lunedì 31 maggio 2010

Visitazione Beata Vergine Maria


Il mistero della Visitazione è il secondo dei misteri della gioia che contempliamo nel Santo Rosario. La Gioia di aver accolto Gesù nella Sua vita porta subito Maria a mettersi al servizio di sua cugina Elisabetta che è in attesa di Giovanni il battista.
Non si può accogliere il Signore nel proprio cuore senza sentire l'esigenza di servirlo attraverso i fratelli con cui si viene  quotidianamente a contatto. E' questa la missione del cristiano e lo è più che mai in questa epoca in cui tramettere la fede sta diventando un'impresa alquanto ardua. Affidiamo dunque a Maria tutti i missionari , il Papa, i vescovi , i sacerdoti e tutti noi che, come laici, collaboriamo al progetto di salvezza che Gesù Cristo realizza per mezzo della Chiesa Sua sposa. Il servizio è CARITA' ed è  la più grande manifestazione d'amore che dobbiamo al Signore.


 Maria si mise in viaggio, sollecita, verso la montagna;
alla voce del suo saluto, Elisabetta trasalì di gioia.




Dal Vangelo secondo Luca (1,39.44)
 "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?"

"In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che
debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
Allora Maria disse:
"L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
 ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre".
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore.

OMELIA
La seconda lettura ci rivela che Maria è regina della comunicazione e dell'accoglienza.
Il mistero della Visitazione, infatti, è il mistero della comunicazione mutua di due donne diverse per età, ambiente, caratteristiche e della rispettosa vicendevole accoglienza.
Due donne, ciascuna delle quali porta un segreto difficile a comunicare, il segreto più intimo e più profondo che una donna possa sperimentare sul piano della vita fisica: l'attesa di un figlio.
Elisabetta fatica a dirlo a causa dell'età, della novità, della stranezza.
Maria fatica perché non può spiegare a nessuno le parole dell'angelo. Se Elisabetta ha vissuto, secondo il Vangelo, nascosta per alcuni mesi nella solitudine, infinitamente più grande è stata la solitudine di Maria. Forse per questo parte "in fretta"; ha bisogno di trovarsi con qualcuno che capisca e da ciò che le ha detto l'angelo ha capito che la cugina è la persona più adatta. Quando si incontrano, Maria è regina nel salutare per
prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente, quella che dovrebbe avere ogni donna. Elisabetta si sente capita ed esclama: "Benedetta tu tra le donne".
Immaginiamo l'esultanza e lo stupore di Maria che si sente a sua volta compresa, amata, esaltata. Sente che la sua fede nella Parola è stata riconosciuta.
Il mistero della Visitazione ci parla quindi di una compenetrazione di anime, di un'accoglienza reciproca e discretissima, che non si logora con la moltitudine delle parole, che non richiede un eloquio fluviale ma che con semplici accenni di luci, di fiaccole nella notte, permette una comunicazione perfetta".
(Da La donna nel suo popolo, Ed. Ancora, 1984, pp.77ss)


domenica 30 maggio 2010

La Santissima Trinità



DOMENICA 30 MAGGIO 2010

DOMENICA DOPO PENTECOSTE

SANTISSIMA TRINITA’

Dal Vangelo  secondo Giovanni (16,12-15)

“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà”[1].

Commento a cura di Ermes Ronchi

Trinità: un solo Dio in tre persone. Dogma che non capisco, eppure liberante, perché mi assicura che Dio non è in se stesso solitudine, che l'oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d'amore. C'è in Dio reciprocità, scambio, superamento di sé, incontro, abbraccio. L'essenza di Dio è comunione. Il dogma della Trinità non è un trattato dove si cerca di far coincidere il Tre e l'Uno, ma è sorgente di sapienza del vivere: se Dio si realizza solo nella comunione, così sarà anche per l'uomo. I dogmi non sono astrazioni ma indicazioni esistenziali. In principio aveva detto: «Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza». L'uomo è creato non solo a immagine di Dio, ma ancor meglio ad immagine della Trinità. Ad immagine e somiglianza quindi della comunione, del legame d'amore. In principio a tutto, per Dio e per me, c'è la relazione. In principio a tutto, qualcosa che mi lega a qualcuno. «Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete portarne il peso». Gesù se ne va senza aver detto e risolto tutto. Ha fiducia in noi, ci inserisce in un sistema aperto e non in un sistema chiuso: lo Spirito vi guiderà alla verità tutta intera. La gioia di sapere, dalla bocca di Gesù, che non siamo dei semplici esecutori di ordini, ma - con lo Spirito - inventori di strade, per un lungo corroborante cammino. Che la verità è più grande delle nostre formule. Che in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga (Luis De Leon). Che nel Vangelo scopri nuovi tesori quanto più lo apri e lo lavori. La verità tutta intera di cui parla Gesù non consiste in formule o concetti più precisi, ma in una sapienza del vivere custodita nella vicenda terrena di Gesù. Una sapienza sulla nascita, la vita, la morte, l'amore, su me e sugli altri, che gli fa dire: «io sono la verità» e, con questo suggeritore meraviglioso, lo Spirito, ci insegna il segreto per una vita autentica: in principio a tutto ciò che esiste c'è un legame d'amore. L'uomo è relazione oppure non è. Allora capisco perché la solitudine mi pesa tanto e mi fa paura: perché è contro la mia natura. Allora capisco perché quando sono con chi mi vuole bene, sto così bene: perché realizzo la mia vocazione. La festa della Trinità è come uno specchio: del mio cuore profondo, e del senso ultimo dell'universo. Davanti alla Trinità mi sento piccolo e tuttavia abbracciato dal mistero. Abbracciato, come un bambino. Abbracciato dentro un vento in cui naviga l'intero creato e che ha nome comunione. (Letture: Proverbi 8,22-31; Salmo 8; Romani 5,1-5; Giovanni 16,12-15)

venerdì 28 maggio 2010

Il Papa ai vescovi




 «Risvegliamo la passione educativa»


