pace e serenità. Ognuno di noi  sicuramente si augura di poter trascorrere un anno migliore del precedente, un anno vissuto con meno problemi: di salute, economici, familiari...ma poi capita che le cose vanno più o meno sempre allo stesso modo e un pò rimaniamo delusi. Ma allora come fare per vivere una vita veramente di pace e serenità? Il Vangelo di questo giorno ci offre delle indicazioni molto precise. I pastori, di cui ci parla l'evangelista Luca, che  erano considerati gli ultimi di tutto il genere umano, accolgono l'annuncio dell'angelo e, senza indugio, corrono a vedere il Bambino:  i loro occhi, ormai spenti perchè senza più speranza, possono  con stupore e grande gioia contemplare le meraviglie di Dio.  Hanno visto e si sono convinti. Quel Bambino nella mangiatoia ha toccato il loro cuore portandoli ad avere una visione della vita molto diversa, a dare un senso alle loro sofferenze e fatiche.  Se ne vanno così raccontando a tutti ciò di cui sono stati testimoni. Noi, siamo capaci di accogliere l'invito che ogni anno l'angelo ci fa ? Siamo capaci ancora di stupirci davanti alla grotta di Betlemme? Il segreto per una vita vissuta in pace e serenità è tutto qui, riflettiamo! Ma  il Vangelo  ci dice anche che, dopo che i pastori raccontano quello che era stato detto di loro del bambino, Maria meditava tutto nel suo cuore, cioè metteva a confronto le parole con gli avvenimenti della vita e in qualche modo cresceva nella fede, nella speranza, nell'amore. Saper leggere nei fatti della vita i disegni divini è un dono dello Spirito Santo e Maria di questo dono ne era totalmente ricolmata. Per questo Ella è la Benedetta tra tutte le donne, è la Regina della pace, quella pace, non vista solo come assenza di guerra, ma  come possesso della pienezza dei doni di Dio. Maria ha un ruolo fondamentale nel progetto di salvezza di Dio , Ella è la madre del Signore Gesù ma  è anche Madre nostra ed ogni madre vuole il bene per ogni figlio. L'unico vero Bene è Gesù senza del quale non è possibile costruire prima di tutto quella pace interiore da cui poi dipende anche quella di tutto il mondo.
Nel rispetto delle leggi ebraiche anche Gesù viene presentato al tempio per essere circonciso. Ma dentro le leggi di Mosè Gesù rimette la sostanza della spiritualità, cioè non le cambia, non le modifica ma gli ridà vigoore. In Gesù si realizza tutto quello che per l'uomo è stato pensato da Dio. Gesù nasce nel ventre di una madre come ognuno di noi, nasce nel tempo, nasce e viene posto all'interno di una casa normale, con gli animali,  viene riconosciuto come l'inviato di Dio e poi viene presentato come l'insegnamento della legge di Mosè aveva stabilito. Egli è in tutto vero uomo (fuorché nel peccato) e vero Dio: Egli è il Dio con noi, per noi ed in noi se vogliamo, e la nostra esistenza può essere veramente illuminata di una luce che non si spegnerà mai.

Buon anno a tutti con il Signore nel cuore!