sabato 31 ottobre 2009

Solennità di tutti i Santi

 IL GRANDE SOGNO DI GESU'

I Santi sono la testimonianza della fedeltà e dell´amore verso Dio che siamo chiamati ad imitare in forza del battesimo ricevuto.



Vangelo: Mt 5,1-12a  (1 novembre 2009)

"In quel tempo Gesù, vedendo le folle sulla montagna, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo:

'Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" .

Commento

Qualche anno fa decisi di fare un percorso di lettura del Vangelo con un gruppo di adolescenti per riscoprire insieme la vera umanità di Gesù. Quasi verso la fine di questi incontri, una ragazza sveglia mi chiese: “Ma don, Gesù sognava come noi?”. Devo confessare che la domanda mi colse un po’ impreparato. In tutti i corsi di teologia non si era mai parlato dei sogni di Gesù… Mi venne però spontaneo rispondere che certamente Gesù sognava proprio come noi e che il suo più grande sogno è che tutti gli uomini siano santi!

Oggi, allora, è proprio la festa del sogno di Gesù ed è l’occasione per (ri)scoprire che la santità non è un dono esclusivo ed elitario per i fuori classe della fede, per chi ha dei doni straordinari o per chi ha un DNA preservato dalla contaminazione con il peccato. La santità è la vocazione comune di tutto il popolo di Dio. Sì, non meravigliarti: anche su di te Gesù ha questo desiderio.

Il brano delle Beatitudini che la liturgia di oggi ci propone, ci fa intuire qualcosa in più di questo sogno...

Diciamocelo francamente: per noi chi sono i “beati”? Sono quelli con la macchina sportiva e la casa al mare; sono quelli con un posto di lavoro che conta e un sacco di amici influenti; sono quelle con il marito premuroso e fedele che è pure capace di svuotare la lavatrice e stendere i panni; sono quelli che riescono a fare gli esami in università e intanto trovano pure il tempo per allenarsi a calcio, stare con la morosa, andare al cinema e prendono pure 30. Questi per noi sono i beati!

Ma Gesù – per fortuna! - sembra di un altro parere. I beati sono i poveri in spirito, gli afflitti, gli affamati di giustizia, i perseguitati... E sì, cari amici: questo è il Vangelo! Questa è la buona notizia! Se Gesù avesse detto che beati sono i ricchi, i sani, i belli, i forti,... che novità ci sarebbe stata? Se Gesù avesse detto che i beati sono quelli realizzati, felici e pasciuti,… che carica profetica ci sarebbe stata nelle sue parole?

Le beatitudini di Gesù sono una promessa che si compie nel momento in cui non ti metti a gareggiare con le presunte felicità del mondo, ma scegli il Vangelo e la sua logica.
Tutti ti chiedono di essere aggressivo per scalare le vette della carriera? Costruisci pace.
Sei provocato dalla violenza che ti circonda? Rimani mite.
Ti senti l’unico fesso del pianeta che fa tutte le cose in regola senza evadere da nessuna parte? Cerca la giustizia.
Ti senti guardato come un soprammobile da sacrestia perché vai tutte le domeniche a Messa? Regala un sorriso.
Questa è la santità che Gesù sogna per noi. Una santità che si incarna e si consuma lì dove siamo chiamati a vivere. Mi capita spesso di incontrare persone che vivono continuamente di evasioni: “Se avessi avuto un altro marito, allora sì che avrei potuto impegnarmi di più in questo o in quello…”, “Se non avessi la mamma anziana a casa, allora sì che avrei potuto fare tanto volontariato…”, “Se avessi avuto altri vicini di casa, allora sì che avrei potuto testimoniare diversamente la mia fede…”. La festa di oggi ci ricorda che proprio lì dove viviamo - con quel marito o quella moglie, con quei genitori anziani o giovani, con quei vicini di casa o con qui compagni di scuola o colleghi di lavoro – siamo chiamati a far fiorire la vocazione alla santità che come un seme fecondo è stato piantato nel nostro cuore!

Buona giornata e buon cammino di santità!

Don Roberto Seregni


 

venerdì 30 ottobre 2009

NEWS dagli Stati Uniti: nasce il bambino artificiale


 PROCREAZIONE "IN LABORATORIO"
Sperma e ovuli dalle cellule staminali

Così nascerà il bambino senza genitori

E gli Usa aprono alla vita artificiale.

Una cura finalmente efficace contro la sterilità o una nuova, preoccupante deriva verso la vita artificiale, con tutte le riserve etiche doverose in questi casi? I dubbi sono legittimi di fronte alla novità che rimbalza dagli Stati Uniti. Appena pubblicata sulla rivista Nature, arriva la notizia che da cellule staminali embrionali umane sono state ottenute in laboratorio cellule germinali, progenitrici dei gameti maschili e femminili, ossia spermatozoi e ovociti. La ricerca, che muove dalle staminali embrionali, nasce già con una pesantissima ipoteca morale perché, come più volte ribadito, la vita è valore indisponibile dal concepimento alla morte naturale. E l’embrione da cui sono state prelevate le cellule per la ricerca – sopprimendolo di fatto – è a tutti gli effetti una vita di cui nessuno ha il diritto di disporre.

Ma l’equipe della Stanford University School of Medicine, diretta da Renee Reijo Pera, non si è fermata di fronte a questa evidenza biologica e umana. Ha infatti trattato le staminali embrionali con proteine note per stimolare la formazione germinale e nelle cellule così ottenute, circa il 5% del totale, sono stati studiati vari geni implicati nel loro sviluppo. La ricerca avrebbe contribuito a chiarire il meccanismo di differenziazione delle cellule riproduttive nell’uomo, finora studiato solo nei topi, ma con dei grossi limiti dovuti alla differenza dei geni coinvolti. Fra i geni attivati e spenti per delucidare il loro ruolo nel processo, ne sono stati evidenziati tre, "Dazl" che agisce nelle fasi iniziali, "Daz1" e "Boule" in quelle finali. Fino ad ora, l’inaccessibilità delle cellule riproduttive durante lo sviluppo fetale, aveva reso impossibile chiarirne i meccanismi di sviluppo. Secondo gli autori della ricerca, la possibilità dimostrata di ottenere in laboratorio cellule uovo e spermatozoi a partire da staminali embrionali aprirebbe nuovi orizzonti per la cura dell’infertilità, dovuta nel 50% dei casi all’incapacità di produrre gameti. «Riuscire a ricostruire le tappe della formazione delle cellule germinali potrebbe aprire la strada alla comprensione di molti casi di sterilità», ha affermato Reijo Pera. «Si potrebbe per esempio ipotizzare varie soluzioni, ad esempio il riottenimento di gameti su misura per ogni paziente».

La fertilità di un individuo si manifesta solo nell’età adulta ma determinanti sono gli errori che si verificano durante lo sviluppo embrionale nella produzione delle cellule progenitrici dei gameti. «Il nostro lavoro è la prima prova che si possono creare in laboratorio cellule germinali umane funzionanti», ha sottolineato ancora il direttore della ricerca che già nello scorso decennio aveva identificato diversi geni coinvolti nella formazione degli spermatozoi, fra i quali alcuni appartenenti alla cosiddetta famiglia dei geni "Daz". «Definire la "ricetta" genetica necessaria a sviluppare cellule germinali in laboratorio – ha concluso il genetista americano – servirà per capire cosa non va in chi è affetto da problemi di sterilità». Sarà, ma rimane il pesantissimo interrogativo legato agli altri possibili utilizzi di queste cellule. Come tutti da chiarire sono anche i tempi necessari per arrivare concretamente ai risultati illustrati con grande evidenza dalla Stanford University School of Medicine. Ancora una volta il dubbio è che, come più volte verificatosi con staminali e dintorni, siamo per il momento di fronte soltanto a un clamoroso effetto-annuncio.
Dal quotidiano Avvenire, Alessandra Turchetti

giovedì 29 ottobre 2009

Le virtù

Continuiamo a parlare delle virtù cardinali: La Fortezza

L'uomo che accetta di partecipare all'intimità di Dio, che si lascia attrarre nella comunione dell'infinito Essere divino, diviene così molteplice nelle sue virtualità e nelle sue operazioni da non potersi facilmente qualificare sotto l'una o l'altra categoria. Il santo è 'imprendibile', perché è estremamente ricco, vario, imprevedibile nei suoi atti di bontà, dal momento che partecipa alla vita di Dio.

Meditando sulle virtù cardinali e su quelle soprannaturali o divine, noi dunque ci proponiamo di fare un semplice tentativo - certo non esaustivo - per riordinare quell'oceano di ricchezze morali e spirituali che, grazie allo Spirito, fluisce nel cuore di chi si abbandona all'azione di Dio.

Oggi riflettiamo su un aspetto di questo oceano che investe il cristiano battezzato e obbediente alla Parola: l'aspetto della fortezza. Ma vi riflettiamo avendo presente la pochezza delle nostre parole nell' esprimere lo straordinario mistero dell'uomo rivestito di Cristo.

La virtù della fortezza

La virtù della fortezza riguarda l'esercizio della giustizia, la prosecuzione del bene: essa ci assicura di vivere e di compiere il bene in ogni situazione. "È la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1808). A noi il vocabolo 'fortezza' risuona antiquato e non lo usiamo nel linguaggio ordinario. Siamo tuttavia coscienti del fatto che il vocabolo indica una realtà molto attuale. Infatti, dire 'fortezza' significa parlare della paura e del coraggio: e tutti noi abbiamo momenti di paura, di ansia, di angoscia. Chi non soffre, nel compiere il bene, tentazioni di ripugnanza, di disgusto? chi non è a volte legato dalla timidità, soprattutto in situazioni pubbliche difficili? Spesso la paura ci impedisce di compiere ciò che sappiamo essere bene o giusto, oppure non ci permette di parlare. Noi preferiamo usare i termini "conformismo" e "rispetto umano"; ma si tratta, in realtà, di paura.

Sono tanti gli atteggiamenti contrari alla fortezza. Ne ricordo uno, perché è molto dannoso nei paesi dove regna la mafia: l'omertà, che è una forma di paura.

Il campo della fortezza è dunque molto ampio, perché di questa virtù c'è bisogno là dove si deve resistere a minacce, si devono superare le paure, si devono affrontare la noia, il tedio, il disgusto dell'esistenza quotidiana per riuscire a mettere in atto il bene.

Per questo è una delle virtù umane, morali fondamentali, che ogni persona onesta dovrebbe vivere.

In quale modo possiamo vincere le paure, superare il rispetto umano, mostrare coraggio?