Articolo tratto da Avvenire

Risvegliare nelle comunità cristiane la «passione educativa». Lo ha chiesto oggi Benedetto XVI ai vescovi italiani incontrandoli nella aula sinodale in Vaticano dove sono riuniti per l’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Il Papa ha sottolineato, andando a braccio, che sono due le sfide culturali di fronte alle quali si pongono oggi gli educatori. La prima è «la falsa idea di autonomia di se stessi» che si registra soprattutto nelle nuove generazioni quando invece è «essenziale» per la persona umana diventare se stessi in relazione al «tu e al noi».
L’uomo, infatti, ha proseguito Benedetto XVI, «è creato per il dialogo» e «solo l’incontro con il Tu e il noi apre l’io a se stesso». L’altra sfida è «lo scetticismo e il relativismo». Educare, ha detto oggi il Papa, non è «imporre» ma «aprire» la persona «al Tu di Dio». «Pur consapevoli del peso di queste difficoltà – ha concluso il Santo Padre -, non possiamo cedere alla sfiducia e alla rassegnazione. Educare non è mai stato facile, ma non dobbiamo arrenderci». «Risvegliamo piuttosto nelle nostre comunità quella passione educativa», che non si risolve in una didattica». «Educare è formare le nuove generazioni, perché sappiano entrare in rapporto con il mondo, forti di una memoria significativa».
«Non perdere mai la fiducia nei giovani». E’ l’altra indicazione data oggi ai vescovi italiani da papa Benedetto XVI, parlando loro del tema dell’eduzione. «La sete che i giovani portano nel cuore – ha detto il Papa - è una domanda di significato e di rapporti umani autentici, che aiutino a non sentirsi soli davanti alle sfide della vita».
I giovani hanno bisogno di «una compagnia sicura e affidabile, che si accosta a ciascuno con delicatezza e rispetto, proponendo valori saldi a partire dai quali crescere verso traguardi alti, ma raggiungibili».
Ecco perché la proposta cristiana passa «attraverso relazioni di vicinanza, lealtà e fiducia». Il papa ha quindi incoraggiato i presuli ad andare «incontro» ai giovani, «a frequentarne gli ambienti di vita, compreso quello costituito dalle nuove tecnologie di comunicazione, che ormai permeano la cultura in ogni sua espressione. Non si tratta di adeguare il Vangelo al mondo – ha detto il Papa -, ma di attingere dal Vangelo quella perenne novità, che consente in ogni tempo di trovare le forme adatte per annunciare la Parola che non passa, fecondando e servendo l’umana esistenza».
«La volontà di promuovere una rinnovata stagione di evangelizzazione non nasconde le ferite da cui la comunità ecclesiale è segnata, per la debolezza e il peccato di alcuni suoi membri», ha detto il papa. «Questa umile e dolorosa ammissione - ha proseguito - non deve, però, far dimenticare il servizio gratuito e appassionato di tanti credenti, a partire dai sacerdoti». Secondo il
Pontefice, «l'anno speciale a loro dedicato ha voluto costituire un'opportunità per promuoverne il rinnovamento interiore, quale condizione per un più incisivo impegno evangelico e ministeriale».
Nel contempo, ha proseguito, «ci aiuta anche a riconoscere la testimonianza di santità di quanti - sull'esempio del Curato d'Ars - si spendono senza riserve per educare alla speranza, alla fede e alla carità». In questa luce, ha aggiunto il Papa, «ciò che è motivo di scandalo, deve tradursi per noi in richiamo a un profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, dall'altra la necessità della giustizia».

lunedì 24 maggio 2010

Festa di Maria Ausiliatrice



Consacrazione e supplica a Maria Ausiliatrice


Santissima Vergine Maria, da Dio costituita Ausiliatrice dei Cristiani, noi Ti eleggiamo Signora e Padrona di questa casa.
Dègnati, Ti supplichiamo, di mostrare in essa il Tuo potente aiuto. Preservala da ogni danno: dal fuoco, dall'acqua, dal fulmine, dagli uragani, dai terremoti, dai ladri, dai cattivi, dalle incursioni, dalla guerra, e da tutte le altre calamità che Tu sai.
Benedici, proteggi, difendi, custodisci come cosa tua le persone che vivono e vivranno in essa: preservale da tutte le disgrazie e gli infortuni, ma soprattutto concedi loro l'importantissima grazia di evitare il peccato.
Maria, Aiuto dei Cristiani, prega per quanti abitano in questa casa che a Te si è consacrata per sempre.
Così sia




Da affiggere all'interno della porta di casa.

Tratto da: Preghiere

domenica 23 maggio 2010

Solennità di Pentecoste


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 14,15-16.23-26.

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.
Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Commento a cura di Ermes Ronchi
Viene lo Spirito, secondo il vangelo di Giovanni, leggero e quieto come un respiro: «Alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito santo» (Gv 20,22). Viene lo Spirito, nel racconto di Luca, come energia, coraggio, vento che spalanca le porte, e parole di fuoco (Atti 2,2ss). Viene lo Spirito, nell'esperienza di Paolo, come dono, bellezza, genio diverso per ciascuno (Gal 5,22). Tre modi diversi, per dire che lo Spirito conosce e feconda tutte le strade della vita, rompe gli schemi, è energia imprudente, non dipende dalla storia ma la fa dipendere dal suo vento libero e creativo. La liturgia ambrosiana prega così: «O Dio, che hai mandato lo Spirito, effusione ardente della tua vita d'amore». Lo Spirito è il debordare di un amore che preme, dilaga, si apre la strada verso il cuore dell'uomo. Effusione di vita: Dio effonde vita. Non ha creato l'uomo per reclamarne la vita, ma per risvegliare la sorgente sommersa di tutte le sue energie. Effusione ardente: lo Spirito porta in dono il bruciore del cuore dei discepoli di Emmaus, l'alta temperatura dell'anima che si oppone all'apatia del cuore. Meraviglia del primo giorno: «com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?» Lo Spirito di Dio si rivolge a quella parte profonda, nativa, originaria che è in ciascuno e che viene prima di tutte le divisioni di razza, nazione, ricchezza, cultura, età. La lingua nativa di ogni uomo è l'amore. Lo Spirito non solo ricompone la frattura di Babele, fa di più: parla la lingua comune, di festa e di dolore, di stanchezza e di forza, di pace e sogno d'amore. La Parola di Dio diventa mia lingua, mia passione, mia vita, mio fuoco. Ci fa tutti vento nel Vento. Nella Messa di Pentecoste, ripeteremo parole tra le più forti della Bibbia: del tuo Spirito Signore è piena la terra (salmo 103). È piena. Tutta la terra. Ogni creatura. È piena anche se non è evidente, anche se ci appare piena invece di ingiustizia, di sangue, di follia. È un atto di fede che porta gioia e fiducia in tutti gli incontri. Il mondo è un immenso santuario. Egli è qui, sugli abissi del mondo e in quelli del cuore. Anche se ci pare impossibile. Entra per porte chiuse, per fessure quasi invisibili, mette in moto, suscita energie. Guardati attorno, ascolta gli abissi del cosmo e il respiro del cuore: la terra è piena di Dio. Cerca la bellezza salvatrice, l'amore in ogni amore. Piena è la terra. E instancabile il respiro di Dio porta pollini di primavera e disperde le ceneri della morte. (Letture: Atti 2, 1-11; Salmo 103; Romani 8, 8-17; Giovanni 14, 15-16. 23-26)



