"Quando nasce la vera comunità ecclesiale"
Karl Rahner, celebre teologo tedesco (1904-1984), in una delle sue innumerevoli produzioni letterarie (esattamente nell’opera “Il sacerdote e la fede, oggi”, edito in Italia dalla “Queriniana”), poco prima della sua morte scriveva che il problema più urgente per il sacerdote odierno è il rapporto con la sua comunità. Spesso, infatti, si crea una conflittualità che nasce da un clericalismo dominante nelle nostre parrocchie, con laici cristiani che magari spesso occupano spazi indebiti, quasi autoproclamandosi”vice parroci”. Ma da dove ripartire per ricomporre l’idea comune che, come ricorda il Concilio Vaticano II, tutti i battezzati appartengono a un unico popolo di Dio e tutti sono ugualmente chiamati alla santità?
Ovviamente vanno ricercati gli elementi comuni a tutte le componenti della Chiesa: questi non possono che essere il Battesimo e la missione al servizio del Regno di Dio.
Recentemente il direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, don Guido Benzi- ospite nei giorni scorsi del Convegno Pastorale- sottolineava che “avere un ruolo nella Chiesa non significa essere pienamente cristiani”, ma che” probabilmente ci possono essere “ tracce di ateismo” e dubbi di fede in ogni persona”; questo, quindi, per evidenziare che l’incontro con Cristo va alimentato e sviluppato durante tutta la nostra vita.
D’altra parte c’è l’impegno di una Chiesa che vive non per se stessa ma per la venuta e il compimento del Regno di Dio. Recentemente lo stesso Benedetto XVI invitava i presbiteri a riscoprire la propria dimensione missionaria. Ciò vale anche per il laicato cattolico, che talvolta rischia di rimanere intrappolato nelle questioni di sagrestia rimanendo assente dal cuore delle questioni della storia. Tanto è vero che il papa nella lettera per la proclamazione dell’Anno sacerdotale, in occasione del 150° anniversario del Dies natalis del Santo Curato d’Ars, tra l’altro scrive:” Il santo curato seppe anche “abitare” attivamente in tutto il territorio della parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva e amministrava denaro per le sue opere caritative e umane…e chiamava i laici a collaborare con lui”. In un altro passaggio il Papa ricorda poi l’importanza del laico come espresso dal Concilio Vaticano II e incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione Chiesa. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi”.
Solo in un ascolto reciproco tra laici e presbiteri si può pertanto costruire una Chiesa che è contemporanea alla storia di oggi senza fughe in avanti e senza nostalgie del passato.
Ovviamente vanno ricercati gli elementi comuni a tutte le componenti della Chiesa: questi non possono che essere il Battesimo e la missione al servizio del Regno di Dio.
Recentemente il direttore dell’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, don Guido Benzi- ospite nei giorni scorsi del Convegno Pastorale- sottolineava che “avere un ruolo nella Chiesa non significa essere pienamente cristiani”, ma che” probabilmente ci possono essere “ tracce di ateismo” e dubbi di fede in ogni persona”; questo, quindi, per evidenziare che l’incontro con Cristo va alimentato e sviluppato durante tutta la nostra vita.
D’altra parte c’è l’impegno di una Chiesa che vive non per se stessa ma per la venuta e il compimento del Regno di Dio. Recentemente lo stesso Benedetto XVI invitava i presbiteri a riscoprire la propria dimensione missionaria. Ciò vale anche per il laicato cattolico, che talvolta rischia di rimanere intrappolato nelle questioni di sagrestia rimanendo assente dal cuore delle questioni della storia. Tanto è vero che il papa nella lettera per la proclamazione dell’Anno sacerdotale, in occasione del 150° anniversario del Dies natalis del Santo Curato d’Ars, tra l’altro scrive:” Il santo curato seppe anche “abitare” attivamente in tutto il territorio della parrocchia: visitava sistematicamente gli ammalati e le famiglie; organizzava missioni popolari e feste patronali; raccoglieva e amministrava denaro per le sue opere caritative e umane…e chiamava i laici a collaborare con lui”. In un altro passaggio il Papa ricorda poi l’importanza del laico come espresso dal Concilio Vaticano II e incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione Chiesa. Siano pronti ad ascoltare il parere dei laici, considerando con interesse fraterno le loro aspirazioni e giovandosi della loro esperienza e competenza nei diversi campi dell’attività umana, in modo da poter insieme a loro riconoscere i segni dei tempi”.
Solo in un ascolto reciproco tra laici e presbiteri si può pertanto costruire una Chiesa che è contemporanea alla storia di oggi senza fughe in avanti e senza nostalgie del passato.
Don Luigi Taliani
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