Enuncio anzitutto cinque tesi, che poi riprenderò a una a una:

1. la fortezza suppone la nostra vulnerabilità; posso, cioè, essere forte e coraggioso perché sono vulnerabile.

2. La fortezza è riferita, in ultima analisi, all'ultima vulnerabilità dell'uomo: la morte. La fortezza è, appunto, la virtù che ci fa superare la paura della morte.

3. Di conseguenza, per il cristiano la fortezza si riferisce in maniera privilegiata al martirio: dare la vita, affrontare la morte per il sommo bene e per evitare il sommo male che è il peccato, la perdita della fede, il tradimento di Dio.

4. La fortezza non è semplicemente una forma di audacia, di spavalderia che fa stringere i denti in uno sforzo eroico. È, invece, un abbandonarsi in pace a Dio, sapendo che siamo deboli, fragili; è distensione del cuore, pace interiore.

5. La fortezza si esprime al meglio nel resistere, nel vivere la virtù cristiana della pazienza, e non nell'aggressività dell'attacco (si è forti perché si attacca). La grandezza d'animo del cristiano e la sua magnanimità si rivelano nella paziente fortezza.

1. La fortezza suppone la vulnerabilità

È importante premettere che noi possiamo essere forti, fermi, coraggiosi e resistenti solo a partire dal fatto che siamo fragili.

Ciascuno di noi è fragile corporalmente ed è vulnerabile psicologicamente. Abbiamo dentro di noi un fondo di timore, di paura, un senso di disagio e di difficoltà, per quanto ci sforziamo di nasconderlo. La vulnerabilità fisica e psicologica è parte della natura umana.

D'altra parte, se non ci sapessimo vulnerabili, non riusciremmo mai a essere coraggiosi, a crescere nella fortezza: saremmo spavaldi, millantatori. Forte è colui che sa di essere debole, che conosce la propria fragilità e ne prende coscienza.

Il primo gradino della fortezza cristiana non è di stringere i denti, bensì di prendere umilmente consapevolezza della propria debolezza.

In proposito ricordiamo alcune parole di Gesù:

* "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32). 'Piccolo gregge ' è un gruppo di pecore inermi, vulnerabili, che si trovano in mezzo ai lupi.


* E l'apostolo Paolo riprende il concetto di fragilità quando dice: "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio" (2Cor 4, 7).

2. La fortezza fa superare la paura della morte

La vulnerazione più grave cui l'uomo è esposto, è la morte. La paura della morte è dunque la madre di tutte le paure, perché si esprime anche riguardo a ciò che, in qualche maniera, anticipa la morte: dolori, disgrazie, malattie.

Noi rifuggiamo non solo da ogni messaggero della morte fisica, ma pure dai messaggeri della morte di noi come persone civili e sociali: ci ripugnano le umiliazioni, abbiamo paura delle accuse, delle calunnie, della carcerazione, della solitudine, degli abbandoni. E queste paure possono giungere fino al suicidio.

Ora, la fortezza è la capacità di guardare a tutti i tipi di "messaggeri" senza panico; non perché non siano dei mali (lo sono; e talora gravissimi, umanamente definitivi), ma perché li consideriamo in vista di un bene più grande, di una certezza più grande, di una forza più grande di noi. San Paolo, dopo aver ricordato che "abbiamo questo tesoro in vasi di creta" , descrive le nostre forme di fragilità: "tribolati da ogni parte, sconvolti, perseguitati, colpiti". Ma noi resistiamo affinché "la vita di Gesùdi manifesti nel nostro corpo" (cf 2Cor 4, 7.8.11). Dunque, in noi opera la morte, però noi abbiamo fiducia in Dio.

La fortezza è una virtù molto importante per non turbarci nelle avversità e nemmeno di fronte alla morte; essa infatti ci consente di guardare all'aiuto di Dio, al bene che siamo chiamati a compiere, alla forza che ci viene donata dall'alto.

3. Il martirio

Il caso serio della fortezza cristiana è il martirio che, come dicono i più antichi Padri della Chiesa e poi anche sant'Ambrogio, va considerato come l'atto più tipico e specifico di questa fortezza cristiana.

La disposizione al martirio, tuttavia, non è propria solo di alcune persone in tempi di persecuzione: essa è implicita nelle promesse e rinunzie battesimali. Non c'è fortezza cristiana se, nella sua radice, essa non è disposizione a dare la vita per la fede.

È una verità che ci può spaventare, alla quale forse non abbiamo mai pensato. Comunque ci fa comprendere la serietà di rinnovare ogni anno, nella notte di Pasqua, le promesse battesimali. Promesse di aderire a Gesù, di rinunziare al male, di essere pronti a tutto per non rinnegare la fede e per non commettere un peccato grave. Per questo la fortezza cristiana (che viene a perfezionare quella umana) è una grazia, un dono che colma l'animo di pace proprio là dove la paura rischierebbe di smarrirsi.

È una grazia da implorare quotidianamente con umiltà, sapendo che non possiamo acquistarla puramente con le nostre forze, dal momento che siamo segnati dal peccato originale, dalla paura, dal compromesso, dall'egoismo. "Non ci indurre in tentazione", invochiamo nel Padre nostro; come a dire: "fa', o Signore, che io non entri in una situazione in cui potrei rinnegare la fede". Poi aggiungiamo: "ma liberaci dal male"; e il male più grande è il peccato: "fa' che io non rinneghi Te, sommo Bene, per nessuna cosa al mondo, per il timore di nessuna perdita, per l'attrattiva di nessun guadagno, qualunque fosse".

4. La fortezza come abbandono a Dio nella pace

Ho enunciato nella quarta tesi che la fortezza cristiana non è semplicemente una forma di audacia, non è un chiamare a raccolta tutte le forze psicologiche e morali per compiere un atto eroico.

È, anzitutto, un abbandonarsi in pace a Dio e alla sua vittoria, è distensione del cuore e pace della mente. Beati noi quando avremo imparato davvero che cos'è la fortezza cristiana!

Leggiamo nel libro dell'Esodo: "Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: 'Voglio cantare in onore del Signore, perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere" (15, 1-2). Il canto, molto bello e che potreste pregare, esprime l'esultanza di un popolo che era pieno di paura, spaventato dalla propria inadeguatezza, assolutamente impreparato ad affrontare la moltitudine dell'esercito egiziano, di un popolo a cui però Mosè aveva detto: "Il Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli" (Es 14, 14). Il popolo aveva creduto alle parole di Mosè e, dopo la vittoria, esulta e loda il Signore.

Dunque, la fortezza cristiana è tranquillità d'animo pur in situazioni che indurrebbero alla paura.

5. La fortezza come resistenza

L'ultima tesi, classica nella tradizione cristiana sulla fortezza, afferma che questa virtù si esprime al meglio non nell'aggressività o nell'attaccare, bensì nel resistere (in latino sustinère). San Tommaso, citando Aristotele, scrive: "È principalmente nel resistere alla tristezza che alcuni sono detti forti". Resistenza quindi alla tristezza, al tedio, all'accidia, che ostacolano il compimento del bene.

Infatti, oltre al caso serio del martirio, c'è la quotidianità, nella quale dobbiamo resistere nel nostro dovere, nel nostro lavoro, nel fare il bene malgrado tristezze, fatiche fisiche, psicologiche, malinconie, forse nostalgie di situazioni diverse. Dobbiamo resistere nel bene non solo quando ci sono i nemici interni, come appunto la fatica e la frustrazione, ma pure quando i nemici vengono dall'esterno: incomprensioni, maldicenze, strumentalizzazioni, calunnie. E dobbiamo resistere nella pace, perché è questo il dono della fortezza.

La fortezza è allora molto necessaria oggi e tutti i giorni. È necessaria soprattutto in una società molle, flaccida, paurosa, in cui ci si spaventa di fronte alla prima difficoltà, nello studio, nel lavoro, nella vita coniugale, nella vita comunitaria. È virtù di tutti i giorni, perché non c'è bontà senza fortezza, non c'è giustizia senza questa capacità di resistere al logorio quotidiano. Proprio nella quotidianità si esprime la magnanimità del cristiano, la sua capacità di sopportare, per amore e con la grazia di Dio, situazioni pesanti e ingrate.

Comunicare la Parola

Vi offro due suggerimenti per un dialogo di fede e nella fede.

1. Quali sono i condizionamenti negativi e gli incentivi nel compiere la volontà del Padre con fermezza e costanza?

Il primo condizionamento negativo è quello di credersi forti, di mettere la propria fiducia solo in se stessi e non in Dio.

Tra i diversi incentivi per vivere con fermezza la volontà del Padre, segnalo la lectio divina, la meditazione sulla Scrittura, perché è una vera cura quotidiana della fortezza; in particolare vorrei segnalare la preghiera dei Salmi.

2. Come coltivare la virtù della fortezza di fronte agli insuccessi, alla sofferenza, alla morte?

Quale aiuto a rispondere, sottolineo che occorre prendere coscienza che la fortezza si mostra proprio di fronte agli insuccessi e alla sofferenza. Nelle situazioni facili, la fortezza è di tutti e non riusciamo a capire se l'abbiamo o meno: essa si mette in gioco davanti alle difficoltà.

Per vivere dunque la virtù della fortezza di fronte agli insuccessi della vita, vi consiglio tre atteggiamenti.

* Il primo, molto semplice, è di ringraziare Dio per i contrattempi che capitano, secondo l'antico adagio: "Ti ringrazio, mio Dio, perché le cose non vanno a modo mio". Ringraziarlo perché certamente lui sa il senso di quanto ci accade: un senso di bene, non di male.

* Il secondo atteggiamento è di cercare il significato della difficoltà, dell'intoppo, dell'intralcio: quale senso ha per me? che cosa il Signore vuole dirmi attraverso questo evento? come mai l'ha permesso? poiché lui mi ama, quale messaggio di amore mi trasmette?



* Infine, vi consiglio di contemplare il Crocifisso, perché la fortezza è dono dello Spirito santo che nasce dalla croce.

Conclusione

Abbiamo assoluto bisogno della virtù della fortezza in un tempo come il nostro in cui si cercano dappertutto le facili vie di uscita, i facili compromessi, le situazioni che sono più congeniali e si sfugge istintivamente da tutto ciò che comporta sacrificio, rinuncia, l'andare contro corrente. Ma senza la fortezza non c'è giustizia sulla terra; senza la fortezza nessuno farà il bene fino in fondo e la nostra società diventerà una società di scontenti e di frustrati. È questo il prezzo che si paga quando non c'è la fortezza. E la stessa salute psicologica viene minata dalla mancanza di fortezza. Perché chi è debole e, anziché chiedere a Dio il dono della fortezza, si lascia vincere dalla scontentezza, dalla divisione interna, o chi crede di essere forte e perciò è ancora più debole, finisce per logorare il suo fisico e la sua psiche.