sabato 22 maggio 2010

Santa Rita da Cascia

PATRONA DEI CASI IMPOSSIBILI E DISPERATI

Rita nacque presumibilmente nell'anno 1381 a Roccaporena, un villaggio situato nel comune di Cascia in provincia di Perugia, da Antonio Lotti e Amata Ferri. I suoi genitori erano molto credenti e la situazione economica non era agiata ma decorosa e tranquilla.
La storia di S. Rita fu ricolma di eventi straordinari e uno di questi si mostrò nella sua infanzia.
La piccina, forse lasciata per qualche momento incustodita nella culla in campagna mentre i genitori lavoravano la terra, fu circondata da uno sciame di api. Questi insetti ricoprirono la piccola ma stranamente non la punsero. Un contadino, che nel contempo si era ferito alla mano con la falce e stava correndo a farsi medicare, si trovò a passare davanti al cestello dove era riposta Rita. Viste le api che ronzavano attorno alla bimba, prese a scacciarle ma, con grande stupore, a mano a mano che scuoteva le braccia per scacciarle, la ferita si rimarginava completamente.
La tradizione ci tramanda che Rita aveva una precoce vocazione religiosa e che un Angelo scendeva dal cielo a visitarLa quando si ritirava a pregare in un piccolo sottotetto.

S. RITA ACCETTA DI ESSERE SPOSA
Rita avrebbe desiderato farsi monaca tuttavia ancor giovanetta (circa a 13 anni) i genitori, oramai anziani, la promisero in sposa a Paolo Ferdinando Mancini, un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale. S. Rita, abituata al dovere non oppose resistenza e andò in sposa al giovane ufficiale che comandava la guarnigione di Collegiacone, presumibilmente verso i 17-18 anni, cioè intorno al 1397-1398.
Dal matrimonio fra Rita e Paolo nacquero due figli gemelli maschi; Giangiacomo Antonio e Paolo Maria che ebbero tutto l'amore, la tenerezza e le cure dalla mamma. Rita riuscì con il suo tenero amore e tanta pazienza a trasformare il carattere del marito e a renderlo più docile.
La vita coniugale di S. Rita, dopo 18 anni, fu tragicamente spezzata con l'assassinio del marito, avvenuto in piena notte, presso la Torre di Collegiacone a qualche chilometro da Roccaporena mentre tornava a Cascia.

IL PERDONO
Rita fu molto afflitta per l'atrocità dell'avvenimento, cercò dunque rifugio e conforto nell'orazione con assidue e infuocate preghiere nel chiedere a Dio il perdono degli assassini di suo marito.
Contemporaneamente S. Rita intraprese un'azione per giungere alla pacificazione, a partire dai suoi figlioli, che sentivano come un dovere la vendetta per la morte del padre.
Rita si rese conto che le volontà dei figli non si piegavano al perdono, allora la Santa pregò il Signore offrendo la vita dei suoi figli, pur di non vederli macchiati di sangue. "Essi moriranno a meno di un anno dalla morte del padre"..
Quando S. Rita rimase sola, aveva poco più di 30 anni e senti rifiorire e maturare nel suo cuore il desiderio di seguire quella vocazione che da giovinetta aveva desiderato realizzare.

S. RITA DIVENTA MONACA
Rita chiese di entrare come monaca nel Monastero di S. Maria Maddalena, ma per ben tre volte non fu ammessa, in quanto vedova di un uomo assassinato.
La leggenda narra che S. Rita riuscì a superare tutti gli sbarramenti e le porte chiuse grazie all'intercessione di: S. Giovanni Battista, S. Agostino e S. Nicola da Tolentino che l'aiutarono a spiccare il volo dallo " Scoglio" fino al Convento di Cascia in un modo a Lei incomprensibile. Le monache convinte dal prodigio e dal suo sorriso, la accolsero fra di loro e qui Rita vi rimase per 40 anni immersa nella preghiera.

IL MIRACOLO SINGOLARE DELLA SPINA
Era il Venerdì Santo del 1432, S. Rita tornò in Convento profondamente turbata, dopo aver sentito un predicatore rievocare con ardore le sofferenze della morte di Gesù e rimase a pregare davanti al crocefisso in contemplazione. In uno slancio di amore S. Rita chiese a Gesù di condividere almeno in parte la Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: S. Rita fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpi alla fronte. Fu uno spasimo senza fine. S. Rita portò in fronte la piaga per 15 anni come sigillo di amore.

VITA DI SOFFERENZA
Per Rita gli ultimi 15 anni furono di sofferenza senza tregua, la sua perseveranza nella preghiera la portava a trascorrere anche 15 giorni di seguito nella sua cella "senza parlare con nessuno se non con Dio", inoltre portava anche il cilicio che le procurava sofferenza, per di più sottoponeva il suo corpo a molte mortificazioni: dormiva per terra fino alla fine quando si ammalo e rimase inferma negli ultimi anni della sua vita.

IL PRODIGIO DELLA ROSA
A circa 5 mesi dal trapasso di Rita, un giorno di inverno con la temperatura rigida e un manto nevoso copriva ogni cosa, una parente le fece visita e nel congedarsi chiese alla Santa se desiderava qualche cosa, Rita rispose che avrebbe desiderato una rosa dal suo orto. Tornata a Roccaporena la parente si reco nell'orticello e grande fu la meraviglia quando vide una bellissima rosa sbocciata, la colse e la portò a Rita.
Cosi S. Rita divenne la Santa della "Spina" e la Santa della "Rosa".
S. Rita prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si spanse per tutto il Monastero e dalla sua camera si vide risplendere una luce luminosa come se vi fosse entrato il Sole. Era il 22 Maggio del 1447.
S. Rita da Cascia è stata beatificata ben 180 anni dopo il suo decesso e proclamata Santa a 453 anni dalla sua morte.

