giovedì 29 luglio 2010

Stop attività blog

Carissimi amici, per un periodo mi trovo costretta, a causa di alcuni problemi di salute, a sospendere l'attività del mio blog.
Auguro a tutti voi di trascorrere delle buone vacanze...
Ricordatemi nelle vostre preghiere!
A presto,
Marina

lunedì 26 luglio 2010

Notti brave: ognuno si prenda le proprie responsabilità

Dall'editoriale Samizdatonline

Chiediamo a chi condivide il nostro giudizio di sottoscriverlo. Lo faremo arrivare ai giornali. Potete diffonderlo anche voi.

Ci sarà – anzi, certo c’è – del vero nell’inchiesta di Panorama sulle «notti brave dei preti gay». E lasciamo tutta la responsabilità agli autori del servizio, come anche all’Editore, nel pubblicizzare questa sporcizia, questa nefandezza, questo disgustoso spettacolo (a volte pare che cresca il gusto “macabro” di comunicare il male, con un compiacimento che ha, forse, del patologico).
Ma c’è un disgusto – e un’ira – nei confronti di quei soggetti che vivono quelle situazioni. Non è in gioco la misericordia: questo è affare di Dio, e della coscienza di quei disgraziati.
È che non se ne può più di questi tipi che usano la Chiesa per nascondere le loro fragilità, che vivono di quel “carrierismo” denunciato da Benedetto XVI, senza alcuno scrupolo morale.
Non se ne può più di quel “marcio” che vive nella Chiesa e che la infanga, senza poi che chi lo compie ne paghi le conseguenze. Quelle le paghiamo noi, sacerdoti e laici, che cerchiamo di vivere la missione nei vari ambienti in cui operiamo. Quelli non vanno certo a scuola o nei luoghi di lavoro a difendere la Chiesa da quelle ferite e offese che l’hanno infangata. Noi sì!
Noi siamo fieri di quella Chiesa di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, e siamo stanchi di sopportare chi «rema contro», in un gioco al massacro che distrugge sempre più la speranza negli uomini (e nei giovani, in particolare. Ricordiamo il detto terribile di Gesù a proposito di chi «scandalizza uno di questi miei fratelli più piccoli»).
Siamo stanchi della derisione – provocata da quei comportamenti – che si ritorce non sui colpevoli, che comunque sono disprezzati (come gli «utili idioti») ma su coloro che sono fedeli.
Abbiamo già detto più volte che la soluzione sta nel riconoscere e dare spazio alle tante esperienze di Chiesa vera che mostrano ancora oggi il fascino del cristianesimo vissuto, e che sono presenti in tanta parte del nostro popolo italiano.
La nostra appartenenza ecclesiale non è un affare privato, una questione insignificante: il Papa continuamente ci ricorda che è la ragione di una speranza che continuamente si rinnova.
Gesù diceva di «vincere il male col bene»: la vittoria su quello squallore umano (prima ancora che cristiano) sarà nel rifiorire di autentiche esperienze ecclesiali dove una carità vissuta nel quotidiano e una fede amica della ragione si uniranno per mostrare la convenienza vera del cristianesimo.
Non una formula ci salverà, - ci ha ricordato Giovanni Paolo II - ma una Presenza, e la certezza che essa ci infonde: «Io sono con voi!» Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma». Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. Quello stesso Gesù che vive nella sua Chiesa, testimoniato dal grande magistero pontificio.
E chi non condivide questo magistero farebbe bene a togliersi di mezzo. E chi lo condivide e lo sostiene trovi il coraggio e la fierezza di comunicarlo.
Quanto a noi, condividiamo il giudizio del Vicariato di Roma, e chiediamo di ripartire da qui. Non lo scandalo costruisce, ma una novità di vita, qui e ora.

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Cultura Cattolica socio di samizdatonline


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domenica 25 luglio 2010

Angelus Santo Padre

Alle ore 12 di oggi, il Papa si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.

Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana:

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù raccolto in preghiera, un po’ appartato dai suoi discepoli. Quando ebbe finito, uno di loro gli disse: "Signore, insegnaci a pregare" (Lc 11,1). Gesù non fece obiezioni, non parlò di formule strane o esoteriche, ma con molta semplicità disse: "Quando pregate, dite: «Padre…»", e insegnò il Padre Nostro (cfr Lc 11,2-4), traendolo dalla sua stessa preghiera, con cui si rivolgeva a Dio, suo Padre. San Luca ci tramanda il Padre Nostro in una forma più breve rispetto a quella del Vangelo di san Matteo, che è entrata nell’uso comune. Siamo di fronte alle prime parole della Sacra Scrittura che apprendiamo fin da bambini. Esse si imprimono nella memoria, plasmano la nostra vita, ci accompagnano fino all’ultimo respiro. Esse svelano che "noi non siamo già in modo compiuto figli di Dio, ma dobbiamo diventarlo ed esserlo sempre di più mediante una nostra sempre più profonda comunione con Gesù. Essere figli diventa l’equivalente di seguire Cristo" (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 168).
Questa preghiera accoglie ed esprime anche le umane necessità materiali e spirituali: "Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati" (Lc 11,3-4). E proprio a causa dei bisogni e delle difficoltà di ogni giorno, Gesù esorta con forza: "Io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto" (Lc 11,9-10). Non è un domandare per soddisfare le proprie voglie, quanto piuttosto per tenere desta l’amicizia con Dio, il quale – dice sempre il Vangelo – "darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!" (Lc 11,13). Lo hanno sperimentato gli antichi "padri del deserto" e i contemplativi di tutti i tempi, divenuti, a motivo della preghiera, amici di Dio, come Abramo, che implorò il Signore di risparmiare i pochi giusti dallo stermino della città di Sòdoma (cfr Gen 18,23-32). Santa Teresa d’Avila invitava le sue consorelle dicendo: "Dobbiamo supplicare Dio che ci liberi da ogni pericolo per sempre e ci tolga da ogni male. E per quanto imperfetto sia il nostro desiderio, sforziamoci di insistere in questa richiesta. Che ci costa chiedere molto, visto che ci rivolgiamo all’Onnipotente?» (Cammino, 60 (34), 4, in Opere complete, Milano 1998, p. 846). Ogni qualvolta recitiamo il Padre Nostro, la nostra voce s’intreccia con quella della Chiesa, perché chi prega non è mai solo. "Ogni fedele dovrà cercare e potrà trovare nella verità e ricchezza della preghiera cristiana, insegnata dalla Chiesa, la propria via, il proprio modo di preghiera… si lascerà quindi condurre… dallo Spirito Santo, il quale lo guida, attraverso Cristo, al Padre» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcuni aspetti della meditazione cristiana, 15 ottobre 1989, 29: AAS 82 [1990], 378).
Oggi ricorre la festa dell’apostolo san Giacomo detto "il Maggiore", che lasciò il padre e il lavoro di pescatore per seguire Gesù e per Lui diede la vita, primo tra gli Apostoli. Di cuore rivolgo uno speciale pensiero ai pellegrini accorsi numerosi a Santiago de Compostela! La Vergine Maria ci aiuti a riscoprire la bellezza e la profondità della preghiera cristiana.

mercoledì 21 luglio 2010

Santa Maria Maddalena

In questo giorno la Chiesa ricorda santa Maria Maddalena, che, liberata dal Signore da sette demòni, divenne sua discepola, seguendolo fino al monte Calvario, e la mattina di Pasqua meritò di vedere per prima il Salvatore risorto dai morti e portare agli altri discepoli l’annuncio della risurrezione.