In Dio solo è la nostra fortezza. Tu .sei la mia fortezza, il mio baluardo, il mio scudo di salvezza: tu solo, Signore!

domenica 25 ottobre 2009

"Dimmi cosa posso fare per te"

VANGELO (Marco 10,46-52)


In quel tempo, mentre Gesù ed i suoi discepoli stavano uscendo dalla città di Gerico, c’era un mendicante cieco: seduto sul bordo della strada. Era figlio di un certo Timèo: e si chiamava Bartimèo. Quando sentì che stava passando Gesù di Nazaret, cominciò a gridare con fiducia: “Ti prego Gesù: abbi pietà di me!”. E più la gente cercava di farlo stare zitto, più lui gridava forte: “Gesù ti prego: aiutami!”.

Gesù sentendolo si fermò e disse: “Chiamatelo: ditegli di venire qui”. Così andarono dal cieco e gli dissero: “Coraggio, vai: Gesù ti sta chiamando!”. Bartimèo si alzò di colpo, buttò via il mantello: e corse da Lui. Quando Gesù lo ebbe davanti, gli disse: “Dimmi: cosa posso fare per te?”. Il cieco rispose: “Maestro, fà che io possa RIVEDERE LA LUCE: puoi salvarmi solo Tu!”. Gesù allora disse con umiltà: “No, è la tua fede che ti ha salvato!”.

Bartimèo aprì gli occhi: e ci VEDEVA. E sentì che anche il suo cuore era cambiato: VEDEVA il mondo con una LUCE diversa. Così lasciò tutto: e decise di seguire Gesù. Si mise al servizio di Colui, che gli aveva aperto gli occhi e l’anima: facendogli RIVEDERE LA LUCE.

«Il peggio che ci possa

accadere è di innamorarci

della nostra cecità,

o del nostro mendicare,

seduti ai bordi della vita.

E proprio per questo accanto

ai nostri naufragi passa Gesù»


Siamo tutti, come Bartimeo, dei mendicanti di luce, seduti ai bordi di una strada, mentre la vita ci scorre a fianco. Seduti, perché tanto ogni strada si equivale e molte non portano da nessuna parte. Un mendicante cieco. Cosa c'è di più perduto, di più inutile alla storia, di più naufrago nella vita? E proprio per questo lì accanto un giorno passa il Signore. Accanto ai nostri naufragi. Bartimeo alza la voce sopra il rumore della folla e grida la sua disperata speranza: «Figlio di David abbi pietà di me». Un grido. C'è nell'uomo un gemito di cui abbiamo perso l'alfabeto, un grido su cui non riusciamo a sintonizzarsi. Come la folla dei discepoli che fa muro e comincia a dire: «Taci, non domandare, non disturbare; rassegnati, tanto non è possibile guarire; accontentati, non c'è altro da vedere; cosa vai cercando, non vogliamo straccioni nel corteo». La folla che gli dà dell'illuso. Ma lui non si scoraggia, è uno che non molla. Come lui, noi non ci rassegniamo al buio di oggi, non ci accontentiamo di una vita a tentoni. Anzi, il peggio che ci possa accadere è di innamorarci della nostra cecità, o del nostro mendicare, seduti ai bordi della vita. E Gesù lo chiama, ha compassione. E nella compassione, nella voce che lo accarezza, Bartimeo comincia a guarire. Guarisce come uomo prima che come cieco. Esce dal suo naufragio umano perché qualcuno si è accorto, si è fermato, ha fermato tutti gli altri per lui, lo tocca con la voce, ha ascoltato le sue ferite, la sua tenebra, la sua angoscia. L'ultimo si riscopre uno come gli altri.
La guarigione di Bartimeo si fa irruente quando subito alla voce balza in piedi, getta il mantello, lascia ogni sostegno, per avanzare senza vedere, le mani avanti, verso quella voce che lo chiama. Guidato, orientato solo dalla parola di Cristo che ancora vibra nell'aria. E proprio per questo è il nostro modello, di noi che ci orientiamo senza vedere, che camminiamo nella vita senza certezze assolute, fidandoci solo delle vibrazioni della Parola di Dio, captata con l'ansia e la finezza del cuore. Anche noi andiamo, guidati solo da una Voce. Anche noi talvolta dietro alla Parola del Vangelo abbiamo abbandonato i nostri angoli bui, le vecchie strade, e forse, buttandoci nel volo, ci siamo accorti di quelle ali che non sapevamo di avere. Che cosa vuoi che io ti faccia? Parla un Dio che non è il padrone, ma il servitore della vita: dimmi che cosa Tu vuoi. Signore, che io veda! E che cosa mai vuole vedere? Non i paesaggi o la polvere dorata della Palestina, il mendicante di luce vede una strada. Dice il Vangelo: e subito, riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada. Bartimeo vede l'uomo Gesù, vede la sua via, il suo Vangelo, e sarà per lui come «Un sole che sorge dall'alto» (Luca 1, 78). Sia per noi ogni parola del Signore se non un sole, almeno tanta luce quanto basta al primo passo.
Don Ermes Ronchi

mercoledì 21 ottobre 2009

Le Virtù

Continuano le catechesi sulle virtù.

Oggi parliamo  della seconda virtù cardinale: LA GIUSTIZIA

Riflettere sulle virtù equivale a riflettere sull'immagine di uomo e di donna che emerge dal Vangelo, in consonanza con la retta ragione. È dunque un modo di entrare nei problemi dell'etica a partire non dai singoli casi della vita, bensì dalla determinazione dei comportamenti fondamentali che rendono morale l'esistenza umana.

Basandoci sulla Scrittura, cerchiamo di affrontare il tema della Giustizia. C'è comunque piena continuità tra la retta immagine dell'uomo elaborata dalla ragione umana e il progetto di uomo e donna che ci viene rivelato dal Vangelo.

La giustizia umana

Secondo sant' Ambrogio, "la giustizia si riferisce alla società e comunità del genere umano", è qualcosa che regola i rapporti tra le persone. Noi tutti ci accorgiamo dell'importanza di questa virtù, per la quale si può addirittura morire: basta pensare a magistrati come Falcone e Borsellino, per avvertire tutta la drammaticità del tema della giustizia.
Se il termine "prudenza" - come abbiamo visto - occorre raramente nella Bibbia, il termine "giustizia" è uno dei più usati nell' Antico e nel Nuovo Testamento. Tra i tanti possibili passi biblici ne cito qualcuno:

* "Non commetterete ingiustizia in giudizio: non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia" (Lev 19, 15).

* "Beato l'uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti. Potente sulla terra sarà la sua stirpe, la discendenza dei giusti sarà benedetta. Onore e ricchezza nella sua casa, la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, buono, misericordioso e giusto. Felice l'uomo che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: il giusto sarà sempre ricordato [...] Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre, la sua potenza s'innalza nella gloria. L'empio vede e si adira, digrigna i denti e si consuma. Ma il desiderio degli empi fallisce" (Sal 112). Nell' Antico Testamento la giustizia è il fondamento della vita comunitaria, è la virtù che promuove l'ordine positivo, costruttivo, benefico, dei rapporti degli uomini tra loro e con Dio: dire "giusto" equivale a dire "buono", "santo", "perfetto".

Il Nuovo Testamento eredita questo vocabolario:

* "Voi padroni date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo" (Col 4, 1).

* Ancora ricordiamo il versetto di Luca, in cui i genitori di Giovanni Battista vengono indicati come "giusti davanti a Dio" (1, 6): era la più grande lode che si potesse fare.

* L'evangelista Matteo sottolinea che Giuseppe era "uomo giusto" (Mt 1, 19) perché era perfetto in tutti i rapporti, con Dio e con gli altri.



Sollecitati dunque della lettura dei brani biblici, ci domandiamo: come virtù morale, umana, che cos'è la giustizia? E su che cosa si fonda?

* Conosciamo bene la definizione classica tramandata dall'antichità greca e latina: giustizia è dare a ciascuno ciò che gli appartiene. È allora quel valore sociale per cui si riconoscono i diritti di ogni persona, così come si vuole che siano riconosciuti e rispettati i propri. In certo modo, la giustizia ha a che fare con i diritti di ciascuno.

* Si tratta allora di capire - ed è il punto più importante di tutta la riflessione - perché qualcuno ha un diritto. Parliamo dei diritti personali, inalienabili, che non possono mai essere calpestati, per nessun motivo, per nessun guadagno, per nessun interesse.

Ogni uomo e ogni donna hanno, fin dal primo istante della loro esistenza, dei diritti nativi inconculcabili, perché ciascuno - di qualunque razza, colore, cultura, educazione, censo, età - è stato creato da Dio. E Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, quindi con dignità e diritti propri, che si fondano nella stessa forza della creazione.

Il fondamento della giustizia umana è la creazione divina. E dal momento che Dio ci ha amati, voluti, creati come soggetti di diritto inalienabile, chi offende tale diritto offende Dio stesso.

La giustizia ha quindi una dimensione divina e per questo è presa in considerazione anche da coloro che non sanno rendere ragione della sua fonte ultima. Nei secoli scorsi si è tentato di definire la giustizia prescindendo da Dio, fondandola magari su un contratto umano: io non compio questa azione nei tuoi riguardi affinché tu non la compia nei miei. Tuttavia, se non si ricorre al fondamento divino, non si riesce a definire chiaramente l'inalienabilità dei diritti.

La giustizia divina

Vogliamo ora chiederci che cosa la Bibbia aggiunge al concetto umano - potremmo dire filosofico - di giustizia. Abbiamo già sottolineato che la Scrittura ne parla nel senso comune umano; tuttavia essa la considera anche in un senso molto più largo.

Aggiunge al significato del termine "giusto", "giustizia", qualcosa di più positivo, di più creativo, che è incluso nel concetto di "giustizia di Dio", qualità per la quale Dio è fedele all'alleanza. Dio non solo rispetta i nostri diritti, ma salva noi suoi alleati allorché siamo ingiustamente oppressi, allorché il suo popolo è impoverito, ridotto in schiavitù. Il Signore è giusto perché ristabilisce i diritti di coloro che gli sono alleati. Anzi - ed è qui dove la giustizia di Dio mostra la sua trascendenza rispetto a ogni giustizia umana - egli perdona e riabilita per amore, ricostruisce cioè nella pienezza della dignità anche chi avesse offeso i diritti divini.