Preghiera
                                                                  
O cara santa Rita
nostra Patrona anche nei casi impossibili e Avvocata nei casi disperati,
fate che Dio mi liberi dalla mia presente afflizione.......,
e allontani l'ansietà, che preme così forte sopra il mio cuore.

Per l'angoscia, che voi sperimentaste in tante simili occasioni,
abbiate compassione della mia persona a voi devota,
che confidentemente domanda il vostro intervento
presso il Divin Cuore del nostro Gesù Crocifisso.

O cara Santa Rita,
guidate le mie intenzioni
in queste mie umili preghiere e ferventi desideri.

Emendando la mia passata vita peccatrice
e ottenendo il perdono di tutti i miei peccati,
ho la dolce speranza di godere un giorno
Dio in paradiso insieme con voi per tutta l'eternità.
Così sia.

Santa Rita, Patrona dei casi disperati, pregate per noi.
Santa Rita, Avvocata dei casi impossibili, intercedete per noi.

3 Pater, Ave e Gloria.

martedì 18 maggio 2010

Una speranza più forte delle macerie umane



Alcuni giorni fa l'editoriale SamizdatOnline riportava un articolo a mio avviso molto significativo per i tempi che stiamo vivendo  in cui tutto sembra essere negativo e senza speranza. Ma è veramente così?  Il Vangelo ci insegna che il limite che Dio ha posto al male è il BENE, ma esso va ricercato e praticato...

ICONE DEL BENE - ICONE DEL MALE

Sono giorni drammatici: quello che accade, sia per la responsabilità dell’uomo, sia per l’agire della natura, sembra rendere la vita in qualche modo più instabile. Le notizie – da qualunque fonte provengano – non ci lasciano tranquilli. Dalla crisi economica (dove quanto accade sembra rispondere ad una occulta regia) alle catastrofi della natura violata (le cui conseguenze comunque sembra che dobbiamo pagarle solo noi, mai i veri responsabili); dall’odio anticristiano ai comportamenti immorali da cui neppure alcuni vescovi vanno esenti. Ma la serie di tragedie morali ed umane non sembra mai finire (mi rimangono davanti agli occhi il caso di quel neonato abortito lasciato morire – in ospedale – di una lunga agonia, e di quel bambino appena nato lanciato dalla madre dalla finestra, per nascondere la relazione adulterina da lei vissuta). E tutto questo sembra non generare una riscossa di cambiamento, almeno a guardare alcuni mezzi di comunicazione sociale.
Sembra che le «icone del male» abbiano purtroppo il sopravvento, e che la speranza sia destinata a morire, o ad essere relegata ad una nostalgia impotente. Peggio ancora, sembra che si voglia dare spazio al male individuando nel passato cristiano non la radice di un bene, di una vera civiltà, ma la ragione di quanto di negativo succede. E alcuni siti sembra proprio che sappiano comunicare solo questo disprezzo per il cristianesimo, per la sua storia, per la Chiesa (questa neppure nominata, se non come sigla).
Noi siamo forti delle «icone del bene» e in tutti i modi vogliamo dare voce a quanto, sia nel presente che nel passato, possa contribuire a ridare energia all’uomo e al suo cuore ferito.
Tra noi avranno sempre spazio le testimonianze di chi «vince il male con il bene», come ricordava san Paolo. Di chi non si arrende di fronte allo sfascio generale. Di chi sceglie di essere testimonial della vita piuttosto che della morte. E non smetteremo neppure di chiamare male il male, ancorché non «politically correct».
Così, di fronte a chi esalta la scelta di Beppino Englaro di dare la morte alla figlia come atto di rispetto della libertà, ricorderemo l’eroismo di Lucrezia ed Ernesto Tresoldi, che hanno permesso al figlio Massimiliano di ricominciare a vivere (e ringrazieremo per nome chi ci ha fatto conoscere questa storia, sia Fabio Cavallari, su Tempi, sia Lucia Bellaspiga e Pino Ciociola con il libro dell’Ancora-Avvenire).
E di fronte a chi ci presenta la figura di Ipazia come segno, come icona della “Chiesa contro la donna e la scienza”, continueremo a ricordare la grande Ildegarda di Bingen (che i tanti professori di storia si accaniscono a dimenticare): medico, filosofo, badessa, scienziata, artista, naturalista, poetessa e musicista…
E a chi vuole farci pensare alla Chiesa cattolica come la multinazionale del vizio, continueremo ad indicare i tanti sacerdoti educatori che hanno saputo fare crescere centinaia di giovani nel gusto della vita, nel culto della verità, nella capacità di servizio. Anche se continueranno a non fare notizia. Ma lo sono già - «buona notizia» - nei nostri cuori.
C’è solo una speranza: che le «icone del bene» abbiano, insieme alla forza straordinaria della bontà e della bellezza, uomini e donne che le sappiano valorizzare nella loro innata forza culturale. Mi ha sempre confortato quanto diceva tempo fa don Giussani: «Mi apparve allora chiaro che una tradizione, o in genere un’esperienza umana, non possono sfidare la storia, non possono sussistere nel fluire del tempo, se non nella misura in cui giungono ad esprimersi ed a comunicarsi secondo modi che abbiano una dignità culturale». E Giovanni Paolo II aggiungeva: «Una fede che non diviene cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». A noi questo insegnamento è chiaro!