Maria di Magdala, risanata dal Signore Gesù, seguendolo lo serviva con grande affetto (Lc. 8,3). Alla fine, quando i discepoli erano fuggiti, Maria Maddalena era là in piedi presso la croce del Signore con Maria, Giovanni ed alcune donne (Gv. 19,25). Il giorno di Pasqua Gesù apparve a lei e la mandò ad annunciare la sua risurrezione ai discepoli (Mc. 16,9; Gv 20,11-18).
La Chiesa latina era solita accomunare nella liturgia le tre distinte donne di cui parla il Vangelo e che la liturgia greca commemora separatamente: Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, l'innominata peccatrice "cui molto è stato perdonato perché molto ha amato", e Maria Maddalena o di Magdala, l'ossessa miracolata da Gesù, che ella seguì e assistette con le altre donne fino alla crocifissione ed ebbe il privilegio di vedere risorto. L'identificazione delle tre donne è stata facilitata dal nome Maria comune almeno a due e dalla sentenza di S. Gregorio Magno che vide indicata in tutti i passi evangelici una sola e medesima donna.
I redattori del nuovo calendario, riconfermando la memoria di una sola Maria Maddalena senz'altra indicazione, come l'aggettivo "penitente", hanno inteso celebrare la santa donna cui Gesù apparve dopo la Risurrezione. Al capitolo settimo S. Luca, dopo aver descritto l'unzione della peccatrice che irrompe improvvisamente nella sala del banchetto e versa sui piedi di Gesù profumati unguenti che poi asciuga coi propri capelli, prosegue così il suo racconto: "In seguito Gesù passava di città in città, di villaggio in villaggio... e con lui andavano i dodici, ed anche alcune donne, le quali erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena, da cui erano stati cacciati sette demoni, Giovanna... e molte altre donne, le quali somministravano ad essi i loro averi".
L'ignota peccatrice, che per la contrizione perfetta ha meritato il perdono dei peccati, è distinta dalla Maddalena, ben conosciuta, che segue costantemente il Maestro dalla Galilea alla Giudea, fino ai piedi della croce e il cui ardente amore Gesù premia nel giorno della Risurrezione. Ella è inconfondibilmente "presso la croce di Gesù", poi in veglia amorosa "seduta di fronte al sepolcro", infine, all'alba del nuovo giorno è la prima a recarsi di nuovo al sepolcro, dove ella rivede e riconosce il Cristo risorto da morte. Alla Maddalena, in lacrime per aver scorto il sepolcro vuoto e la grossa pietra ribaltata, Gesù si rivolge chiamandola semplicemente per nome: "Maria!" e a lei affida l'annuncio del grande mistero: "Va' a dire ai miei fratelli: io salgo al Padre mio e Padre vostro, al mio Dio e vostro Dio". E’ questa la Maddalena che la Chiesa oggi commemora e che, secondo un'antica tradizione greca, sarebbe andata a vivere a Efeso, dove sarebbe morta. In questa città avevano preso dimora anche Giovanni, l'apostolo prediletto, e Maria, Madre di Gesù.
L’Ordine dei Predicatori l’annoverò nel numero dei suoi Patroni. Frati e Suore la onorarono in ogni tempo col titolo di “Apostola degli Apostoli”, come viene celebrata nella Liturgia Bizantina, e paragonarono la missione della Maddalena, di annunciare la risurrezione, col loro ufficio apostolico.







lunedì 19 luglio 2010

Bell'amore

Riporto il nuovo  editoriale di SamizdatOnLine 

Cosa vuol dire bell’amore? Quando l’amore è bello? Tommaso parla della bellezza come dello “splendore della verità”. Per Bonaventura la persona che “vede Dio nella contemplazione”, cioè che lo ama, è resa tutta bella (pulchrificatur) [1].
La tradizione cristiana, con le parole del Salmo, definisce Gesù Cristo come «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 45,3). Il bell’amore pertanto non è un’Idea astratta, ma la persona di Gesù, bellezza visibile del Dio invisibile, che per amore si è fatto come uno di noi. (…)
Con la dottrina del bell’amore il cristianesimo ha dunque la pretesa di intercettare una delle dinamiche fondamentali della vita dell’uomo. Questo dato, tuttavia, non può ignorare le pesanti prove cui oggi sono sottoposte le relazioni, anche le più intime, come quelle tra uomo e donna, tra marito e moglie, tra genitori e figli. L’amore non è mai stato una realtà a buon mercato, tantomeno lo è oggi.
Proprio nelle relazioni amorose si avvertono gli effetti della difficile stagione che stiamo vivendo. È mutata la grammatica degli affetti, anzitutto nel suo elemento determinante che è la differenza sessuale. E dalla sfera privata tale processo sempre più va dilagando nella stessa vita civile.
Tra quanto viene quotidianamente immesso dai codici culturali dominanti e il messaggio cristiano del bell’amore sembra essersi scavato un fossato invalicabile.
Nell’attuale e magmatico contesto culturale si può ancora ragionevolmente credere nella proposta cristiana del bell’amore?

Cultura Cattolica socio di SamizdatOnLine

Articoli correlati:
“Bell’amore e sessualità”. Redentore 2010, il Discorso del Patriarca
Il cardinale Scola: sull’amore serve una riforma della Chiesa - Aldo Cazzullo - Corriere della Sera

sabato 17 luglio 2010

"Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta"

XVI Domenica del tempo Ordinario, 18 luglio 2010


Dal Vangelo secondo Luca

Lc 10,38-42

In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".