Mentre dunque la giustizia umana insegna a rispettare i diritti altrui, a restituire i diritti lesi, quella divina, che viene da Dio e che Dio infonde nel nostro cuore, è più ampia, è salvifica, misericordiosa, perdona il peccatore, lo rialza, lo giustifica (come scrive san Paolo), lo fa ritornare giusto. L'amore divino fa giustizia al di là del dovuto e lo fa con misericordia.

Il Nuovo Testamento insiste molto su questa giustizia più grande:

* "Se la vostra giustizia non sarà più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli" , come ho sopra citato (Mt 5, 20). * È una giustizia che si esprime nell'amore: "Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge" (Rm 13, 8).

* È una giustizia che si esprime nel perdono: "Amate i vostri nemici, pregate per coloro che vi perseguitano" (Mt 5, 44).

Questa è la mirabile costruzione umano-divina della giustizia, che cogliamo dalle parole di Gesù.

Comunicare la Parola

Mi sembra utile soffermarmi un po' a lungo sulle riflessioni che nascono da quanto abbiamo evocato a proposito della giustizia e che esprimo sotto forma di domande.


1. Nel Vangelo secondo Luca, Gesù afferma: "Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio" (20, 25).

Che cosa significa dare a Dio ciò che gli è dovuto? Come e quando darglielo?

La giustizia verso Dio è chiamata "virtù di religione", proprio per indicare che c'è una giustizia da esercitare verso Dio. Non però nel senso che possiamo davvero rendere a Dio in proporzione del nostro debito; infatti, essendo noi creature, tutto è suo, tutto dobbiamo a lui. La religione è una giustizia che sa di dover rendere a Dio - al di là dell'obbedienza pura e semplice - adorazione, lode, amore, fiducia, culto. La religione è un atto di giustizia che, non potendo colmare il suo debito, si esprime in atteggiamenti profondi, veri, come appunto la lode, il silenzio del cuore, l'ascolto, il ringraziamento.

* Provate a chiedervi: nelle preghiere quotidiane, ho coscienza di quanto debbo a Dio? Ho coscienza di quanto sono ingiusto verso di lui quando lo dimentico? Perché ogni peccato, ogni dimenticanza di Dio è in qualche modo un'ingiustizia. Nelle mie preghiere, lo adoro, lo lodo, lo benedico, gli professo umiltà e amore? do tempo a Dio nella mia giornata?

* Ancora: do tempo a Dio nella mia settimana? Partecipo alla Messa domenicale come un atto di giustizia verso Dio? Non dobbiamo credere che il nostro andare a Messa o il nostro pregare siano un piacere, una gentilezza che facciamo a Dio. Noi gli siamo debitori di tutto e, con alcuni atti di culto, riconosciamo la nostra creaturalità, i nostri sentimenti di gratitudine.

* Le comunità religiose dovrebbero in proposito ricordare che tutto questo si esprime per loro nella preghiera quotidiana, nella meditazione assidua, nel silenzio, nell'esercizio della lectio divina, nel modo con cui si assiste e si vive la liturgia quotidiana: rendendo lode, onore e gloria a Dio anche per coloro che non lo fanno.

2. Riprendiamo la prima parte del versetto lucano per chiederci: che cosa significa dare al prossimo ciò che gli è dovuto? quali gli ostacoli, i mezzi, lo stile? Abbiamo davanti un campo immenso, perché la giustizia tra gli uomini giunge a coprire tutte le nostre relazioni sociali. Chi è il prossimo di cui sono tenuto a rispettare i diritti? A chi debbo giustizia?

Evidenzio quattro cerchi concentrici, cominciando dal più ristretto.

* Il prossimo sono i genitori ai quali devo onore, riverenza, rispetto, obbedienza; sono i familiari ai quali devo fraternità, affetto, amore; sono coloro con i quali ho rapporti di incontro, di conversazione, di amicizia. Per questo cerchio, in realtà, non si può parlare di giustizia nel senso stretto, in quanto non è giustizia di scambio, bensì di risposta amorosa, fraterna. Tuttavia è fondamentale per l'esistenza.

* Nella vita sociale, il prossimo sono tutti coloro con cui ho rapporti di scambio: di contratto, di lavoro, di commercio, di associazione, di compravendita, di prestazioni reciproche.

Come rendo giustizia in questo tipo di rapporti?

* Un cerchio ancora più grande è quello della giustizia nella vita politica. Tale giustizia riguarda quanti hanno una responsabilità amministrativa, sociale, politica: amministratori, funzionari di enti privati e pubblici, responsabili di qualche realtà sociale, tutti i politici. Dalle deviazioni drammatiche che emergono in questi mesi, ci accorgiamo come sia importante questo campo della giustizia e come le deviazioni rompano il tessuto della società, quel tessuto base di fiducia sul quale si instaura la capacità di vivere insieme.

* C'è un quarto cerchio, dove il prossimo sono coloro verso cui ho una responsabilità più remota, perché sono lontani; e però si tratta di una responsabilità reale: i paesi del Terzo mondo, per esempio, rispetto ai quali i paesi del Nord devono fare giustizia. E poi ciascuno di noi, ogni gruppo sociale, ha una responsabilità verso l'ambiente, perché il problema tocca le generazioni presenti, ma anche quelle future, di cui siamo responsabili.

Dunque, il campo delle nostre responsabilità è largo: va dai luoghi dove la giustizia è più facilmente determinabile con criteri minuziosi, ai luoghi dove la giustizia ci responsabilizza per gli altri, per l'umanità intera, per il futuro dell'umanità.

Conclusione

Ricordiamoci sempre che la radice della giustizia è nella creazione voluta da Dio. È Lui il garante ultimo di ogni giustizia; è Lui che anzitutto fa giustizia a noi devianti, poveri, peccatori; è Lui che ci perdona, ci riabilita, ci ama; e, in grazia della Sua giustizia salvifica, siamo messi in grado di esprimere anche noi giustizia, bontà, amore, perdono verso tutti gli altri, siamo messi in grado di vivere qualcosa di quella giustizia del Regno che chiediamo ogni giorno nel Padre nostro: "Venga il tuo Regno!".

Fonte: "Le Virtù" di Carlo Maria Martini

domenica 18 ottobre 2009

Il Vangelo della Domenica

 XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) - (MARCO, Mc 10,35-45).

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».

Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Commento


Ogni mamma cosa non farebbe per un figlio? A volte le mamme sono pronte anche a giocarsi tutto per l’avvenire dei figli, guardando il loro futuro anche alla luce di una certa ambizione.

Così avrà pensato la mamma dei fratelli Zebedeo, anch’essa alla sequela di Gesù, e, sentendo parlare il Maestro di Nazareth di un regno futuro, ha sognato di vedere i figli persone altolocate in questo regno. E osa porsi dinanzi a Gesù e chiede, (e non chiede poco), che i suoi due cari figlioli, nel regno futuro ,siano accanto , vicinissimi lui, futuro re.

Ma mentre lei si raccomanda, nelle periferia dei discepoli c’è chi mormora, chi apostrofa la donna con qualche strano titolo, e chi pone i fratelli Zebedeo nel numero dei“soliti raccomandati”.

Gesù, ascolta la donna, obietta , promette , ma il suo sguardo arriva al volto scomposto dei discepoli, e chiede loro il perché della mormorazione di cui ha sentito l’eco. E dopo aver ascoltato, afferma con decisione un grande verità, dandosi un appellativo che, dopo quello di essere “amico dell’umanità”, è il più umano e il più bello. Gesù dice:” Io sono il servitore dell’umanità!...Non sono venuto per essere servito, ma per servire!”

Gesù non è soltanto l’uomo dei dolori che ha vaticinato Isaia, ne è solo il Sommo Sacerdote della Lettera agli Ebrei che ha preso su di sé le debolezze dell’umanità, ma è colui che si è posto accanto agli ultimi, ai diseredati , agli emarginati, offrendo il suo servizio di amore, e guarendo prima i cuori e poi i corpi.

E più che dalle sue labbra, è dal suo esempio che ci arriva il messaggio:” Chi vuole essere il primo tra voi, si faccia il servo di tutti.”

Porre gli altri al centro della nostra attenzione, non significa annullare se stessi, ma inglobarsi insieme in uno stile di vita che sappia di unità, di condivisione, di comunione. E i modi sono tanti: in famiglia, nel lavoro, nella scuola, nei rapporti sociali.

Certamente è un progetto ribaltone che la società non afferra, ne comprende, quello di essere chiamati a donarci, ponendoci forse controcorrente, o fuori moda. Oh, se ciò lo comprendessero i nostri giovani, disertando le discoteche per frequentare corsie di ospedali, persone sole, forse sarebbero più felici, e forse non sentirebbero il richiamo di evasioni e di strani sentieri

E “tutti” chiediamo per” tutti” a Dio ,come Gesù , di servirlo sempre con lealtà e purezza di spirito.

 Padre Pierluigi Mirra, passionista



venerdì 16 ottobre 2009

LE VIRTU'

Carissimi amici, ho iniziato da poco le lezioni al corso di teologia per il quarto anno e con il professore di teologia morale sto trattando il tema delle VIRTU'.
In un'epoca come quella in cui viviamo parlare di virtù sembra un pò fuori luogo data la perdita quasi totale di qualsiasi valore umano e cristiano e dato il proliferare del vizio. Ma proprio per questo è più che mai urgente cercare di recuperare il senso più alto della vita, e per farlo abbiamo bisogno di alcuni doni speciali che il Signore ci fa: LE VIRTU' che il Catechismo divide in CARDINALI in quanto costituiscono i CARDINI della vita di ogni essere umano e TEOLOGALI, necessarie per una vita di fede autentica.

LA PRUDENZA, LA GIUSTIZIA, LA FORTEZZA, LA TEMPERANZA sono le virtù cardinali;
FEDE, SPERANZA, CARITA' sono le virtù teologali.

Anzitutto desidero dare la definizione di VIRTU'.
* "La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1803).

Con il termine 'virtù' intendiamo dunque degli atteggiamenti abituali, non occasionali, che nel loro insieme descrivono un'immagine di uomo o di donna redenti da Gesù e operanti con efficacia nella storia.