Riporto una bella riflessione che mi è pervenuta via e-mail

Leggendo questo aricolo  ho riflettuto facendo alcune considerazioni: il male che ci circonda è tanto perchè il diavolo lavora e trova collaboratori per realizzare il suo progetto. E pur dovendo chiamare male il male vale a dire: la pedofilia, la violenza fisica e psicologica, il commercio di droga, di armi, di esseri umani, la mafia, la corruzione, la violazione dei diritti umani, le unioni omosessuali, lo sfruttamento della prostituzione, lo sfruttamento indiscriminato della natura a danno delle popolazioni più povere.......... non dobbiamo cadere nella paura, e nella convinzione di non poterlo combattere (anche questo fa il diavolo). Intanto parlare sempre e solo del male fa male e allora dovremmo abituarci ad essere più positivi cercando sempre di raccontare il bello che c'è nella vita di tante persone e anche nella nostra. Questo però lo può fare ogni uomo di buona volontà mentre ai cristiani si chiede un po' di più e allora ascoltiamo quello che il Papa ha detto a Fatima ieri anniversario della 1 apparizione:
"Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. Qui rivive quel disegno di Dio che interpella l'umanità sin dai suoi primordi: . L'uomo ha potuto scatenare un ciclo di morte e di terrore, ma non riesce ad interromperlo....Nella Sacra Scrittura appare frequentemente che Dio sia alla ricerca di giusti per salvare la città degli uomini e lo stesso fa qui in Fatima, quando la Madonna domanda: " E allora dovremmo fare della nostra vita un offerta al Signore, come hanno fatto i tre pastorelli, per combattere con Lui il male del mondo. Che la Madonna ci dia la forza di farlo ogni giorno.
 Margherita

Al riguardo sono graditi interventi ed altre riflessioni, grazie!





lunedì 17 maggio 2010

Il Papa all'Angelus

Pubblico il discorso che il nostro amato Pontefice ha pronunciato in Piazza San Pietro domenica  16 Maggio 2010, festa dell'Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo al cielo.
Benedetto XVI ha detto che  «Il peccato è il nemico da combattere», ma oggi sembra proprio che la maggior parte degli uomini e delle donne non sappiano più cosa esso sia. 
Preghiamo Maria perché Gesù possa entrare anche nelle porte chiuse del cuore di tutti coloro che non hanno il coraggio della fede e che hanno perso la speranza in Dio e la fiducia nella Chiesa.

Ecco il testo integrale

Cari fratelli e sorelle,
oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra l’Ascensione di Gesù al Cielo, che avvenne il quarantesimo giorno dopo la Pasqua. In questa domenica ricorre, inoltre, la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema: "Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola". Nella liturgia si narra l’episodio dell’ultimo distacco del Signore Gesù dai suoi discepoli (cfr Lc 24,50-51; At 1,2.9); ma non si tratta di un abbandono, perché Egli rimane per sempre con loro - con noi - in una forma nuova. San Bernardo di Chiaravalle spiega che l’ascensione al cielo di Gesù si compie in tre gradi: "il primo è la gloria della risurrezione, il secondo il potere di giudicare e il terzo sedersi alla destra del Padre" (Sermo de Ascensione Domini, 60, 2: Sancti Bernardi Opera, t. VI, 1, 291, 20-21). Tale evento è preceduto dalla benedizione dei discepoli, che li prepara a ricevere il dono dello Spirito Santo, affinché la salvezza sia proclamata ovunque. Gesù stesso dice loro: "Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" (cfr Lc 24,47-49).
Il Signore attira lo sguardo degli Apostoli - il nostro sguardo - verso il Cielo per indicare come percorrere la strada del bene durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è vicino a ciascuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a cui è negato il diritto alla vita. Possiamo ascoltare, vedere e toccare il Signore Gesù nella Chiesa, specialmente mediante la Parola e i sacramenti. A tale proposito, esorto i ragazzi e i giovani che in questo tempo pasquale ricevono il sacramento della Cresima, a restare fedeli alla Parola di Dio e alla dottrina appresa, come pure ad accostarsi assiduamente alla Confessione e all’Eucaristia, consapevoli di essere stati scelti e costituiti per testimoniare la Verità. Rinnovo poi il mio particolare invito ai fratelli nel Sacerdozio, affinché "nella loro vita e azione si distinguano per una forte testimonianza evangelica" (Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale) e sappiano utilizzare con saggezza anche i mezzi di comunicazione, per far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo (cfr Messaggio XLVI G.M. Com. Soc., 24 gennaio 2010).
Cari fratelli e sorelle, il Signore, aprendoci la via del Cielo, ci fa pregustare già su questa terra la vita divina. Un autore russo del Novecento, nel suo testamento spirituale, scriveva: "Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, … intrattenetevi … col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete" (N. Valentini - L. Žák [a cura], Pavel A. Florenskij. Non dimenticatemi. Le lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Milano 2000, p. 418). Ringrazio la Vergine Maria, che nei giorni scorsi ho potuto venerare nel Santuario di Fatima, per la sua materna protezione durante l’intenso pellegrinaggio compiuto in Portogallo. A Colei che veglia sui testimoni del suo diletto Figlio rivolgiamo con fiducia la nostra preghiera.

DOPO IL REGINA CÆLI
Grazie per questa vostra presenza e fiducia, grazie! Quest’oggi il mio primo saluto va ai fedeli laici venuti da tutta Italia, e al Cardinale Angelo Bagnasco che li accompagna come Presidente della Conferenza Episcopale. Vi ringrazio di cuore, cari fratelli e sorelle, per la vostra calorosa e nutrita presenza! Raccogliendo l’invito della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali, avete aderito con entusiasmo a questa bella e spontanea manifestazione di fede e di solidarietà, a cui partecipa pure un consistente gruppo di parlamentari e amministratori locali. A tutti desidero esprimere la mia viva riconoscenza. Saluto anche le migliaia di immigrati, collegati con noi da Piazza San Giovanni, con il Cardinale Vicario Agostino Vallini, in occasione della "Festa dei Popoli". Cari amici, voi oggi mostrate il grande affetto e la profonda vicinanza della Chiesa e del popolo italiano al Papa e ai vostri sacerdoti, che quotidianamente si prendono cura di voi, perché, nell’impegno di rinnovamento spirituale e morale possiamo sempre meglio servire la Chiesa, il Popolo di Dio e quanti si rivolgono a noi con fiducia. Il vero nemico da temere e da combattere è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa. Viviamo nel mondo - dice il Signore - ma non siamo del mondo (cfr Gv 17, 14), anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell’amore, nel servizio. E’ quello che la Chiesa, i suoi ministri, unitamente ai fedeli, hanno fatto e continuano a fare con fervido impegno per il bene spirituale e materiale delle persone in ogni parte del mondo. E’ quello che specialmente voi cercate di fare abitualmente nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti: servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo. Proseguiamo insieme con fiducia questo cammino, e le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza. E’ bello vedere oggi questa moltitudine in Piazza San Pietro come è stato emozionante per me vedere a Fatima l’immensa moltitudine, che, alla scuola di Maria, ha pregato per la conversione dei cuori. Rinnovo oggi questo appello, confortato dalla vostra presenza così numerosa! Grazie!