Commento
 
Il Vangelo di questa domenica pone lo sguardo su due affermazioni che il Signore Gesù fa: "Una sola è la cosa di cui c'è bisogno; Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta".
Veniamo alla prima...Qual è la cosa di cui c'è veramente bisogno? La risposta sembrerebbe scontata ma, i tempi che stiamo vivendo dimostrano che l'essenziale per vivere bene è dato più dal possedere beni materiali che spirituali...Ma Gesù non parla di semplici beni spirituali che ogni persona può possedere, credente e non...Gesù ci parla di Se stesso, della Sua Persona, della Sua essenza che è così indispensabile alla vita di ogni essere umano...Gesù è il Cristo (Messia), il figlio di Dio fatto uomo che in obbedienza totale al Padre ha donato la Sua vita per amore di tutti gli uomini...Accogliere Gesù significa accogliere la salvezza...L'atteggiamento di Marta è quello di tante donne che, avendo un ospite a pranzo, si danno tanto da fare per preparare al meglio...ma l'ospite in questione non è uno dei tanti, è un ospite esclusivo, come non ce ne sono altri...è IL SIGNORE! E di fronte al Signore non si può stare ad occuparsi di cose utili sì ma non essenziali...In quel momento Gesù vuol far capire a Marta che alla Sua presenza tutto il resto passa in secondo piano, tutto il resto ha un'importanza relativa. E come se le dicesse:"Marta, non ti preoccupare di curare tanto il cibo, la tavola, il servizio, a me importa che sia la casa del tuo cuore ad aprirmi la porta, che sia il tuo cuore a rispondere alla proposta di amore che ti faccio"...E' quindi necessario avere l'atteggiamento di Maria, e veniamo alla seconda affermazione, che si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta: Gesù, la Sua Presenza, l'ascolto della Sua Parola, la contempazione del suo volto amorevole.  Maria si è messa in adorazione del Signore entrando in intimità con Lui.  E' questa la vera vita spirituale che ci fa camminare, che ci aiuta a dare il giusto valore alle cose e ci illumina sul vero senso della vita...Non preoccupatevi per la vostra vita, di ciò che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete...guardate gli uccelli nel cielo, non seminano, non mietono e non ammassano nei granai...eppure il padre Vostro celeste li nutre...Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani...cercate innanzitutto il Regno di Dio e la Sua giustizia  e tutto vi sarà dato in aggiunta"(Mt 6,25-33). Gesù è il Regno di Dio, Gesù è la Giustizia di Dio...facciamo in modo che diventi per noi la PARTE MIGLIORE che nessuno ci potrà togliere, né la tribolazione, né la morte... Buona e santa domenica!

venerdì 16 luglio 2010

Cambia idea, batte le palpebre e si salva: il testamento biologico è pericoloso.

Per contribuire a diffondere questa notizia

In Contraddizioni, assurdità atei, Eutanasia e Testamento biologico on 15 luglio 2010 at 11:21

Il testamento biologico è una stupidata (altro che pro-choice). Ecco un esempio, riportato oggi sul Corriere della Sera, che dimostra il perché: Richard Rudd, coinvolto il 23 ottobre 2009 in un grave incidente motociclistico, era da allora paralizzato a letto senza alcuna reazione alle cure e alla stimolazioni, privato di attività cerebrale. Insomma, clinicamente morto. Il papà e i familiari hanno allora chiesto ai sanitari di staccare la spina, come la legge britannica sull’eutanasia prevede. Lo stesso Richard, quando ancora conduceva una vita normale, forte e sano, aveva detto più volte che se mai si fosse ritrovato in una situazione di incoscienza totale, di infermità grave, avrebbe voluto farla finita, senza diventare prigioniero delle tecnologie e delle macchine. In tanti gli avevano sentito ripetere il suo «testamento». I medici, con i famigliari, erano quindi già attorno al letto pronti ad obbedire al suo testamento. E, invece, è accaduto che in un attimo di lucidità le palpebre e gli occhi di Richard Rudd si siano mossi, per la prima volta. I responsabili del Neuro Critical Care Unit di Cambridge, per tre volte, con le macchine attorno che ancora riferivano di una condizione ormai perduta, gli hanno domandato, come han sempre fatto: vuoi continuare a vivere? Richard ha risposto attraverso il movimento delle pupille. Nell’unico modo possibile -imprevisto e improvviso-, ha chiesto di non morire. Ha cambiato idea: ora desiderava vivere.

A distanza di mesi, ha compiuto importanti progressi: muove la testa, percepisce le situazioni attorno e sorride agli scherzi, anche se rimarrà paralizzato e attaccato alle macchine. Un documento straordinario, uno fra i tanti, sulla difficile esplorazione di quel confine estremo fra vita e morte. Qualcuno dice che la dignità della vita sta nella salute. Ma chi l’ha detto? Quanti hanno chiesto l’eutanasia con il testamento biologico, mentre erano sani e forti, e poi hanno cambiato idea senza aver avuto la possibilità di comunicarlo? Un Beppino Englaro qualsiasi e le macchine ospedaliere dicono che una persona è morta e questa invece sbatte le palpebre per dire che è viva…ma chi dimostra che anche Eluana, come Richard, non avesse cambiato idea senza aver avuto modo di comunicarlo? Nessuno. L’unica soluzione veramente rispettosa per l’uomo è accompagnare alla morte naturale, evitando qualsiasi accanimento terapeutico ma potenziando le già efficenti cure palliative. Come, d’altra parte, sempre è stato fatto da quando i cristiani hanno inventato gli ospedali. La Bbc ha registrato tutto poiché stava seguendo la storia e i filmati hanno sconvolto l’Inghilerra in questi giorni. Parte del video si trova su Youtube. Altri approfondimenti della notizia su Avvenire1 e Avvenire2, Bbc1, Bbc2.

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lunedì 12 luglio 2010

Risorgi, civiltà morente!


Ultime dall'editoriale SamizdatOnLine


La vigilia della festa di san Pietro e di san Paolo, nella Basilica di san Paolo fuori le Mura, Papa Benedetto XVI ha dato l’annuncio della istituzione di un nuovo Dicastero vaticano, sotto la forma del Pontificio Consiglio, con lo scopo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dell’Occidente, di antica tradizione cristiana ma ora pesantemente intaccati dalla secolarizzazione.