Sarebbe lungo fare la storia di questo termine, ma è interessante notare che non compare quasi mai nell' Antico Testamento ebraico. La parola virtù viene dal mondo greco. Infatti la troviamo in quei libri della Bibbia che sono stati scritti in greco, come per esempio il libro della Sapienza:
"Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza" (8, 7). È l'unica occorrenza delle quattro virtù cardinali nelle Sacre Scritture, virtù che invece Platone e Aristotele avevano reso celeberrime perché indicano una visione armonica di tutte le qualità umane, la visione dell'uomo ideale secondo la mentalità filosofica dei greci.

Tutte le virtù che esercitiamo sulla terra sono in tensione verso l'eternità: qui vigiliamo nell'attesa che il Signore ci colmi dei suoi doni e cominciamo a vivere quegli atteggiamenti di fede, speranza, carità, di prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, che rappresentano l'anticipo della vita futura. Per questo sulla terra le virtù sono in cammino, in progresso, in crescita verso la pienezza della visione beatifica e, quando le verifichiamo presenti in noi, ci avvertono che ci troviamo nella giusta via per la patria eterna.

* Comprendiamo allora che una riflessione sulle virtù non ci aiuta semplicemente ad approfondire la nostra conoscenza catechetica o teologica, bensì ci permette di vivere meglio, di impegnar ci a essere più buoni, più giusti, più veri, perché ci appassionano al meraviglioso disegno che Dio ha su ciascuno di noi, disegno di espansione umana e divina.

Non a caso il Catechismo della Chiesa cattolica tratta delle virtù nella parte dedicata a "La vocazione dell'uomo"; esse devono appassionarci e farci innamorare di questa vocazione. "Il fine di una vita virtuosa" - scrive san Gregorio di Nissa - "consiste nel divenire simili a Dio".

* C'è un secondo vantaggio a riflettere sulle virtù. Non solo esse ci appassionano al disegno di Dio su di noi, ma ci aiutano a mettere ordine nella nostra vita, per chiarire ciò che è bene (virtù) e ciò che è male (vizio). I grandi atteggiamenti della vita secondo Cristo ci fanno distinguere - nella quotidianità personale, familiare, sociale, ecclesiale - i comportamenti positivi dai negativi, ci fanno discernere il meglio dal mediocre (non solo il bene dal male), l'autentico dal falso, dallo spurio, dal non genuino. L'operazione non è sempre facile, ed è proprio una buona dottrina sulle virtù quella che insegna a dire per esempio: questi giovani che stiamo educando sono su una strada autentica; oppure: questi ragazzi non vanno bene e dobbiamo cambiare metodo.

La virtù della PRUDENZA

Lascio a voi la lettura e la meditazione di alcuni passi biblici:

Sap 7, 21-23; 9, 1-6.9-11; Mt 11, 25-27; 1Cor 2, 1-7.13-16; Gc 1, 5; 3, 13-17.

Alla luce di quei testi,si potrà  rispondere a tre domande:

- che cos' è la prudenza?
- da dove deriva?
- quali frutti genera?

1. Che cos'è la Prudenza?

In realtà, questa parola non suona tanto bene nel mondo attuale. Prudenza per noi significa essere cauti nella guida della macchina, osservare le regole stradali, stare attenti a non mangiare e a non bere troppo, ecc. Nella tradizione greca e patristica, e in quella biblica in cui è riflessa con altri nomi, la prudenza significa molto di più.

* Anzitutto evoca la sapienza, cioè la capacità di vedere alla luce di Dio i fatti e le azioni umane da compiere. Leggiamo, per esempio, nel Libro della Sapienza: "Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so, poiché mi ha istruito la sapienza, artefice di tutte le cose" (7, 21). E, nella prima Lettera ai Corinzi, Paolo dice: "Tra i perfetti parliamo sì di sapienza, ma di una sapienza che non viene da questo mondo" (2, 6). E ancora: "Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio, che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare" (Gc 1, 5).

Prudenza è l'equivalente di sapienza: saper comprendere gli avvenimenti e le scelte umane da fare, alla luce del Signore.


* Prudenza vuol dire anche discernimento, capacità di distinguere, tra le azioni da programmare, ciò che porta a Dio e ciò che ce ne allontana, ciò che è secondo lo Spirito di Gesù e ciò che è contro tale Spirito. "L'uomo spirituale giudica ogni cosa" (1 Cor 2, 16). Il discernimento proprio di chi ha lo spirito della sapienza di Dio, distingue nei comportamenti quelli che rispondono al Vangelo da quelli che sono lontani da esso.

* Inoltre, prudenza significa senso di responsabilità, cioè agire facendosi carico delle conseguenze delle proprie azioni.

* Infine, la prudenza (che la Bibbia -lo ripeto - chiama spesso sapienza) esprime, nella tradizione biblico-patristica, un altro concetto che sarà ripreso da san Tommaso: quello del decidere con realismo e concretezza,  del non tentennare, del non aver paura di osare. È ben diverso dal nostro concetto di prudenza che invita a esitare, a essere cauti!

Riassumendo: la prudenza, per la Bibbia e la tradizione, è sapienza che contempla alla luce di Dio gli eventi umani; discernimento che distingue tra ciò che porta a Dio e ciò che da Dio allontana; senso di responsabilità che si fa carico degli effetti delle proprie azioni; capacità di decidere ragionevolmente e coraggiosamente, senza paura di eventuali conseguenze negative a proprio danno. Infatti, e lo vedremo in seguito, la prudenza è congiunta con la fortezza e con il coraggio.

Potremo dunque anche chiamare la prudenza con un termine familiare al nostro cammino pastorale: vigilanza, stato di veglia dell'intelletto che decide con assennatezza, concretezza e coraggio sulle azioni da compiere per servire Dio e per vivere il Vangelo.

2. Da dove deriva la prudenza?

* Così intesa, la virtù della prudenza viene dallo Spirito santo: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti" (cioè ai prudenti secondo il mondo) "e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25). È lo Spirito che ci rivela la prudenza cristiana. Mi piace ricordare in proposito una bellissima preghiera del Cardinale J .H. Newman per ottenere il dono della prudenza o della sapienza: "Guidami, dolce Luce; attraverso le tenebre che mi avvolgono guidami Tu, sempre più avanti! Nera è la notte, lontana è la casa: guidami Tu, sempre più avanti! Reggi i miei passi: cose lontane non voglio vedere; mi basta un passo per volta. Così non sempre sono stato né sempre ti pregai affinché Tu mi conducessi sempre più avanti. Amavo scegliere la mia strada, ma ora guidami Tu, sempre più avanti! Guidami, dolce Luce, guidami Tu, sempre più avanti!".

* La virtù della prudenza viene anche dall'esercizio del discernimento, dall'esercitarci a giudicare con oggettività secondo Dio. Porto un esempio: noi oggi siamo circondati dai mass-media (radio, televisione, giornali), e la prudenza è appunto quell'istinto che ci guida ad accendere o a spegnere la televisione, a guardare o a non guardare, a leggere o a tralasciare di leggere. Ci aiuta quindi a decidere in modo da non essere soffocati o aggrovigliati dai media. Inoltre la prudenza ci insegna a non accettare tutto, a vagliare le notizie, a esigere i riscontri, le fonti, ad aspettare le conferme. Ci guida, insomma, nel retto giudizio.

* Infine, la prudenza che ci è data dallo Spirito santo e dall'esercizio del discernimento, viene pure da una certa abitudine al silenzio, alla calma, evitando la precipitazione nei giudizi e nelle azioni. Spesso, soprattutto nel parlare, siamo molto imprudenti, molto insipienti e dissennati - che è tutto il contrario della prudenza -, perché non facciamo precedere alle parole un momento di silenzio, di sosta, di riflessione.

3. Quali frutti genera la prudenza cristiana?

Da quanto ho cercato di spiegare, dovremmo già intuire quali sono i frutti che fioriscono dalla prudenza cristiana.

Chi la vive, chi è sapiente nel senso evangelico, è sempre in pace con se stesso, riconciliato con la realtà; non facendosi illusioni, non resta mai deluso, perché sa valutare ogni cosa con realismo e con concretezza, sa prevedere e pensare prima di agire.

La prudenza genera dunque saggezza di vita, armonia, tranquillità d'animo e serenità, ordine, chiarezza, pace interiore e ci rende capaci di guardare a ciò che è essenziale.

Fonte:" Le Virtù" di Carlo Maria Martini

mercoledì 14 ottobre 2009

Il ritorno di Gesù

Dal diario di Suor Faustina Kowalska


Nel suo diario la Santa parla spesso della seconda venuta di Gesù, non parla mai di una venuta "intermedia", ma solo di seconda venuta come Giudice. La questione teologica è notoriamente aperta e non risolta: per un cristiano normale però che legga gli ultimi capitoli dell'Apocalisse, appaiono chiaramente distinti due eventi: ritorno di Cristo e Giudizio Universale. Al suo ritorno il Signore giudica i morti e quelli che sono viventi in quel momento poi inaugura un significativo periodo di pace ("mille anni") prima del Giudizio Universale. Infine il Giudizio Universale sarebbe il riepilogo di tutta la storia dalla caduta degli angeli, dal peccato originale e per tutte le generazioni.

Le citazioni sottostanti sono tratte dal "Diario di Suor Faustina Kowalska" - edizione ufficiale della Libreria Editrice Vaticana, 1992.

"Prima di venire come Giudice giusto, vengo come Re di misericordia. Prima che giunga il giorno della giustizia, sarà dato agli uomini questo segno in cielo: si spegnerà ogni luce in cielo e ci sarà una grande oscurità su tutta la terra. Allora apparirà in cielo il segno della Croce e dai fori, dove furono inchiodati i piedi e le mani del Salvatore, usciranno grandi luci che per qualche tempo illumineranno la terra. Ciò avverrà poco tempo prima dell'ultimo giorno." (Quaderno N. 1, 35)

"...ad un tratto vidi la Madonna che mi disse... tu devi parlare al mondo della Sua grande misericordia e preparare il mondo alla Sua seconda venuta. Egli verrà non come Salvatore misericordioso ma come Giudice Giusto. Oh quel giorno sarà tremendo! E' stato stabilito il giorno della giustizia, il giorno dell'ira di Dio davanti al quale tremano gli angeli." (Quaderno N. 2, 91)

"Preparerai il mondo alla mia ultima venuta". (Quaderno N. 5, 179)

"Una volta che pregavo per la Polonia, udii queste parole: - Amo la Polonia in modo particolare e, se ubbidirà al Mio volere, l'innalzerò in potenza e santità. Da essa uscirà la scintilla che preparerà il mondo alla Mia ultima venuta". (Quaderno N. 6, 93)

Wojtyla è collegato alla Madonna di Fatima e al mistero del 13

1) IL 13 Maggio il Papa viene ferito da Ali’ Agca in piazza San Pietro

2) Wojtyla è il 264°Papa 2+6+4=12.Simbolo dell'ultimo successore di Pietro

3) Tempo di Pontificato 26 anni e 5 mesi dove (2+6+5) dà come somma il 13

4) Papa Wojtyla Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Paolo VI

5) Il Santo Padre è morto all'età di "85" anni (8+5) costituisce ancora una volta il numero 13

6) Il giorno della sua morte “02-04-2005” (2+4+2+5) costituisce nella somma numerica il numero 13

7) L’ora della sua morte “21 e 37” ( 2+1+3+7) costituisce nella somma numerica anch’essa il numero 13


Ad una mistica contemporanea Gesù rivelerebbe scenari molto simili e suggestivi per le concordanze; eccone alcuni stralci da messaggi del 30 giugno 2002:

"È ormai assai vicino il Giorno nel quale ogni stella si spegnerà, il sole perderà la sua luce ed apparirà nel Cielo la grande Croce, dai fori delle Mie Piaghe usciranno Raggi luminosissimi. Essa comparirà pochi giorni prima della fine. Nessuno attenda quel momento per cambiare vita perché ti dico, sarà assai, assai doloroso. Sappia il mondo che Babilonia sta per cadere perché deve sorgere la Nuova Gerusalemme felice, bella come una sposa che va incontro al suo sposo...