giovedì 13 maggio 2010

Fatima

Festa della Madonna

Pubblico La preghiera del Papa alla Madonna di Fatima: "tutti affido e consacro a te"


“Eccomi come un figlio che viene a visitare sua Madre e lo fa in compagnia di una moltitudine di fratelli e sorelle” per “presentare al tuo Cuore Immacolato le gioie e le speranze nonché i problemi e le sofferenze di ognuno di questi tuoi figli e figlie”: sono queste alcune parole della preghiera di affidamento elevata dal Papa a Maria nella Cappella delle Apparizioni presso il Santuario di Nostra Signora di Fatima. Benedetto XVI si è raccolto in ginocchio davanti all’immagine della Madonna e ha offerto una Rosa d’Oro alla Vergine. Ha ricordato il grazie di Giovanni Paolo II alla Madonna di Fatima, “quella mano invisibile”, per averlo salvato dall’attentato del 13 maggio 1981. Quindi ha ringraziato “anche tutti coloro che, ogni giorno, pregano per il Successore di Pietro e per le sue intenzioni affinché il Papa sia forte nella fede, audace nella speranza e zelante nell’amore”. Ecco il testo della preghiera del Papa alla Madonna di Fatima:

Signora Nostra
e Madre di tutti gli uomini e le donne,
eccomi come un figlio
che viene a visitare sua Madre
e lo fa in compagnia
di una moltitudine di fratelli e sorelle.
Come successore di Pietro,
a cui fu affidata la missione
di presiedere al servizio
della carità nella Chiesa di Cristo
e di confermare tutti nella fede
e nella speranza,
voglio presentare al tuo
Cuore Immacolato
le gioie e le speranze
nonché i problemi e le sofferenze
di ognuno di questi tuoi figli e figlie
che si trovano nella Cova di Iria
oppure ci accompagnano da lontano.

Madre amabilissima,
tu conosci ciascuno per il suo nome,
con il suo volto e la sua storia,
e a tutti vuoi bene
con la benevolenza materna
che sgorga dal cuore stesso di Dio Amore.
Tutti affido e consacro a te,
Maria Santissima,
Madre di Dio e nostra Madre.

Il Venerabile Papa Giovanni Paolo II,
che ti ha visitato per tre volte, qui a Fatima,
e ha ringraziato quella «mano invisibile»
che lo ha liberato dalla morte
nell’attentato del tredici maggio,
in Piazza San Pietro, quasi trenta anni fa,
ha voluto offrire al Santuario di Fatima
un proiettile che lo ha ferito gravemente
e fu posto nella tua corona di Regina della Pace.
È di profonda consolazione
sapere che tu sei coronata
non soltanto con l’argento
e l’oro delle nostre gioie e speranze,
ma anche con il «proiettile»
delle nostre preoccupazioni e sofferenze.

Ringrazio, Madre diletta,
le preghiere e i sacrifici
che i Pastorelli
di Fatima facevano per il Papa,
condotti dai sentimenti
che tu hai ispirato loro nelle apparizioni.
Ringrazio anche tutti coloro che,
ogni giorno,
pregano per il Successore di Pietro
e per le sue intenzioni
affinché il Papa sia forte nella fede,
audace nella speranza e zelante nell’amore.

Madre diletta di tutti noi,
consegno qui nel tuo Santuario di Fatima,
la Rosa d’Oro
che ho portato da Roma,
come omaggio di gratitudine del Papa
per le meraviglie che l’Onnipotente
ha compiuto per mezzo di te
nei cuori di tanti che vengono pellegrini
a questa tua casa materna.
Sono sicuro che i Pastorelli di Fatima
i Beati Francesco e Giacinta
e la Serva di Dio Lucia di Gesù
ci accompagnano in quest’ora di supplica e di giubilo.








mercoledì 12 maggio 2010

Dunque il “quarto” segreto c’era …

Articolo tratto da "lo Straniero" - Il blog di Antonio Socci

12 maggio 2010 / In News

L’avevo detto! Quanto ho scritto su Fatima e lo scandalo pedofilia ieri ha ricevuto la conferma più autorevole che si possa immaginare: quella del Papa in persona.
Il 2 aprile scorso – venerdì santo, nel pieno della tempesta – sulla prima pagina di questo giornale firmai un articolo che aveva questo titolo: “Il calvario del Papa predetto a Fatima”.
E la settimana scorsa sul sito di “Panorama” una mia intervista con gli stessi argomenti è uscita così titolata: “Scandalo pedofilia nella Chiesa: ‘Fatima aveva previsto tutto’ ”.
Alcuni sciocchi mi hanno preso per visionario. Ma, ieri, papa Benedetto XVI, sull’aereo che lo stava portando a Fatima, ha fatto dichiarazioni che sul sito del Corriere della sera sono uscite con questo titolo: “Pedofilia nel terzo segreto di Fatima. Le parole del Papa in volo per Lisbona”. Anche sul sito di Repubblica: “Fatima lo aveva previsto”.
Una conferma clamorosa. Ora però si apre un altro capitolo. Perché le dichiarazioni del Papa riportano d’attualità tutto il dossier relativo al “terzo segreto”, scombussolando la cosiddetta “versione ufficiale” data nel 2000 che mai è stata ritenuta “ufficiale” né da Ratzinger né da papa Wojtyla, ma che è stata trasformata in dogma da improvvisati pasticcioni e da mass media superficiali.
In che senso dico che rimette in discussione quella versione? Perché l’idea che è stata fatta passare è quella secondo cui il terzo segreto di Fatima prediceva l’attentato a Giovanni Paolo II del 1981 e le persecuzioni del XX secolo cosicché – si è detto e ripetuto – tutta la profezia si sarebbe ormai realizzata e conclusa nel XX secolo.
Ho già dettagliatamente spiegato nel libro “Il quarto segreto di Fatima” (Rizzoli) che questa versione delle cose non convince oltretutto perché il Papa della visione cadeva a terra morto, mentre papa Wojtyla, grazie al cielo, non morì. Inoltre perché, nella visione, il martirio della Chiesa seguiva quello del Papa, non lo precedeva.
Per quel libro ho dovuto subire molti colpi bassi. Ora però è lo stesso Benedetto XVI che viene a dirci qualcosa di sorprendente, che riapre la discussione nella direzione che ho provato a indagare e che i documenti suggeriscono. Vediamo perché.
La domanda a cui il Papa ha scelto di rispondere (ne erano state fatte diverse e questa è stata scelta) diceva: “Santità, quale significato hanno oggi per noi le apparizioni di Fatima? Quando lei presentò il testo del Terzo segreto, nella sala stampa vaticana, nel giugno 2000, le fu chiesto se il messaggio poteva essere esteso, al di là dell’attentato a Giovanni Paolo II, anche alle altre sofferenze dei papi. È possibile secondo lei, inquadrare anche in quella visione le sofferenze della Chiesa di oggi per i peccati degli abusi sessuali sui minori?”.