A breve, il Papa stesso chiarirà indicazioni e competenze nella sua lettera apostolica di fondazione del nuovo Consiglio.
Il vaticanista Andrea Tornielli l’ha definita “fino a questo momento la novità più consistente del pontificato di Benedetto XVI”. In un momento di straordinaria difficoltà per la Chiesa cattolica, minata al suo interno da peccati e comportamenti riprovevoli, e attaccata pesantemente da forze laiciste desiderose di darle il colpo di... grazia (“per i massoni, i quali affermano continuamente la loro grande tolleranza, l’uomo da abbattere è il Papa”, ha sostenuto in un’intervista a Tempi l’ex Venerabile Maurice Caillet), Papa Benedetto si erge forte solo della potenza del Signore, e afferma: “La missione di Cristo è ancora ben lontana dal suo compimento”.
La parola “nuova evangelizzazione” correva già da decenni come un leit motiv della missione della Chiesa; come ha ricordato lo stesso Papa Benedetto, sono stati Paolo VI e soprattutto Giovanni Paolo II a riproporla insistentemente, motivandone l’urgenza.
Del resto le “cronache d’Europa” parlano di un continente vecchio non solo demograficamente: incapace di riconoscere le proprie radici, asservito alla dittatura del nichilismo e del relativismo, franato pericolosamente sulla china della barbarie in quanto a rispetto della vita e della persona...
Non è solo la pratica religiosa a venir meno (confrontando la propria moschea brulicante di fedeli con le vicine chiese semivuote, in una intervista del 2006 l’imam di Evry (Parigi), Khalil Merroun, ha affermato: “La Chiesa cattolica deve convincersi che l’Europa non le appartiene”).
E’ il tipo umano generato dalla fede ad essere pericolosamente latitante dalla vita, e questo crea una povertà spaventosa nelle società dell’Occidente.
“Può un uomo rinascere quando è vecchio?” Terra del tramonto, civiltà morente?
E’ facile attardarsi nel lamento sulla malizia dei tempi, il Papa invece taglia corto: "l’ eclissi del senso di Dio” è “una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del messaggio di Cristo”. Un nuovo strumento, un rilancio della missione.
“Tornare all’essenziale: mettere al centro l’annuncio di Gesù”, ha risposto mons. Rino Fisichella, nominato dal Papa alla guida del nuovo Dicastero, a chi gli chiedeva una prima indicazione sul lavoro da compiere.
“È un’opera in costruzione, dobbiamo riflettere e trovare gli strumenti, i linguaggi e le forme perché l’annuncio di Gesù possa ancora suscitare la fede nell’uomo contemporaneo... È importante chiarire una cosa: non si comincia da capo, in tutte le Chiese c’è una grande vitalità, sono sorti movimenti e associazioni, ci sono le parrocchie e il volontariato. E nostro compito sarà leggere tutto questo fermento e farlo diventare un progetto comune e unitario, nel rispetto delle diverse tradizioni.”
Fiduciosi soltanto nella potenza di un Altro, e testimoni della convenienza umana dell’incontro con Cristo, in tutti i tempi e in tutti i luoghi.

Articoli correlati:
Benedetto XVI istituisce un «dicastero» per l’Occidente - Mimmo Muolo - Avvenire
Benedetto XVI crea un nuovo ministero per Fisichella - Andrea Tornielli - Il Giornale
Ero massone - Maurice Caillet - Tempi

domenica 11 luglio 2010

BENEDETTO XVI ALL'ANGELUS


Le parole del Papa alla recita dell'Angelus

 Castel Gandolfo
Domenica 11 luglio 2010


Cari fratelli e sorelle,
Da qualche giorno - come vedete - ho lasciato Roma per il soggiorno estivo di Castel Gandolfo. Ringrazio Dio che mi offre questa possibilità di riposo. Ai cari abitanti di questa bella cittadina, dove torno sempre volentieri, rivolgo il mio cordiale saluto. Il Vangelo di questa domenica si apre con la domanda che un dottore della Legge pone a Gesù: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (Lc 10,25). Sapendolo esperto nelle Sacre Scritture, il Signore invita quell’uomo a dare lui stesso la risposta, che infatti egli formula perfettamente, citando i due comandamenti principali: amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi. Allora il dottore della Legge, quasi per giustificarsi, chiede: “E chi è mio prossimo?” (Lc 10,29). Questa volta, Gesù risponde con la celebre parabola del “buon Samaritano” (cfr Lc 10,30-37), per indicare che sta a noi farci “prossimo” di chiunque abbia bisogno di aiuto. Il Samaritano, infatti, si fa carico della condizione di uno sconosciuto, che i briganti hanno lasciato mezzo morto lungo la strada; mentre un sacerdote e un levita erano passati oltre, forse pensando che a contatto con il sangue, in base ad un precetto, si sarebbero contaminati. La parabola, pertanto, deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è la logica della carità: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso.
Questo racconto evangelico offre il “criterio di misura”, cioè “l’universalità dell’amore che si volge verso il bisognoso incontrato «per caso» (cfr Lc 10,31), chiunque egli sia” (Enc. Deus caritas est, 25). Accanto a questa regola universale, vi è anche un’esigenza specificamente ecclesiale: che “nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno” (ibid.). Il programma del cristiano, appreso dall’insegnamento di Gesù, è “un cuore che vede” dove c’è bisogno di amore, e agisce in modo conseguente (cfr ivi, 31).
Cari amici, desidero anche ricordare che oggi la Chiesa fa memoria di san Benedetto da Norcia - il grande Patrono del mio Pontificato - padre e legislatore del monachesimo occidentale. Egli, come narra san Gregorio Magno, “fu un uomo di vita santa … di nome e per grazia” (Dialogi, II, 1: Bibliotheca Gregorii Magni IV, Roma 2000, p. 136). “Scrisse una Regola per i monaci… specchio di un magistero incarnato nella sua persona: infatti il santo non poté nel modo più assoluto insegnare diversamente da come visse” (Ivi, II, XXXVI: cit., p. 208). Il Papa Paolo VI proclamò san Benedetto Patrono d’Europa il 24 ottobre 1964, riconoscendone l’opera meravigliosa svolta per la formazione della civiltà europea.
Affidiamo alla Vergine Maria il nostro cammino di fede e, in particolare, questo tempo di vacanze, affinché i nostri cuori non perdano mai di vista la Parola di Dio e i fratelli in difficoltà.

giovedì 8 luglio 2010

Un sacerdote risponde

Pubblico una lettera, a mio avviso molto toccante, che un anonimo scrive a Padre Angelo dell'ordine domenicano.