Ogni giorno che passa si avvicina quello grande ed unico nel quale tutto accadrà: Cielo e terra comunicheranno intensamente fra di loro, la terra godrà le Delizie del Paradiso ed il Paradiso scenderà sulla terra. Amati, in tale giorno tutto cambierà, il sole fermerà il suo corso e vi saranno nuove cose mai viste...


Amati, avete davanti agli occhi un esempio splendido e luminoso: il Vicario di Mio Figlio opera con zelo e sembra instancabile, anche se il suo corpo è debole, lo spirito è forte: Io, con Amore, sostengo entrambi perché il nuovo Mosè prepari il popolo ad entrare nella Terra Promessa, Terra felice dove scorrono le Delizie del Cielo."

Sono stati fatti vari tentativi per capire cosa possa significare la "scintilla" di cui parla S. Faustina; alcuni la identificano con Giovanni Paolo II che nei suoi discorsi spesso alludeva ad un prossimo grande cambiamento ad opera di Dio.



domenica 11 ottobre 2009

Il Vangelo della domenica

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 11 OTTOBRE 2009 - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) - (MARCO, Mc 10,17-30).

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».

Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

COMMENTO

Qualche tempo fa ,Mons. Antonio Riboldi scriveva:” Il Vangelo non è una tuta di plastica che puoi adattare a tutte le misure: o c’entri o non c’entri!”.
La Sapienza che viene dall’Alto e dalla quale l’uomo retto si fa illuminare, diventa una forza travolgente che può spingerti a scelte forti e radicali, ma sicure.
E tutto ciò è possibile se , sempre alla luce di detta Sapienza, l’essere prevale sull’avere.
Il giovane del Vangelo insegna come la ricchezza da sicurezza, ti fa sentire importante o qualcuno, ma c’è anche il rischio che ti toglie la libertà, e perciò, pur ricco materialmente, puoi diventare povero dei valori che durano oltre il tempo.
IL giovane del Vangelo è esatto nei suoi doveri e nelle osservanze, ma è legato.
E quando Gesù gli chiede di guardare oltre il cortile di casa e le sue tasche, e di immergersi negli orizzonti nuovi della sua sequela, egli si arrende.
“Diventò triste..”, dive l’evangelista.
La tristezza è frutto della paura di perdere le propri certezze o quelle sicurezze che più che farti sentire ricco, ti fanno“traballare”, perché esse si posano su un fondamento poco sicuro.
Gesù non ammette compromessi. Egli con la sua parola provoca ribaltoni paurosi, azzera strane mentalità, però ti offre un cammino sicuro da percorrere.
“Non si può servire a due padroni!..”, dirà con forte sfida, perché l’amore e l’odio o saranno per l’uno o per l’altro.
Cristo ha una banca regolata da leggi diverse dalla nostra economia. Chi è pronto ad investire con lui, senza guardare ad interessi o pretese, avrà il centuplo in questa vita e gli è offerta la vita eterna.
Spesso siamo portati a pensare che ciò che doniamo è perduto, invece di ciò che doniamo Dio fa degli investimenti ad alti interessi che ci ritroveremo non in carta o di monete in questa vita ma in forma di un grande assegno senza più scadenza nella vita senza fine.
Il modo migliore per investire è condividere, perché quello che non doniamo è perduto non solo, ma c’è il rischio di non ritrovarlo svalutato nel deposito dell’avarizia che misura il cuore dell’uomo.
E‘chiara quella frase , non so chi ne sia l’autore, che dice che alla porta di lassù si arriva indossando un vestito senza tasche.
Un anonimo così scriveva:” Chiesi a Dio la ricchezza per poter essere felice,mi diede la povertà perché fossi saggio. Chiesi di tutto per potermi godere la vita, ed ebbi la vita per godere tutto. Non ebbi nulla di quello che avevo chiesto, ma ebbi tutto quello che avevo sperato.”

Commento a cura di padre Pierluigi Mirra, passionista





venerdì 9 ottobre 2009

Amsterdam

PROFEZIE PER IL TERZO MILLENNIO

Le apparizioni di Amsterdam


LA VEGGENTE E LE APPARIZIONI

Ida Peerdeman

Isje (Ida) Johanna Peerdeman nacque il 13 agosto 1905 ad Alkmaar, in Olanda. Suo padre lavorava come rappresentante di tessuti. La madre morì quando Ida aveva solo 8 anni. Lei era la più piccola di cinque figli e da quel momento venne cresciuta dai suoi fratelli.
All’età di 12 anni ebbe il suo primo incontro con la Madonna: mentre stava tornando a casa dalla confessione vide la figura luminosa di una donna. La ragazza riconobbe in quella figura la Beata Vergine Maria. Era il 13 ottobre 1917, lo stesso giorno dell’ultima apparizione di Fatima in cui si verificò il Miracolo del Sole, ma Ida questo non poteva ancora saperlo.
La Madonna non parlava ma le sorrideva. La Signora in quello stesso mese le apparve altre due volte. Sia il padre che il confessore di Ida le consigliarono di non parlare con nessuno di quegli straordinari eventi di cui era stata protagonista, e così fece.
Le apparizioni e i messaggi della Signora di Tutti i Popoli iniziarono il 25 marzo 1945. Ida allora aveva 40 anni, non era sposata, e lavorava ad Amsterdam in una fabbrica di profumi. In quel periodo la guerra non era ancora terminata e l’Olanda era ancora sotto l’occupazione nazista.
Il giorno della prima apparizione Ida e sua sorella erano sedute attorno ad una stufa a parlare quando passò a far loro visita il Padre domenicano Joseph Frehe, confessore di Ida e suo buon amico. Alla presenza del sacerdote e della sorella a Ida apparve la Madonna. La donna riferì di vedere una luce in un angolo della stanza. Da quella intensa luce emerse la Madonna che disse a Ida di ripetere dopo di lei quanto le avrebbe rivelato. La Madonna parlava lentamente mostrando il rosario e invitando a recitarlo fino alla fine. Indicò poi delle date, tra cui il 5 maggio (la data della fine della guerra in Olanda). Alla veggente furono mostrati anche alcuni soldati in uniforme e le fu detto che presto sarebbero tornati a casa. Poi, sempre nella stessa visione, fu imposta a Ida una pesantissima croce che riusciva appena a sollevare e che simbolicamente faceva intendere che la sua vita futura sarebbe stata di sacrificio e servizio. Padre Frehe incaricò la sorella di Ida di scrivere tutto ciò che la veggente diceva.
Nelle apparizioni successive la Vergine spiegò alla donna che il suo compito sarebbe consistito nel portare all’umanità, che testardamente si ostina a non adeguarsi al progetto di salvezza di Dio, il messaggio della Croce.
La Vergine le diede grandiosi messaggi sociali, parlò di giustizia e di amore per il prossimo, indicò in termini positivi i tempi nuovi che sarebbero venuti. I temi di base delle apparizioni di Amsterdam sono la responsabilità di ognuno di noi nella realizzazione del grande progetto di Dio e la necessità di purificare la terra. Il messaggio è rivolto anche agli ecclesiastici e al Papa.
Le apparizioni e i messaggi della Madonna terminarono il 31 maggio 1959. Nell’ultima apparizione, la Vergine mostrò a Ida il globo terrestre dal quale emersero innumerevoli teste umane di tutte le razze. L’apparizione si concluse con una visione dell’ostia consacrata da cui si irradiava una grande luce, mentre una voce diceva: "Chi mangia e beve Me, ottiene la vita eterna e riceve lo Spirito di Verità". Ma questa non fu comunque l’ultima esperienza mistica di Ida. In seguito ebbe visioni di Gesù e brevi messaggi che ella ritenne inviati da Lui. Per 26 anni la donna ricevette quelle che lei definiva come "esperienze eucaristiche" (la maggior parte avveniva in Chiesa durante la Comunione). Queste durarono fino al 1984.
Ida nel corso degli anni fu oggetto di numerosi attacchi demoniaci che si verificarono da quando era giovane fino agli ultimi anni della sua vita. La donna li sopportò con pazienza rimanendo, nonostante tutto, sempre fedele alla sua missione. La veggente comprese che, in quanto portatrice dei messaggi della Corredentrice, doveva soffrire in anima e corpo. Nel corso della sua vita, imparò con dolore che cosa significa ricevere scherni ed essere messa in ridicolo dai mass-media. Molti la consideravano una pazza e soffriva anche per le incomprensioni e le umiliazioni da parte della Chiesa. Queste sofferenze, il suo silenzio di anni, la sua attesa e la sua obbedienza, sono la sua cooperazione nel piano della Madonna.
La Madonna promise a Ida che non sarebbe morta prima di vedere la pubblica venerazione della Signora di Tutti i Popoli. Il 31 maggio 1996 il vescovo locale Henrik Bomers e il suo vescovo ausiliario Josef Punt hanno approvato ufficialmente la venerazione alla Madonna sotto il titolo di Signora di Tutti i Popoli, e Ida - esattamente come le aveva predetto la Madonna - visse per vedere questo agognato momento. Morì qualche giorno più tardi, il 17 giugno 1996.

