lunedì 27 aprile 2009

Sulla via di Damasco

Primo appuntamento con SAN PAOLO


Pubblichiamo le riflessioni di don Piero Tantucci (docente di Sacra Scrittura alla scuola di formazione teologica della diocesi di Macerata) sulla Conversione di san Paolo


ATTI 9,1-19 IL VIAGGIO DELLA VITA
[1] Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote [2] e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati. [3] E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo [4] e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?". [5] Rispose: "Chi sei, o Signore?". E la voce: "Io sono Gesù, che tu perseguiti! [6] Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare". [7] Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce ma non vedendo nessuno. [8] Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, [9] dove rimase tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevanda. [10] Ora c'era a Damasco un discepolo di nome Anania e il Signore in una visione gli disse: "Anania!". Rispose: "Eccomi, Signore!". [11] E il Signore a lui: "Su, và sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di Tarso; ecco sta pregando, [12] e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista". [13] Rispose Anania: "Signore, riguardo a quest'uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme. [14] Inoltre ha l'autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome". [15] Ma il Signore disse: "Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; [16] e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome". [17] Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: "Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo". [18] E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, [19] poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco.

Commento
Il viaggio che va da Gerusalemme a Damasco non è semplicemente una passeggiata che Paolo fa ma è la metafora della nostra esistenza. Il viaggio: questo tema lo troviamo sia nell’A.T. che nel N.T. La nostra vita è vista come una strada, un cammino, un viaggio che va dal nascere al morire. Damasco per certi versi rappresenta una meta, ma per altri versi rappresenta una realtà nuova. Paolo mentre era in viaggio, stava vivendo, la sua vita era tranquilla, nella religione ebraica, nella spiritualità ebraica, nella lettura della Sacra Scrittura e anche questa voglia di essere un credente fino in fondo: si dedica anima e corpo alla Parola di Dio, a Dio stesso. Va a Damasco per prendere alcuni cristiani perché ritiene che quello che questi cristiani stanno proponendo è qualcosa di non buono e quindi va chiarito. All’improvviso una luce dal cielo lo avvolse. Nel viaggio dell’esistenza può capitare una situazione che non hai mai pensato, una situazione che non avevi programmato (una malattia, un figlio che prende una strada impossibile, una sofferenza….) per dire che se è vero che da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra, è anche vero che come all’inizio Dio disse: sia la luce e luce fu, questo può avvenire anche nella nostra vita, nella nostra esistenza.
Di fronte a questa luce, come risponde l’uomo? Paolo ha un carattere molto forte: cade a terra, cioè si inginocchia, si prostra. Ogni volta che compare la luce di Dio nella Bibbia si dice che l’uomo cade a terra. Lo dice il profeta Daniele, lo dice Giovanni nell’Apocalisse. Di fronte alla luce di Dio non ci può essere che un mettersi in ascolto, un cadere di fronte a una realtà che ci sovrasta. Anche noi possiamo incontrare una luce, ma è probabile che la vita scorra via normale. Dovremmo sempre invocare questo incontro improvviso con una luce che ci aiuta a vedere la strada, a leggere un avvenimento, a leggere quello che sta accadendo. Ma è sufficiente il cadere a terra, l’arrendersi di fronte a una luce nuova, c’è bisogno di una voce. Con questo termine VOCE, la Scrittura indica in genere il TUONO che rappresenta la Voce stessa di Dio. Così infatti gli ebrei sentirono sul monte Sinai la voce. Anzi si dice VIDERO LA VOCE, talmente era intensa e profonda da essere percepita anche con gli occhi. Così Paolo, vede e sente una voce. Una voce che lo chiama per nome. Perché Dio non ci chiama genericamente, ci chiama con la nostra personalità, con la nostra identità, con il nostro io più profondo che spesso neanche noi conosciamo.
Come si presenta alla domanda che Paolo fa?
IO SONO…Io sono richiama il nome Santo di Dio; Io sono Colui che sono; Io sono Colui che è da sempre. Paolo capisce che è Dio stesso, nella figura di Gesù che si presentava a lui. Questa voce non lo rimprovera, se non per dire che stava facendo del male a Lui, quando faceva del male ai suoi discepoli. Nella nostra vita l’incontro con Dio non è mai un incontro pauroso, è un incontro che ci mostra qualcosa di nuovo, che forse non avevamo visto. La luce gli dice di alzarsi, di andare in città, dove gli sarà detto che cosa deve fare. Noi a volte fuorviati, urtati riguardo alla morale e all’etica non riusciamo a percepire quello che l’incontro ci propone: la Chiesa. Infatti questa voce aiuta e suggerisce l’ incontro con la comunità, con una persona: Ananìa. Saulo quando si alza apre gli occhi ma non vede nulla. Lui che aveva chiaro in mente tutta la sacra Scrittura (era stato alla scuola di Gamaliele), lui che leggeva e spiegava la Sacra Scrittura adesso non vede più nulla. Non vede più nulla perché ha bisogno di rimettere in sesto tutte le sue idee, tutta la sua fede. Per tre giorni circa rimase cieco (indica un tempo breve) e non prese nè cibo né bevanda. Il digiuno vuol dire liberarsi di tutto quello di cui si era riempito, c’era bisogno di risistemare. Noi stessi siamo talmente pieni di tutto che facciamo fatica alcune volte a cogliere e percepire nell’esistenza quotidiana qualche cosa di importante. Così la presenza di una piccola comunità, impaurita, rappresentata da Ananìa riesce comunque ad aiutare Paolo a riacquistare la vista, gli impone le mani (per indicare che gli comunica lo Spirito di Dio) e Gesù mediante lo Spirito Santo e attraverso questo segno povero di un uomo, di un catechista lo aiuta a ritrovare la vista. Negli Atti degli apostoli Paolo racconterà per ben tre volte questo incontro, perché ha segnato la sua vita.
Che cosa Paolo avrà visto in quella strada? Che cosa quella luce gli ha mostrato?
Leggendo le sue lettere possiamo capire che cosa ha visto.

2 commenti:

  1. Questa sera nella consueta trasmissione alla quale partecipo parleremo di "Testimoniare la Fede"... credo sarà interessante. Come al solito si può interverire attraverso il Blog. Ciao e buona giornata!

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  2. Grazie Paolo, seguirò la tua trasmissione con grande interesse!

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