Sono omosessuale, ne soffro e le dico che non è paragobaile a nessun'altra malattia

Carissimo P. Angelo,

non so neanch’io perchè le scrivo, dal momento che penso che neanche lei potrà aiutarmi. Ma forse una piccola speranza c’è sempre in fondo al cuore. Ho 58 anni e la mia vita ha conosciuto pochi momenti di gioia, più tristezza e disperazione che vorrei gridare al mondo e a Dio; ma come un groppo in gola me lo impedisce. Penso che a Dio io non interessi tanto. Ed è giusto così; la mia vita non è stata altro che peccato. Sono un omosessuale e sono sposato. La lotta contro le mie tendenze è stata impari: rosari, liturgia delle ore, adorazioni, confessione settimanali, psicologi ecc; sono serviti a niente. L’omosessualità non è un problema di sesso, è un problema di identità che ti trapassa come una spada e ti divide a metà. Per un cristiano non c’è cosa peggiore. Non è possibile paragonarla a nessun altra “malattia”, perché essa è una spinta interiore diretta verso il peccato. Ipocrisie, sofferenze, masochismo, orgoglio, disprezzo di sé ecc, tutto ciò è l’omosessualità.
Quando leggo che qualcuno è guarito per miracolo, ammesso che ciò sia reale, mi sorge un gran rabbia contro Dio; non l’ho pregato forse fin dalla mia primissima adolescenza? Non ho forse lottato, pur fra tante cadute?
Solo un cristiano che ha questo problema può capire, gli altri no!
Alcune volte penso di essere nella Chiesa sbagliata. Il messaggio attraverso questa Chiesa mi arriva pieno di sovrastrutture mentali al punto tale da non percepire la voce di Dio. Forse in una comunità protestante la voce di Dio mi arriverebbe, mi viene in mente la notizia della suora convertita alle nuove comunità protestanti. La suora dice che ha trovato Cristo. Forse anche per me potrebbe essere così?!
Le mie confessioni sono dure, sento la compassione del sacerdote ma soprattutto la mia e la sua impotenza.
Il mio matrimonio è stato un calvario, per mia moglie e anche per me.
Da qualche anno sono stato operato alla prostata, quindi anche le nostre poche effusioni d’amore sono scomparse, perché non posso fisicamente unirmi a lei. Mia moglie, non dorme più con me, non sopporta il mio respiro, anche se dice di amarmi. All’inizio del nostro matrimonio andavamo alla Messa e insieme a casa recitavamo il rosario. Ora non più, se lei viene a Messa pretende di fare la comunione senza confessarsi, e di fronte alle mie perplessità si mostra insofferente e critica, il rosario non lo vuole più recitare. Questo è ciò che sto vivendo. Se potessi morire lo farei, ma so che è peccato, ma l’idea ogni tanto fa capolino in me. A che vale vivere così?
Vorrei sbandierare a tutti la mia problematica, per non sentirmi un ipocrita, ma il coraggio che mi manca, e la paura di disonorare i miei me lo impediscono.
Ecco Padre ciò che volevo dirle. Mi scusi per averle fatto perdere del tempo.
Saluti e grazie

Risposta del sacerdote

Caro L.,

1. il tuo grido di dolore l’ho ascoltato fino in fondo.
E penso che anche i nostri visitatori che leggeranno la tua mail proveranno la stessa cosa.

2. Posso capire tutte le frustrazioni che hai provato: il desiderio e la speranza di uscire da questa situazione. Hai bramato la guarigione, ma non è venuta. E ti domandi se tante preghiere, tante confessioni e adorazioni siano servite a qualcosa...
Io ti dico subito che sono servite a molto.
Perché sono certo che dopo ogni confessione ti sei sentito meglio. Ti è parso di vivere in profondità la tua comunione con Dio e col prossimo.
Così, dopo tante preghiere e adorazioni, hai avuto il convincimento di aver respirato un pò di paradiso e di aver fatto del bene non solo a te, ma a tantissime persone.

3. Il bene che hai compiuto con le confessioni, le adorazioni, le preghiere, le opere buone nessuno lo può distruggere: dura eternamente e va a beneficio universale di tutti gli uomini.
Forse tutto questo bene non l’avresti fatto se non fossi stato stimolato dalla volontà di venire fuori da una autentica malattia. Perché l’omosessualità è una malattia.

4. Ti ringrazio di aver gridato davanti a tutti che l’omosessualità fa soffrire, a dispetto di quelli che vogliono farla passare come uno stato normale e felice.

5. Ti ringrazio anche di aver detto che l’omosessualità mette dentro la persona una spinta a cadere, più o meno nello stesso modo in cui chi è claudicante è più inclinato a cadere degli altri che non sono claudicanti.

6. Per quanto riguarda tua moglie: se si trova in stato di grazia, non è obbligata a confessarsi prima di fare la santa Comunione.
È tuttavia obbligata a confessarsi, in forza del precetto della Chiesa, almeno una volta all’anno.

7. Mi dici che sei tentato di farla finita. Ma sai che trattandosi di peccato andresti a peggiorare la tua situazione.
Sì, è proprio così.
Molti nei momenti di grande sofferenza sono tentati di farla finita. Per fortuna il timore di un male più grande li spinge a non compiere un gesto che è insano sotto ogni punto di vista.

8. Sarebbe bello se tu e tua moglie ritrovaste la volontà di recitare insieme il santo Rosario tutti i giorni.
Provate a dirlo di nuovo insieme come novena in preparazione a qualche festa mariana. Quante grazie ricevereste e quanta pace soprattutto!
Ti sono vicino in questa sofferenza che questa sera offrirò al Signore unendola a quella di Cristo nella celebrazione della S. Messa.
Ti assicuro anche la mia preghiera e ti benedico.

Carissimi, ho letto e riletto più volte questa lettera perchè nelle parole contenute in essa ho colto tutta la disperazione e il dramma che l'amico anonimo vive per la sua condizione di omosessuale ma, allo stesso tempo, ho inteso questo scritto anche come una grande testimonianza di fede che, anche se è stata messa ed è messa quotidianamente a dura prova, resiste e  vuole crescere...
Ogni intervento da parte vostra sarà molto gradito ed utile ad arricchire quanto già detto da padre Angelo ma soprattutto noi stessi che spesso guardiamo chi è affetto da questa malattia non certo con gli occhi misericordiosi di Dio...GRAZIE!!!

martedì 6 luglio 2010

SANTA MARIA GORETTI, MARTIRE DELLA PUREZZA

Il 6 luglio 1902 moriva Maria Goretti, la santa martire della purezza, un grande esempio per tanti giovani che oggi hanno dimenticato o non hanno mai saputo il significato di questa parola forse perchè nessuno glielo ha  insegnato. Maria aveva molto spiccato il senso del peccato e per questo non voleva  dispiacere a Dio in nessun modo...quanti ragazzi e quante ragazze  si pongono il problema in questa assurda società in cui tutto è lecito e Dio è completamente dimenticato? La purezza davvero è roba d'altri tempi oppure una virtù da riscoprire? Chiediamocelo un pò tutti e preghiamo questa santa bambina perché ci illumini e ci guidi verso Gesù.