LA POSIZIONE DELLA CHIESA

Mons. Joseph Punt

Il 31 maggio 2002 il Vescovo della diocesi di Haarlem-Amsterdam, Mons. Joseph Punt, ha emanato una dichiarazione formale (cfr.: documento originale in inglese e traduzione autorizzata in italiano) con la quale approvava il carattere soprannaturale delle apparizioni della Madonna col titolo di Signora di Tutti i Popoli.
Il Vescovo nel documento dichiarava: "riguardo ai risultati di investigazioni precedenti e delle questioni e obiezioni derivanti da esse [...] ho richiesto il consiglio di diversi teologi e di psicologi. I loro pareri testimoniano che in ciò non ci sono fondamentali impedimenti teologici o psicologici, per il riconoscimento dell’autenticità soprannaturale. Ho anche richiesto, riguardo ai frutti spirituali e allo sviluppo successivo, il giudizio di un certo numero di confratelli nell’Episcopato che sperimentano, nelle loro Diocesi, una forte venerazione di Maria come Madre e Signora di tutti i Popoli. Considerando questi pareri, testimonianze e sviluppi, e ponderando tutto questo nella preghiera e nella riflessione teologica, tutto ciò, mi conduce alla constatazione che nelle apparizioni di Amsterdam c’è un’origine soprannaturale".
Monsignor Punt ha detto anche che la rivelazione privata è "un aiuto per comprendere i segni dei tempi e per vivere più perfettamente il Vangelo nella sua attualità. E i segni dei nostri tempi sono drammatici. E’ mia sincera convinzione che la devozione alla Signora di tutti i Popoli ci può aiutare, nella drammaticità del nostro tempo, a trovare la giusta via, la via verso una nuova e particolare venuta dello Spirito Santo, Lui che solo può sanare le grandi piaghe del nostro tempo".

LA PREGHIERA

La Madonna dettò a Ida una preghiera:

Signore Gesù Cristo,
Figlio del Padre,
manda ora il tuo Spirito sulla terra.
Fa abitare lo Spirito Santo
nei cuori di tutti i popoli,
affinché siano preservati dalla corruzione,
dalle calamità e dalla guerra.
Che la Signora di tutti i Popoli,
che una volta era Maria,
sia la nostra Avvocata. Amen. (*)

La Vergine raccomandò di recitare spesso questa preghiera e di lavorare tutti alla "grande opera del mondo". Lei stessa spiega il perché di questa nuova preghiera: "Essa è stata data affinché possa essere implorata per il mondo la venuta dello Spirito di Verità" (20.09.1951); "Non puoi comprendere il grande valore che avrà. Non sai ciò che il futuro ha in serbo" (15.04.1951). Maria promette ancora: "Tramite questa preghiera, la Signora salverà il mondo" (10.05.1953).
Nella preghiera, come si può notare, si dice che la Signora di tutti i Popoli "una volta era Maria", un'affermazione questa che oggi come in passato ha generato non poco sconcerto in tante persone. Per meglio comprenderne il significato riportiamo la spiegazione che ne ha dato Padre Paul Maria Sigl (guida spirituale della "Famiglia di Maria Corredentrice") in occasione della Prima Giornata di Preghiera della Signora di Tutti i Popoli (Amsterdam, 31 Maggio 1997): «All'inizio, le parole "che una volta era Maria" causarono meraviglia e perplessità, non soltanto nella gerarchia ecclesiastica, ma anche nella stessa veggente e nel suo padre spirituale. Quando nella prima pubblicazione queste parole problematiche vennero semplicemente eliminate, Maria precisò in messaggi successivi che non era contenta di quel cambiamento del testo: "Che la Signora di tutti i Popoli, che una volta era Maria, sia la nostra Avvocata: questo deve rimanere così" (06.04.1952). La Madonna spiega in modo chiaro, breve e semplice: "Che una volta era Maria: significa che molti uomini hanno conosciuto Maria come Maria. Ora però voglio, in questo nuovo periodo, essere la Signora di tutti i Popoli. Questo è comprensibile a tutti". Comprendete? Maria, la giovane Piena di Grazia, al principio non era la Madre di tutti gli uomini, ma con la sua fedele corrispondenza alla Grazia e per mezzo della sua sofferenza, unita a suo Figlio, diventò la Madre di tutti i Popoli».

(*) Dopo consultazione del Vescovo di Amsterdam con la Congregazione per la Dottrina della Fede (2006), riguardo alla preghiera, la Congregazione ha approvato il testo della preghiera con la direttiva di cambiare, a causa di possibili malintesi, la clausola originale “che una volta era Maria” con “la Beata Vergine Maria”.


L’IMMAGINE

L'immagine della Signora di Tutti i Popoli

Nell’apparizione del 4 marzo 1951 la Madonna chiede a Ida di far dipingere la sua immagine che le viene mostrata. La Madonna descrive in ogni particolare l’immagine miracolosa. "Questa immagine è il significato e la raffigurazione del nuovo dogma. Perciò io stessa ho dato questa immagine ai popoli" (08.12.1952). Nell’immagine un drappo le avvolge la vita, e lei spiega: "Ascolta bene ciò che questo significa: esso è come la fascia che cinse i fianchi del Figlio sulla Croce. Io mi trovo come Donna(*) davanti alla Croce del Figlio" (15.04.1951) [(*) Il sostantivo olandese "Vrouwe" significa, sia "Signora" che "Donna"; N.d.T.].

"Nelle sue mani si vedono piaghe luminose", con questa immagine Maria descrive la sofferenza fisica e spirituale che ha sopportato, unita al Figlio Divino, per la Redenzione dell’umanità. La Signora di nuovo chiede a Ida di fissare lo sguardo sulle sue mani. Si manifesta così come Mediatrice di Tutte le Grazie. "Ora guarda le mie mani e di’ ciò che vedi". Allora Ida vede in mezzo al palmo delle mani come se ci fosse una piaga. Tre raggi partono dalla ferita di ogni mano e sembrano riflettersi sulle pecore. La Signora sorride e dice: "Questi sono tre raggi, i raggi di Grazia, Redenzione e Pace" (31.05. 1951). La Grazia che viene dal Padre, la Redenzione dal Figlio e la Pace dallo Spirito Santo.

"Ho posto i miei piedi fermamente sul globo, perché il Padre e il Figlio vogliono presentarmi nel mondo in questo periodo come Corredentrice, Mediatrice e Avvocata" (31.05.1951). "Questo tempo è il Nostro tempo" (02.07.1951). Maria fa vedere alla veggente, tutto intorno al globo, il gregge che rappresenta tutti i popoli e le razze della terra, aggiungendo poi: "non troveranno riposo fino a quando non [...] fisseranno lo sguardo sulla Croce, il centro di questo mondo" (31.05.1951).

Maria chiede di diffondere questa immagine nel mondo, perché essa "è il significato e la raffigurazione del nuovo dogma" (08.12.1952). Per questo motivo sottolinea più volte che questa immagine deve precedere il dogma: "Questa immagine precederà, precederà un dogma, un nuovo dogma" (15.04.1951).

Le apparizioni di Amsterdam sono strettamente collegate con quelle di Akita. Un sacerdote tedesco aveva regalato negli anni sessanta quest’immagine ad un piccolo convento di suore del nord del Giappone. Grazie alla preghiera della Signora di Tutti i Popoli fu guarita la maestra di novizie. In ringraziamento fu fatta scolpire una copia esatta dell’immagine di Amsterdam da un artista buddista. Questa statua della Signora di tutti i popoli ha pianto più di cento volte, ha essudato olio profumato e versato sangue da una ferita della mano destra. Il vescovo locale, Mons. Itô, che è stato testimone oculare di questi fatti, dopo essersi consultato con il Cardinale Ratzinger e dopo un esame approfondito, ha confermato il carattere soprannaturale dei fatti di Akita. Il 24 Giugno 1988, si è recato in pellegrinaggio ad Amsterdam, alla cappella della Signora di Tutti i Popoli, dove ha celebrato la Santa Messa in presenza della veggente e delle sue sorelle.

IL DOGMA

Maria ad Amsterdam chiede esplicitamente un dogma. E’ qualcosa di unico. In nessun altro luogo del mondo aveva mai chiesto nulla di simile. Sarà l’ultimo e più grande dogma della storia mariana: Maria Corredentrice, Mediatrice e Avvocata.

La Signora di Tutti i Popoli promette solennemente che "Ella salverà il mondo sotto questo titolo" (20.03.1953); "per mezzo di questa preghiera libererà il mondo da una grande catastrofe mondiale" (10.05.1953). Spiega inoltre come farà: "Quando il dogma, l’ultimo dogma della storia mariana, sarà proclamato allora la Signora di Tutti i Popoli donerà la Pace, la vera Pace al mondo. I popoli però debbono recitare la mia preghiera in unione con la Chiesa" (31.05.1954); "Popoli, la vera pace è il Regno di Dio!" (31.05. 1955).
Bisogna sottolineare l’importanza senza precedenti dei messaggi di Amsterdam, perché Maria viene a spiegare e a chiedere l’ultimo e più importante dogma mariano che permetterà un nuova venuta dello Spirito Santo. Maria nei suoi messaggi promette che lo Spirito Santo scenderà con una nuova pienezza sulla Chiesa e sul mondo. "La Signora rimase presso i suoi apostoli finché venne lo Spirito. Così la Signora verrà ai suoi apostoli e popoli di tutto il mondo, per riportare loro nuovamente lo Spirito Santo" (31.05.1954). "Sappiate che lo Spirito Santo è più vicino che mai [...] Nel nome della Signora di tutti i popoli pregate il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che verrà adesso più pienamente di quanto sia mai accaduto" (31.05.1955). Questo dogma è la chiave della porta attraverso la quale l’umanità entrerà in un nuovo tempo, in una nuova epoca, l’epoca dello Spirito Santo. Quando avverrà questo incoronamento di Maria, il demonio sarà sconfitto definitivamente. Ida ha visto questa sconfitta di satana con immagini drammatiche: "Ho visto il drago che si raggomitolava per cadere esausto e sconfitto. E la Voce diceva: ‘Il tuo potere è infranto e la tua forza ti è stata tolta. Il tuo orgoglio e la tua alterigia vengono calpestati’" (11.02. 1975); "Tutto questo accadrà" (25.03.1975).

Questo però non avverrà senza fatica e senza lotta. Già agli inizi degli anni ‘50 la Madonna descriveva la lotta violenta che si sarebbe scatenata attorno al dogma e che recentemente si è fatta ancora più accesa: "Questo dogma sarà molto contestato" (08.12.1952). "Gli altri, vi attaccheranno" (04.04.1954). E profetizzava con parole drammatiche: "Sarà una lotta per la vita o per la morte, ma alla fine lo Spirito vincerà" (25.03.1972).

