giovedì 9 luglio 2009

Chiedere la fede


A proposito di "cercatori di Dio"


Propongo la testimonianza di Africa che racconta alcune casualità accadute nella sua vita.


“Chiedere la fede? Io credo che o la si ha o non la si ha. Queste cose non si chiedono. Ma chiedila!, insisteva la voce interiore. D’accordo, facciamo un tentativo….”.

Mi chiamo Africa. Sono cresciuta in una famiglia dalle profonde radici cristiane; dopo aver studiato in una scuola di religiosi, a 17 anni non sono più andata a Messa. Non la trovavo attraente. Iniziata l’università, mi sono allontanata ancora di più da Dio e mettevo piede in chiesa solo quando andavo al matrimonio degli amici. Il mio unico contatto con Dio era un Padre nostro la sera e un altro al mattino. Lo recitavo in maniera meccanica; secondo me, per tranquillizzare la coscienza. Sentivo un vuoto tremendo quando pensavo alla morte e la vita che conducevo era tale che sono arrivata a pensare che desideravo proprio che Dio non esistesse…Ma in fondo io speravo che esistesse: egoisticamente e senza molta convinzione io chiedevo a questo Qualcuno un certo numero di cose…; ebbene, casualmente mi venivano tutte concesse! Pensavo sempre che era stato un caso, ma tra le mie amiche ormai si sussurrava che io ero una persona molto fortunata e che ero “nata con la camicia”. Terminati gli studi, pregai per trovare un lavoro… e ne arrivarono 3 nella stessa settimana! Un’altra volta, volendo cambiare datore di lavoro, ho pregato chiedendo un altro lavoro e ne è arrivato uno di gran lunga migliore, grazie a una telefonata con una persona che neppure conoscevo. Anche in altri aspetti della mia vita mi succedeva lo stesso. Pensavo sempre: è un caso! Un giorno – avevo già 39 anni – sono passata davanti a una chiesa e ho avvertito una specie di spinta. Sono entrata e mi sono seduta nell’ultimo banco. Ho guardato verso l’altare. Erano anni che non stavo tanto tempo immersa nei miei pensieri, circondata da un silenzio così confortante. “Che peccato! – pensavo –. Con la fede che avevo da ragazza…”; “Allora, chiedila!” – sentivo una voce dentro di me -. “Chiedere la fede? Io credo che la fede o la si ha o non la si ha. Queste cose non si chiedono”. “Ma chiedila!” – insisteva la voce interiore. D’accordo, facciamo un tentativo….”. Sono andata al primo banco, mi sono inginocchiata proprio di fronte al tabernacolo e ho chiesto: “Dio mio, voglio riavere la fede che avevo da bambina e voglio entrare in una chiesa e sentire quel rispetto e quel raccoglimento che sentivo ormai troppi anni fa… e che ora non sento”. Ancora una volta il mio desiderio si è adempiuto. Ho fatto un master nella ETS degli Ingegneri civili e ogni mattina, quando entravo nell’atrio dell’Università, un cartello sulla porta della cappella mi invitava al Sacramento della Confermazione: “Ancora non hai fatto la Cresima? Vieni e informati”. Accanto c’era il bar con il suo cartello che invitava a fare colazione: caffè e cornetto: 1 euro! Io passavo, leggevo i due cartelli e… facevo colazione. Finché un giorno mi son detta: perché non entrare e chiedere informazioni? Io non sono cresimata e mio figlio farà la prima Comunione fra pochi mesi. Che assurdità che mio figlio faccia la Prima Comunione, che potrebbe essere anche l’ultima se noi, suoi genitori, non lo accompagnassimo alla Messa! Noi siamo stati sposati dalla Chiesa, i bambini sono stati battezzati, ora li iscriviamo alla catechesi… Ma a che gioco giochiamo? Un po’ di coerenza, per favore… e sono entrata. Mi sono informata, mi sono preparata e ho ricevuto la Confermazione alcuni giorni prima della Comunione di nostro figlio. Durante la cerimonia mi sono emozionata a tal punto che non finivo di piangere e il Vescovo non sapeva se darmi prima il Santo Olio o un fazzoletto. Non so spiegare bene quello che provavo. Al momento dell’unzione ho avuto l’impressione che qualcuno mi mettesse sul capo un velo invisibile e sistemato alla svelta sul corpo.
In quella cappella della ETS, dove è cominciato il mio processo di conversione, c’erano degli scaffali con molti libri. Ho preso casualmente un volume dal titolo “Parlare con Dio”, di Francisco Fernández-Carvajal, e l’ho divorato. Cominciavo a voler sapere tutto su Gesù. Tutto. E ogni lettura stimolava ancora di più la mia straripante curiosità. Poi mi sono interessata al Catechismo. Ricordo ancora lo stupore che suscitavano in me i Comandamenti di Santa Madre Chiesa: andare a Messa tutte le domeniche e le feste comandate? Confessarsi e comunicarsi almeno una volta l’anno? Ma questo… è troppo! Questa è una legge che non si può osservare! Poi il cappellano di quella scuola mi ha dato un opuscolo sul Sacramento della Penitenza. Era tanto quello che si offriva alla mia vista che, ancora in preda alle vertigini, ho preso la decisione di andare a una delle lezioni di Teologia che impartivano in parrocchia. Io, che avevo una certa esperienza nel prendere appunti, ora che ero laureata ho scoperto con terrore che non riuscivo a cogliere neppure una frase sconnessa, mentre gli altri erano chini sui quaderni e prendevano nota. Assai scoraggiata, stavo per alzarmi disposta a gettare la spugna, quando una donna della mia età si è seduta accanto a me, dicendomi inaspettatamente:- Vuoi che io t’insegni e ti metta al corrente?- Davvero lo faresti?- Certo! Quando vuoi cominciare? Quella donna si è impegnata nella mia formazione cristiana e in essa ho scoperto una grande amica. Sono state lezioni private intensive, finché ho potuto reinserirmi e diventare una “alunna eccellente”. Insieme siamo andate a sentire varie conversazioni e meditazioni. Qualche tempo dopo ho riletto i Comandamenti della Santa Madre Chiesa: e ho notato che in verità propongono il minimo. Ora ringrazio Dio, perché capisco che non si tratta solo di adempiere la Legge, ma di godermi la mia fede. E ci proviamo…

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