Marietta, come era chiamata familiarmente dai suoi conoscenti, era nata il 16 Ottobre 1890 a Corinaldo, in provincia di Ancona. Cosa piuttosto diffusa, a quell'epoca, la sua famiglia viveva in grande miseria, dato che i suoi genitori erano dei braccianti. A peggiorare la situazione, già precaria, nel 1897 dovettero emigrare per mancanza di lavoro, fermandosi prima a Paliano, poco lontano da Fiuggi, e in seguito alle Ferriere di Conca, nel bel mezzo delle paludi pontine, ancora non bonificate. Una zona malarica ad alto rischio di morte, come si direbbe oggi, che era naturalmente più frequente al tempo della mietitura, che si faceva a mano.
Ecco infatti che dopo poco tempo, Luigi Goretti, il padre di Marietta, morì per la puntura micidiale di una zanzara anofele, lasciando nella più nera miseria sua moglie Assunta e i suoi sei figli. La moglie Assunta aveva solo trent'anni.
Marietta aveva solamente dieci anni quando morì suo padre, e anche lei, come secondogenita, dovette dare una mano alla madre, assumendosi la sua parte di fatica e tribolazioni per dissodare il poco terreno che si riusciva a strappare alla palude, a seminare, a mietere il grano; ma anche nei lavori domestici e badando alle sue due sorelline più giovani, Ersilia e Teresa.
E' certamente opportuno ricordare che solo nel 1902 l'età minima per poter lavorare era stata elevata, dai nove anni come era, ai dodici anni, con un massimo di dodici ore lavorative quotidiane! C'è di che riflettere, oggigiorno.
A quei tempi, e con quella miseria terribile e diffusa, l'analfabetismo era una condizione normale. Ed anche la nostra piccola Marietta lo era. E tuttavia, pur analfabeta come la madre Assunta e proprio con il suo esempio (la mamma aveva imparato a memoria il catechismo e alcuni brani del Vangelo, che aveva poi trasmesso ai figli), non trascurava mai di istruirsi come poteva nelle cose religiose.
La famiglia che condivide il podere in mezzadria con i Goretti è quella di un uomo di sessant'anni e del suo figlio ventenne, Alessandro Serenelli.
Già altre volte il giovane Alessandro aveva insidiato la bambina dei Goretti, tentando anche con la forza di costringerla alle sue smanie sessuali, ma era stato sempre fermamente respinto.
Quel giorno maledetto era la terza volta che il ragazzo del Serenelli incalzava accanitamente contro la povera bimba. Ma ecco il suo racconto di come andarono i fatti: "Mi accostai a Maria, la invitai a venire dentro casa. Essa non rispose, nè si mosse. Allora l'acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, facendo essa resistenza, la trascinai dentro la cucina. Essa intuì subito che io volevo ripetere l'attentato delle due volte precedenti e mi diceva: "No, no, Dio non lo vuole, se fai questo vai all'inferno!". Io allora andai sulle furie e preso il punteruolo cominciai a colpirla".
La colpì per ben quattordici volte, con quel punteruolo. Marietta, la piccola Maria Goretti, viene raccolta morente e portata all'ospedale.
Alla madre la piccola mormora: "Mi voleva far fare le cose cattive e io non ho voluto".
Pochi istanti prima di morire, la piccina pronuncia il suo perdono: "Sì, lo perdono, lo perdono di cuore e spero che anche Dio lo perdoni. Lo voglio con me in paradiso".
Maria Goretti è morta il 6 Luglio 1902. E' stata beatificata come "Vergine e martire" da Pio XII il 27 Aprile 1947, che tre anni più tardi,il 24 Giugno 1950, l'ha canonizzata.
Alla cerimonia della canonizzazione, che ha fatto quindi della giovane martire della purezza una Santa, erano presenti anche la madre Assunta e il suo assassino, Alessandro Serenelli. Data l'enorme folla intervenuta per la canonizzazione, la cerimonia fu svolta in piazza San Pietro e i giornali parlarono di mezzo milione di persone presenti.
Alessadro Serenelli scontò ventisette anni di lavori forzati; ma il suo vero riscatto avvenne con il rimorso e il pentimento, sinceri e intensi. Santa Maria Goretti lo aveva perdonato, e il Signore Gesù gli aveva donato la grazia del riscatto.

Tratto da: Vite dei santi




lunedì 5 luglio 2010

Per i cristiani è l'ora dell'umiliazione

Pubblico un articolo che consiglio vivamente di leggere anche se abbastanza lungo ma  assicuro che contiene delle riflessioni così importanti da meritare un'attenzione particolare...
Vi invito a lasciare commenti!


Di Enzo Bianchi, La Stampa, 4 luglio 2010

Per i cattolici e per la loro chiesa questa è un’ora segnata da fatica e sofferenza. Se negli anni del postconcilio era sembrato che tra chiesa e mondo non cristiano – nella sua pluralità di espressioni religiose, filosofiche, ideologiche ed etiche – fosse finalmente sbocciato il dialogo e fosse possibile un ascolto reciproco nel rispetto e nell’accoglienza, ora invece dobbiamo costatare la contrapposizione, spesso la sordità e a volte l’inimicizia. Molti non credenti, che sembravano aver accettato un dialogo franco con i cattolici, ora delegittimano la chiesa non riconoscendole neppure la capacità di stare nello spazio democratico delle nostre società. Ormai nelle librerie non è raro incontrare un’apposita sezione dedicata a libri anticlericali e più spesso anticristiani: testi dove viene negata e a volte ridicolizzata la vicenda storica di Gesù di Nazareth, in cui il cristianesimo viene letto storicamente come una presenza intollerante e aggressiva in occidente e invasiva nelle altre terre. È in questo clima di “attacco” e di “polemica” che la vicenda degli scandali di pedofilia ha ulteriormente aggravato la situazione, giungendo a una “umiliazione” della chiesa.

Basterebbe l’immagine della polizia che presidia la sede dell’arcivescovado di Malines-Bruxelles tenendo in situazione di fermo per una giornata l’intera conferenza episcopale belga per chiedersi con sgomento come questo sia stato possibile, in particolare in una nazione come il Belgio. Sì, com’è possibile che in Belgio – una nazione che fino a quarant’anni fa ha dato alla chiesa universale il maggior numero di missionari, monaci e religiose; una nazione dove la chiesa ha avuto una forte connessione con la corona regale e ha accompagnato tutta la storia coloniale del paese – venga misconosciuta la funzione educativa, caritativa e culturale svolta dalla chiesa e questa sia trattata come una qualsiasi associazione per delinquere, senza che questo desti reazioni nell’opinione pubblica? Una chiesa, quella belga, che è stata tra le protagoniste della stagione di dialogo e di apertura conciliare e che ora vede le tombe dei suoi primati trattate alla stregua di nascondigli per corpi di reato...