Ecco la risposta di ieri di Benedetto XVI:
“Solo nel corso della storia possiamo vedere tutta la profondità, che era, diciamo, era vestita in questa visione possibile alle persone concrete. Oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in sostanza riferire a Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Cioè è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta nella Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano (…).
Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa (…). Oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa”.

Abbiamo sintetizzato la risposta del Papa. Ma ce n’è a sufficienza per riflettere a lungo. Intanto pare evidente che per Benedetto XVI il Segreto di Fatima non è una profezia già conclusa con l’attentato del 1981 a Wojtyla, ma è tuttora in corso.
Infatti, dice esplicitamente Benedetto XVI, nella visione “sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano”.
Fra le “novità” che scopriamo oggi (il Papa dice proprio “novità”) c’è quella sconvolgente per cui le sofferenze della Chiesa, “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa” e “oggi lo vediamo in modo realmente terrificante”.
Questo contraddice l’interpretazione che tanti dettero nel 2000, che invece parlava solo delle persecuzioni che vengono da fuori. Ma è molto più aderente alla visione dei tre pastorelli, soprattutto alla prima parte così descritta da suor Lucia: “il Santo Padre, prima di arrivarvi (alla croce e al martirio, nda), attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino”.
Era evidentemente un errore colossale interpretare la “città mezza in rovina” e i “cadaveri” come simbolo delle persecuzioni, perché i martiri non avrebbero avuto bisogno di preghiere e perché il martirio della Chiesa, nella visione, segue quello del Papa: la città mezza in rovina e i cadaveri per le cui anime il Papa pregava soffrendo descrivevano piuttosto la situazione della Chiesa definita “terrificante” da papa Ratzinger, cioè la Chiesa oppressa dal peccato e dall’apostasia dei suoi membri. La Chiesa di oggi.
Tutto questo porta inevitabilmente a ritenere però che il martirio, del Papa (che sarà veramente ammazzato) e della Chiesa, sia da collocarsi nel futuro, che debba ancora realizzarsi.
E porta ancora una volta a ritenere che le sconvolgenti parole della Via Crucis del 25 marzo 2005, quelle sulla “sporcizia nella Chiesa”, sui sacrilegi e sulla barca che sta per affondare, parole scritte e volute da Joseph Ratzinger e Karol Wojtyla, fossero in realtà la rivelazione (sia pure non dichiarata) della parte del “terzo segreto” che nel 2000 non fu svelata, la parte cioè contenente le parole della Madonna stessa, a commento della visione.
Su questa parte gravava un giudizio negativo di Giovanni XXIII (che sospettava fossero parole di Lucia e non della Madonna), giudizio confermato da Paolo VI.
Evidentemente Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger – che intendevano esaudire la richiesta della Madonna di rendere pubblico il messaggio, ma non volevano smentire pubblicamente i predecessori (pur constatando l’autenticità anche della seconda parte) – decisero di far conoscere attraverso quella Via Crucis al popolo cristiano tutto il messaggio della Madonna.
E’ assai significativo che questo pellegrinaggio a Fatima di Benedetto XVI avvenga oggi. Non si recò al santuario nel 2007, per l’anniversario delle apparizioni, quando sarebbe stato più ovvio.
Ma ci si reca oggi, a ridosso della tempesta scandalistica sulla pedofilia nella Chiesa e lo fa con tre intenzioni assai significative: pregare per la Chiesa, per i sacerdoti e per la pace nel mondo. Tre temi che tutti portano al terzo segreto.
Ora forse certe forze della Curia cercheranno di evitare che queste dichiarazioni, così esplicite, del Papa vengano comprese nella loro portata e magari da lui replicate.
Ma lo scandalo pedofilia ha fatto chiaramente emergere la grande lezione del Papa: non avere paura della verità. Mai. Neanche quando è una verità dolorosa e perfino se è una verità vergognosa per la Chiesa (non a caso il suo motto episcopale è: “Cooperatores Veritatis”).
Ieri il Papa ha concluso così: “la Chiesa ha quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono, la conversione, la preghiera. Sempre il male attacca, dall’interno e dall’esterno, ma sempre anche le forze del bene sono presenti e finalmente il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia. La bontà di Dio è sempre l’ultima parola della storia”.
Antonio Socci




domenica 9 maggio 2010

Auguri a tutte le mamme!!!


Ad una Mamma come Maria!


Madonna madre nostra,

inevitabilmente Ti cerco

negli spazi felici

dello scorrere vorticoso

dei corsi d'acqua,

dei prati fioriti,

delle montagne innevate,

come Ti cerco negli spazi difficili

della vita quotidiana,

dove tante volte

è difficile credere

all'amore disinteressato,

ma vedendoTi anche lì,

tutto s'illumina chiaro

come limpido giorno d'estate

e nasce sicuro

il desiderio d'inginnochiarsi

davanti a tanta giustizia e dolcezza.

