lunedì 11 gennaio 2010

Il bisogno che abbiamo

Cari amici lettori, lo stile di vita che la mentalità di questo secolo ci porta a vivere, spesso provoca nel nostro cuore dei grandi vuoti che non riusciamo a colmare in nessun modo e ai quali non sappiamo dare un senso. Ci sentiamo affetti da una sorta di malttia spirituale di cui non conosciamo la causa, tanto meno la cura perché non conosciamo il medico giusto che ce la può proporre. E allora rimaniamo dei malati senza speranza a cui né la scienza, né il progresso possono porre rimedio. Ma di cosa abbiamo veramente bisogno? L'articolo che riporto di seguito lo dice molto chiaramente.


Lo aveva già detto Péguy che il mondo moderno, “laico, positivista e ateo, democratico, politico e parlamentare”, con la sua scienza e i suoi metodi moderni, credeva di essersi sbarazzato di Dio. “Mangiatori di buon Dio”, scriveva, è la formula popolare dei nostri demagoghi anticattolici che “hanno assorbito molto più di buoni Dei e di cattivi Dei di quanto non credano”. E noi post moderni? Ciò che rende grave la nostra condizione è l’insinuarsi nel cuore di questo modernismo intellettuale. È come il penetrare di una scheggia appuntita, sottile e acuminata che si nasconde tra le pieghe della pelle. Talvolta non si avverte neppure subito il dolore. Scoppia improvviso e costringe a fermarsi. Ma è proprio qui che si apre la possibilità di scoprire ciò che ci ha invaso, come un corpo estraneo, ingombrante, pesante come un macigno. È una strada in salita. Ma è la strada della salvezza. Scoprire il bisogno che abbiamo, da cui siamo costituiti, tanto che senza di quello non ci riconosciamo più, non sappiamo dire più niente di noi. Il volto umano è segnato da una domanda, appassionata e incuriosita di fronte al reale e poi di fronte a se stessi. Chi sono? Dove sto andando? Il modernismo del cuore è l’antidomanda, l’antistupore, il già saputo; quindi la povertà del pensiero, della ragione e della creatività che non trovano l’alimento necessario alla vita. All’inizio di un nuovo anno il primo, sentito augurio è che prendiamo coscienza del bisogno che siamo. È l’Epifania del Signore, la Sua manifestazione come la Verità che s’irraggia sul mondo, ad aprire l’anno. La luce della stella si offre a tutti come traccia da seguire per scoprire la risposta che il cuore, libero dall’ingombro della presunzione, cerca. Se siamo domanda è perché c’è una risposta. È la ragione che lo esige. Cosa si oppone a questa evidenza della ragione? La mancanza “di umiltà autentica e di coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme.” Lo ha ricordato il Papa celebrando la festa dell’Epifania e rileggendo il percorso dei Magi, “uomini di scienza in un senso ampio, che non si sono vergognati di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei”. Essi non hanno evitato, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” tra la Scienza e la Parola di Dio. Così hanno sperimentato l’armonia tra la ricerca umana, che li portava a scrutare gli astri e a conoscere la storia dei popoli, e la Parola di Dio. Hanno raggiunto la vera sapienza, quella che si “apre al Mistero che si manifesta in maniera sorprendente” e testimonia “l’unità tra l’intelligenza e la fede. Il nuovo anno ci trovi “autentici ricercatori della verità di Dio, capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, scienza e rivelazione”.

Fonte: CulturaCattolica.it domenica 10 gennaio 2010

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