Bisogna riconoscere che in occidente la chiesa è diventata una minoranza, davvero esigua in alcuni paesi: la chiesa è diventata debole perché ha perduto – anzi, a volte ha liberamente rinunciato – la posizione che occupava nell’epoca della cristianità. Non solo, ha anche mostrato di non essere irreprensibile, come molti si erano illusi che fosse, ha mostrato che il male, il peccato la abita come abita il mondo. E tuttavia si deve constatare che c’è a volte anche cattiveria nel dare notizia delle colpe, quasi una rivalsa che si nutre di accuse enfatizzate e che giunge fino alla delegittimazione della chiesa in quanto tale. Del resto le polemiche sono anche state stimolate da quanti, senza l’esercizio di una prudenza minima, hanno esternato accuse o sono intervenuti con poco buon senso, ottenendo l’effetto di scatenare altre polemiche. Né ci dobbiamo stupire se molti di quelli che erano soliti osannare Giovanni Paolo II ora lo contrappongono a Benedetto XVI, giungendo fino a denigrarlo: uno spettacolo davvero poco cristiano e poco umano!

Ma quale atteggiamento possono assumere i cristiani in questa situazione? Quanti tentano seriamente di essere cristiani non dovrebbero meravigliarsi di questo “incendio” che si è manifestato in mezzo a loro e tra loro e il mondo. È l’apostolo Pietro a scrivere così ai primi cristiani in diaspora: “Non siate sorpresi dell’ostilità, della persecuzione ... non avete ancora subito persecuzioni fino al sangue!”. Il cristiano sa, deve sapere, che la sua missione e il suo messaggio non sono facilmente riconosciuti: in un mondo “ingiusto”, qualunque messaggio sulla “giustizia”, qualunque iniziativa di giustizia desta reazioni anche violente. È una necessitas umana, storica, che il vangelo cerca di raccontare nella vicenda di Gesù di Nazareth: una vicenda innanzitutto umana.

Quindi il cristiano deve accettare in questo momento l’umiliazione, sapendo che solo quando si è umiliati si inizia a conoscere l’autentica umiltà, che altrimenti resterebbe una virtù troppo soggetta all’astrazione e all’ipocrisia. Questa è un’ora di purificazione per la chiesa: non solo purificazione della memoria come volle profeticamente Giovanni Paolo II con la confessione dei peccati dei cristiani in occasione del Giubileo, ma anche purificazione nel presente, nel qui e ora della storia. Da questa contrizione, da questa sofferenza può scaturire una “riforma” della chiesa, perché questa è semper reformanda, non è infatti il regno dei cieli stabilito sulla terra, ma ne è solo segno e inizio.

Occorre inoltre reagire a questo “incendio” rinunciando ad assumere posizioni di arroccamento in una cittadella che recrimina e risponde attaccando, per l’angoscia e l’ansia incombenti. Le ostilità che vengono dall’esterno, come ho più volte ripetuto in passato, sono solo occasioni perché i cristiani siano più obbedienti al vangelo, occasioni per realizzare a caro prezzo l’insegnamento di Gesù. Ciò che come cristiani dobbiamo temere non viene da eventuali nemici esterni: l’attentato più forte al vangelo può venire invece da noi cristiani, dall’interno della comunità dei credenti. Benedetto XVI lo ribadisce con regolare frequenza, indicando così la lettura più decisiva per la vita ecclesiale oggi.

Infine è necessario riconoscere che forse dobbiamo cercare anche nuovi modi di essere chiesa e di fare chiesa: meno conflittuali all’interno, più sinodali nel discernere i cammini percorsi e quelli da intraprendere, più sapienti e nutriti di buon senso umano ed evangelico nel dirimere le questioni e i problemi. Oggi vi sono persone tentate di lasciare la chiesa, di proseguire per la propria strada, ma questa non è una via praticabile per chi è veramente discepolo di Gesù e sa di vivere in una solidarietà di peccatori chiamata nella conversione e divenire una comunione autentica. Sì, è l’ora di scegliere il silenzio per discernere la parola, è ora di ricominciare con la grammatica della pazienza, è l’ora di accettare offese e tradimenti senza cessare di credere agli uomini, è l’ora di temere senza avere paura...

Enzo Bianchi

venerdì 2 luglio 2010

Il Preziosissimo Sangue di Gesù

Il Sangue, è descritto nella Bibbia come un importante elemento della vita.

``"La vita di una creatura risiede nel sangue" (Levitico 17,11). E' soprattutto in questo versetto biblico che si può comprendere l'assoluta importanza che questo liquido comporta nella vita sia degli esseri umani che degli animali.

``L'Antico Testamento si sofferma diverse volte sull'argomento del sangue, ribadendone la preziosità. Dio Padre comanda di non versare il sangue, cioè di non spargerlo inutilmente con gli assassinii, di non berlo e di non mangiare carni animali che contengano ancora residui di sangue; perchè il sangue è vita, il sangue è sacro. (Deuteronomio 12,23).``
Ed è all'importanza del sangue nell'Antico Testamento, che si affianca l'importanza del sangue Divino di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana: Gesù. Il Sangue di Cristo è la più grande e perfetta rivelazione dell'Amore del Padre Celeste e la sua effusione vivificante è sorgente della Chiesa, che continuamente rinasce nutrendosi del Sangue Divino, e, attraverso di essa, è riscatto per l'uomo peccatore a cui viene donata la salvezza.

``La vita spirituale trova un insostituibile alimento nel Sangue di Cristo, vero fulcro del cuore, della vita e della missione della Chiesa.``

Gesù stesso, nell'Ultima Cena, dà importanza rilevante al Sangue, che è simbolo della Redenzione. Anche San Paolo nelle sue lettere parla con devozione del Riscatto umano dal peccato, che è avvenuto tramite la morte di Gesù, il quale ha tanto amato gli uomini fino a versare il suo Prezioso Sangue.