(Armando Mondin)

VI domenica di Pasqua

VANGELO (Gv 14,23-29)
Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse :
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Commento di Pietro Diletti
Siamo alla conclusione del primo discorso di addio o di consolazione, e Gesù non solo promette lo Spirito Santo ma anche la venuta Sua e del Padre ad abitare tra i suoi discepoli. Si realizza così la vera presenza di Dio tra gli uomini e la possibilità per essi di accedere a Dio. Tale comunione, che rende possibile quella con i fratelli, è nata dal fatto che Gesù, mediante la Sua morte volontaria, è ritornato al Padre. In particolare, la venuta dello Spirito Santo ha la funzione di insegnare e ricordare quello che Gesù ha detto e di comprenderlo sempre di più e meglio. E' questa la missione del Consolatore entro l'arco di tempo che va dalla Ascensione di Gesù al Padre e il Suo ritorno nella Parusia alla fine dei tempi. Lo Spirito che insegna ogni cosa darà la chiarezza di visione e di pensiero necessaria a coloro che hanno il mandato di "reggere" la Chiesa di Dio, perché cammini e cresca nella carità. dagli avvenimenti della Chiesa apostolica alle situuazioni presenti nella comunità cristiane, è sempre lo Spirito che guida la Chiesa, finché sarà riempita della gloria di Dio e illuminata dalla luce trasfigurante dell'Agnello.

venerdì 7 maggio 2010

Ignorate dai media le stragi dei cristiani in Iraq


Il 25 dicembre 1990, alla vigilia della Prima Guerra del Golfo, durante il messaggio di Natale papa Giovanni Paolo Il invitò “i potenti della terra” a riflettere sul fatto che “la guerra è un’avventura senza ritorno”. Sono passati vent’anni, e le guerre recenti hanno già prodotto un frutto velenoso: i cristiani sono quasi scomparsi dal Medio Oriente, e là dove resistono eroicamente sono sanguinosamente perseguitati. L’ultima strage in ordine di tempo è quella del 2 maggio 2010 a Mosul, in Iraq. Ma i media italiani non ne hanno parlato.

SamizdatOnLine

Così la riporta l’agenzia “ZENIT”:
“Benedetto XVI ha espresso il proprio dolore per l'ennesima ondata di violenza che si è abbattuta sull’Iraq".
In un telegramma a firma del Cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, il Papa si è detto “profondamente rattristato per la tragica perdita di vite e per i feriti” causati dall’attentato che il 2 maggio ha fatto strage su un convoglio di autobus che ogni mattina porta gli studenti universitari di Qaraqosh, una località quasi totalmente cristiana, all'università di Mosul.
Quattro persone sono morte e 171 sono rimaste ferite nell'attacco. Ogni vettura trasportava circa 50 studenti di età compresa tra i 18 e i 26 anni.
Nel pregare per le vittime e le loro famiglie, secondo quanto riferito dalla Radio Vaticana, Benedetto XVI ha ribadito la “sua vicinanza spirituale alle comunità cristiane dell'Iraq” e rinnovato “il suo appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà perché mantengano salde le vie della pace e respingano tutti gli atti di violenza che hanno causato così tante sofferenze”.
In alcune dichiarazioni all'agenzia Fides, il Cardinale Emmanuel III Delly, Patriarca caldeo di Baghdad, ha detto: “Siamo scioccati da questo evento che ha colpito giovani innocenti cristiani: due esplosioni per un atto di violenza brutale, che solo per grazia di Dio non è diventato una strage molto più estesa. Siamo vicini alle famiglie delle vittime, esprimiamo le più sincere condoglianze a quanti hanno perso i loro cari”.
Il porporato ha poi invocato “riposo eterno delle anime delle vittime e preghiamo per tutti i feriti, molti dei quali sono gravi, e per la consolazione dei loro parenti. La nostra reazione oggi è quella della preghiera e del perdono. Siamo tutti fratelli e figli di Dio, e il popolo dell’Iraq è chiamato a fare propria questa verità”.
“Preghiamo perché il Signore illumini la mente e il cuore di nostri governanti e di quanti si macchiano di queste violenze, perché possano convertirsi alla pace e alla riconciliazione. La nostra risposta cristiana alla violenza che subiamo ogni giorno – ha concluso il Cardinale - è e sarà sempre questa, nella certezza che il Signore resta accanto a noi e si manifesta nella vicinanza, nell’affetto e nell’aiuto che ci mostrano tutti i cristiani del mondo”.
Purtroppo il Cardinal Delly esprime più un auspicio che una realtà: la nostra mobilitazione per i fratelli perseguitati si scontra spesso con un muro di disinformazione, talora di indifferenza, quando non di “politicamente corretta” presa di distanze.
Così sostiene in una intervista René Guitton, autore dello scioccante saggio-inchiesta “Cristianofobia. La nuova persecuzione”:
D. La situazione che descrive diventa ancora più allarmante a causa del mutismo e della cecità dei cristiani in Occidente. Perché questo silenzio?
R. Il fatto è che per la stampa non è di moda parlare di loro, non è di tendenza prendere le difese di quella che da noi in Occidente è percepita come la maggioranza. In più, esiste una forma di razzismo strisciante per cui i cristiani occidentali ritengono che non si tratti di un loro problema. Anche gli ebrei e i musulmani sono perseguitati e io sono il primo a schierarmi in loro difesa nel caso di atti di islamofobia o di antisemitismo, ma il riconoscimento delle loro sofferenze non deve avvenire al prezzo della negazione di quelle dei cristiani. Vi sono forse vittime di cui si deve parlare e altre su cui si deve tacere? È inaccettabile discriminare le vittime. Difendere i cristiani oggi vuol dire difendere la libertà religiosa di tutte le altre comunità religiose perseguitate. Inoltre c’è un senso di colpa cristiano, a torto o a ragione, ma forse più per ignoranza, legato all’atteggiamento della Chiesa durante la Shoah e l’altro deriva dalla colonizzazione. C’è stata di fatto un’assimilazione tra cristiani e colonizzatori ai quali, in un certo senso, viene chiesto di espiare e di risarcire il proprio passato coloniale-imperialista. Perciò molti cristiani tacciono e chiudono gli occhi, ma questo silenzio è colpevole. Bisogna agire, non possiamo più tollerare l’intollerabile. Ma c’è una forma di cristianofobia anche in Occidente ed è incarnata dal cosiddetto laicismo integralista, ottuso, aggressivo e liberticida che ha frainteso il concetto di laicità e incoraggiato una pregiudiziale e sistematica svalutazione del cristianesimo. (Intervista di Benedetta Neri su “L’Occidentale”).

Era compito del Samizdat russo comunicare le notizie censurate, nascoste, fatte sparire. Come SamizdatOnLine riteniamo nostro compito prioritario raccontare questi fatti da molti ormai colpevolmente taciuti.