Sapendo la Madonna che il suo dogma salvifico sarebbe stato rifiutato e violentemente combattuto, affida ai teologi un compito importante, quello di trovare nei libri gli argomenti che dimostrano la verità teologica del titolo di Corredentrice, dandogli così un fondamento scientifico incontestabile: "Di’ ai vostri teologi che essi possono trovare tutto nei libri. Non porto nessuna nuova dottrina. Porto adesso gli antichi pensieri" (04.04.1954).

PROFEZIE REALIZZATE



La Madonna dimostra l’autenticità dei suoi messaggi con l’avverarsi, nel corso degli anni, di numerose predizioni.

L’11 Febbraio 1951, mentre Ida si trova in Germania, è portata dalla Signora in visione alla Basilica di San Pietro. Lì vede tutti i vescovi del mondo con mitrie bianche e il Santo Padre con la tiara e un grande libro. Nessuno nel mondo e meno ancora la stessa veggente poteva allora immaginare che stava assistendo al Concilio Vaticano II, che si doveva tenere appena undici anni più tardi.

Ma già due anni prima aveva avuto un’altra visione: "Ora vedo un grande sala conciliare nella quale siede il Papa. ‘Figlia mia, - dice ancora la Signora - le leggi possono essere cambiate; alcune possono, altre devono essere cambiate. Le varie classi sociali devono essere riavvicinate. Roma deve fare questo e dare l’esempio a tutto il mondo. Pensaci e sollecitalo." (3 dicembre 1949).

Diversi altri avvenimenti storici vengono previsti.



La presa di potere dei comunisti in Cina. Era stata prevista esattamente quattro anni prima della proclamazione delle Repubblica Popolare Cinese, avvenuta il 1 ottobre 1949:

"In Cina vedo la bandiera rossa" (7 ottobre 1945).

La guerra in Corea (iniziata nel giugno 1950 e durata fino al 1953):

"I combattimenti in Corea sono un presagio e l’inizio di una grande sofferenza" (15 agosto 1950).

Il cambiamento delle norme sul digiuno eucaristico. Papa Pio XII nel 1953 ridusse il digiuno a tre ore e nel 1964 Papa Paolo VI lo ridusse ulteriormente ad un’ora (prima del 1953 il digiuno eucaristico iniziava alla mezzanotte):

"Sarà e deve essere emanato un documento che stabilisca che non è più necessario che la gente abbia digiunato prima di prendere la Comunione. Ci sono tante persone che, quando sono in Chiesa, sentono un forte bisogno di prendere la Comunione, e ciò gli è precluso perché non hanno digiunato" (25 gennaio 1951).

La guerra in Jugoslavia negli anni ’90:

"Poi improvvisamente vedo i Balcani. C’è una guerra; stanno combattendo di nuovo. La Signora dice: ‘Figlia mia, ci sarà un feroce combattimento. Non abbiamo ancora visto la fine di questo combattimento’" (1 ottobre 1949).

Ma la prova più importante di autenticità è data alla veggente la notte tra il 18 e il 19 febbraio 1958. La Madonna le annuncia che il Papa Pio XII, che allora era in perfetta salute, sarebbe morto ai primi di ottobre, cioè otto mesi più tardi: "Il Santo Padre, Papa Pio XII, sarà portato a dimorare con Noi all’inizio di ottobre di quest’anno. La Signora di Tutti i Popoli, la Corredentrice, Mediatrice e Avvocata lo condurrà alla beatitudine eterna".

La Madonna ha un dito sulle labbra e dice: "Di questo non dirai niente a nessuno"; ma il padre spirituale di Ida le chiede di lasciare il contenuto segreto di quel messaggio in una busta chiusa e di conservare una copia in casa della veggente. Pio XII, effettivamente, muore il 9 ottobre a Castelgandolfo. Ida va immediatamente a trovare il suo padre spirituale e gli mostra la copia di quel messaggio, con la profezia che si era realizzata.

ALTRI IMPORTANTI MESSAGGI

"‘Questa è una nuova colomba bianca; essa emana i suoi raggi in tutte le direzioni, perché il mondo sta vacillando...qualche altro anno e perirebbe. Ma Egli sta per arrivare: Egli rimetterà il mondo in ordine, ma... - la Signora fa una pausa - essi devono prestare ascolto’" (7 ottobre 1945).

"Lei [la Madonna; N.d.R.] appare estremamente triste…Disastri su disastri, disastri naturali! E caos politico. ‘Questo vale non solo per il tuo paese - dice la Signora - ma per il mondo intero’" (25 febbraio 1946).


"La Signora dice: La religione sarà oggetto di una dura lotta e si vuole calpestarla. Questo verrà fatto con una tale astuzia che a malapena se ne accorgeranno. Ma io sto avvisando’ - ha un espressione molto seria e indica il calice. D’un tratto le sento dire: ‘Christus Regnum’" (29 marzo1946).


"Sento dire alla Signora: Preannuncio un’altra grande catastrofe per il mondo […] Se solo le persone ascoltassero - e continua a scuotere la testa - ma non lo faranno!’. Poi percepisco un breve lasso di tempo e sento: ‘Per un breve periodo di tempo sembrerà che le cose vadano bene’.[...] Ci sarà una lotta a Roma contro il Papa. Vedo molti vescovi e sento una voce che dice: ‘Catastrofico!’" (9 giugno 1946).

"Nella mia mano si sviluppa un dolore e vedo America ed Europa l’una accanto all’altra. Dopo questo, vedo scritto: ‘Guerra economica, boicottaggio, crisi monetarie, catastrofi’. [...]

Ora vedo qualcosa che somiglia a un sigaro o a un siluro che mi passa accanto volando così veloce che riesco a malapena a scorgerlo. Il suo colore sembra quello dell’alluminio. Improvvisamente lo vedo aprirsi. [...] ho una quantità di sensazioni indefinibili. La prima è una perdita totale della sensibilità. Vivo e tuttavia non vivo.
Quindi vedo delle facce davanti a me (facce gonfie) coperte di spaventose ulcere, come se si trattasse di un qualche tipo di lebbra. Poi divento consapevole di terribili malattie (colera, ecc.)" (26 dicembre 1946).

"Vedo la Signora e lei dice: I diritti dell’uomo saranno il problema in questione. Entro breve tempo accadranno cose di un’enorme importanza. Saranno precedute da caos, confusione, dubbio, disordini e disperazione. Dense nubi incomberanno su San Pietro, che saranno disperse con molti conflitti e difficoltà’. Lei sottolinea: ‘Non riuscire a fare questo significherebbe la rovina. Tutti i cristiani devono unirsi nella solidarietà. Questo verrà realizzato solo con grande dolore e patimento. Unitevi, tutti voi, perché la battaglia comincia. Le porte sono aperte. I popoli orientali stanno tenendo le mani davanti alla faccia a Gerusalemme. Essi piangeranno e gemeranno sulla città con grande angoscia. C’è una grande fonte alla quale tutti voi potete lavarvi. Finché queste parole non avranno trovato piena accettazione nelle menti e nei cuori degli uomini, non ci sarà pace in vista’" (28 marzo 1948).


"Sa Roma qual'è il nemico che l’attende in agguato, come un serpente che nascostamente avanza nel mondo? Non mi riferisco solo al comunismo: ci sono ancora altri «profeti» che dovranno venire, falsi profeti!" (28 marzo 1951).


"Ho detto che verranno disastri, catastrofi naturali; ho detto che i grandi saranno in disaccordo tra di loro. Ho detto che il mondo è sulla via della rovina, ecco perché il Padre e il Figlio ora mandano la Signora nel mondo. La Signora che una volta era conosciuta come Maria. Il mondo è sulla strada della rovina, è già nella rovina. L’Olanda è sull’orlo di una completa degenerazione" (15 agosto 1951).


"«La Chiesa, Roma, dovrà affrontare un terribile combattimento. Prima dell’anno 2000 molto sarà cambiato nella Chiesa, la Comunità. Nonostante ciò, la sostanza resterà». Vedo le pecore correre confusamente intorno al mondo, e molte fuggono. La Signora me lo indica e dice: «Lo vedi? La Chiesa - le pecore - si sono sparpagliate, ed altre ancora fuggiranno, ma la Signora di tutti i Popoli le riunirà in un unico gregge»." (19 marzo 1952).

"Mi rivolgo a tutti voi quando dico: non avete idea di quanto siano seri e difficili questi tempi" (8 dicembre 1952).

"[...] la Signora adempirà alla sua promessa e verrà la vera pace. La vera pace, popoli, che è il Regno di Dio. Il Regno di Dio ora è più vicino che mai. Comprendete bene queste parole" (31 maggio 1955).

"Poi ho sentito una voce che diceva [...]: ‘Vai da Papa Paolo e digli in nome della Signora di Tutte le Nazioni: questo è l’ultimo avvertimento prima della fine del Concilio. La Chiesa di Roma corre il pericolo di uno scisma. Metti in guardia i tuoi sacerdoti. Fagli porre fine a quelle false teorie sull’Eucarestia, i sacramenti, la dottrina, il sacerdozio, il matrimonio e la pianificazione familiare. Sono stati sviati dallo spirito menzognero - da Satana - e confusi dalle idee del modernismo. Gli insegnamenti e le leggi divine sono valide per tutti i tempi e applicabili ad ogni periodo.

Mantieni il primato nelle tue mani. Afferra il significato di queste mie parole; la Chiesa di Roma deve rimanere la Chiesa di Roma.


Fai ciò che il Signore, inviando me, la Signora o Madre di Tutti i Popoli, esige da te. Tu sei il Papa che è stato prescelto per questo incarico. Fai recitare la preghiera davanti alla mia immagine e lo Spirito Santo verrà! Una Chiesa o un popolo senza una Madre è come un corpo senza un’anima. Questo periodo sta ora per terminare’" (31 maggio 1965).

Fonti:
alcune delle fonti sul Web utilizzate sono elencate nella Pagina dei links (V. Amsterdam);

conferenze di Padre Paul Maria Sigl del 31.05.97 e 31.05.98;

cfr. anche "Le apparizioni della Vergine Maria" di Paola Giovetti, Edizioni San Paolo.

Per maggiori informazioni sulle apparizioni di Amsterdam visita "La Signora di tutti i Popoli".

Il sito, che contiene la raccolta completa dei messaggi, è stato realizzato in collaborazione con Profezie per il Terzo Millennio