``Dal punto di vista storico si può dire che già anticamente era viva la devozione al Preziosissimo Sangue. Dopo un lungo periodo nel corso del quale questa devozione non venne più praticata, il Sangue di Cristo cominciò nuovamente ad essere adorato nella prima metà dell'ottocento, attorno a una presunta reliquia della Passione che si conservava nella Basilica di S.Nicola in Carcere (oggi S.Giuseppe a Capo le case).``

L'iniziatore, fu un pio sacerdote, poi vescovo, don Francesco Albertini, promotore di una Confraternita intitolata appunto al Preziosissimo Sangue, nel cui seno si formarono grandi spiriti che ne proseguirono e ne diffusero la devozione.``

Tra gli altri propagatori di questa devozione, brillano i nomi di S.Gaspare del Bufalo, fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue, e di S.Maria De Mattias, che fondò le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo.``

In tutta Italia e anche nel mondo, sorsero diversi Istituti femminili dedicati al Sangue di Cristo, come le Suore del Preziosissimo Sangue, fondate a Monza da Madre Maria Matilde Bucchi, le Figlie della Carità del Prezioso Sangue, fondate a Pagani (SA) da don Tommaso Fusco. E ai nostri giorni altre congregazioni presero vita a Honk Kong, in Sudafrica e negli USA.``

Nel 1822, S.Gaspare presentò istanza alla Santa Sede per ottenere il "Nulla osta" per la celebrazione della festa del Preziosissimo Sangue. La Sacra Congregazione dei Riti Religiosi, concesse di celebrarla la prima domenica di luglio, ma solo all'interno della congregazione di S. Gaspare.

``Pio IX la fissò al primo luglio, e Pio XI la elevò a rito doppio di prima classe nell'aprile 1934, a ricordo del XIX centenario della Redenzione.

``Paolo VI poi, abbinò questa festa a quella del Corpus Domini, creando però malcontento tra i devoti e gli istituti religiosi dedicati al Sangue di Cristo. Ricevuti in udienza i devoti e gli istituti, il Papa volle chiarire il significato di tale abbinamento, ribadendo la sua intenzione di non degradare in nessun modo la devozione al Sangue.

``Il Santo Padre concesse ugualmente il diritto di celebrare la festa il primo luglio, con liturgia di solennità.

Atto di consacrazione al Sangue di Gesù Cristo

 Signore Gesù che ci ami e ci hai liberati dai nostri peccati con il tuo Sangue, Ti adoro, Ti benedico e mi consacro a Te con viva fede. Con l'aiuto del tuo Spirito m'impegno a dare di tutta la mia esistenza, animata dalla memoria del tuo Sangue, un servizio fedele alla volontà di Dio per l'avvento del tuo Regno. Per il tuo Sangue versato in remissione dei peccati, purificami da ogni colpa e rinnovami nel cuore, perché risplenda sempre più in me l'immagine dell'uomo nuovo creato secondo giustizia e santità. Per il tuo Sangue, segno di riconciliazione con Dio tra gli uomini, rendimi docile strumento di comunione fraterna. Per la potenza del tuo Sangue, prova suprema della tua carità, dammi il coraggio di amare Te e i fratelli fino al dono della vita. O Gesù Redentore, aiutami a portare quotidianamente la croce, perché la mia goccia di sangue, unita al tuo, giovi alla redenzione del mondo. O Sangue divino, che vivifichi con la tua grazia il corpo mistico, rendimi pietra viva della Chiesa. Dammi la passione dell'unità tra i cristiani. Infondimi nel cuore grande zelo per la salvezza del mio prossimo. Suscita nella Chiesa numerose vocazioni missionarie, perché a tutti i popoli sia dato di conoscere, amare e di servire il vero Dio. O Sangue preziosissimo, segno di liberazione e di vita nuova, concedimi di preservare nella fede, nella speranza e nella carità, perché, da Te segnato, possa uscire da questo esilio ed entrare nella terra promessa del Paradiso, per cantarti in eterno la mia lode con tutti i redenti. Amen.

giovedì 1 luglio 2010

Benedetto XVI continua imperterrito a denunciare i "mali della Chiesa"

IL PEGGIO DEVE VENIRE?

IL PAPA FERMO COME ROCCIA

L’ennesima condanna di Benedetto XVI dei “mali della Chiesa”, pronunciata solo pochi giorni fa, non può lasciarci indifferenti. Non può perché il Papa continua a ripeterla con un’insistenza che disorienta. Ricordiamo tutti le sue parole memorabili sulla “sporcizia nella Chiesa” pronunciate prima di entrare nel Conclave dal quale uscì Papa. Eppure, come tutti i credenti, abbiamo atteso i gesti significativi che potessero tranquillizzarci. In sostanza ci chiediamo: se, come pare di capire, lui sa e conosce, perché non abbiamo visto ancora i responsabili della sporcizia farsi da parte?

Cosa gli impedisce di agire con la necessaria severità?

Non possiamo sottovalutare lo smarrimento che le parole del Pontefice procurano fra i credenti. Perché se lui sa, non interviene con la dovuta fermezza per limitare i danni procurati dall’azione di quanti agiscono contro la Chiesa e quindi contro l’umanità? La sensazione è che il Papa abbia imboccato una strada molto difficile: chi ha sbagliato deve fare un passo indietro, ma deve farlo di propria spontanea volontà, come moto del pentimento. Nella Chiesa, sembra dire, altre sono le strade proprie del cambiamento. Non c’è rivoluzione, ma paziente conversione delle coscienze, anche degli uomini di Chiesa. Se non, addirittura, soprattutto degli uomini e delle donne di Chiesa.

Ma lui stesso ha indicato chiaramente che il perdono non esclude la giustizia. Anzi, come abbiamo già verificato nel caso della pedofilia, la include e la esige. Ora però, ci sono altri mali della Chiesa che possono essere lambiti dalla giustizia. Ed è quest’attesa del peggio che disorienta i credenti e in qualche modo lascia col fiato sospeso anche la comunità non credente. Lo stesso Benedetto XVI sembra attendersi il peggio. Fatte le dovute distinzioni, il clima generale non è molto diverso da quello di Tangentopoli o addirittura dei terribili Anni di piombo. Il peggio sembra dover ancora venire. E a questo sentimento sospeso di attesa, oggettivamente il Papa contribuisce con le sue parole sempre più impegnative.

Noi siamo certi che Benedetto XVI, nella sua solarità e trasparenza, abbia vagliato tutti i rischi. La sua è una Chiesa nuda e povera. A noi, pur sgomenti, non resta che fidarci di questo suo abbandono alla volontà di Dio. Se il peggio deve ancora venire, che venga pure. La Chiesa potrà pure vacillare, ma sino a quando ci sarà un uomo giusto, la comunità dei credenti meriterà di essere salvata.

E di UOMO giusto ce n'è solo UNO: Gesù Cristo che, essendo il CAPO di questa Chiesa malata, continua a nutrirla e a ricolmarla del Suo Spirito perchè Lui l'ha voluta, l'ha amata e la ama come sposo fedele.