domenica 15 novembre 2009

Il fine ultimo della Creazione


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In un mondo multicolore, variegato e un po' smarrito come il nostro contemporaneo, ciascuno vive cercando la verità e se non la trova cerca di costruirsene una sua propria. In parte queste verità individuali nascono dall'esperienza, in parte non sono verità, ma opinioni poco suffragate dalla realtà dei fatti. Alla base dell'essere umano ci sono delle verità che sono incontestabili anche se non se ne è coscienti e che vanno oltre l'esperienza e l'opinione. Ogni uomo per vivere, ha bisogno di acqua e cibo, di amore, di cultura, di un posto nella società, di pace e di giustizia., di dare un senso al suo vivere, lottare, costruire. Il senso della vita umana è fondamentale perché un essere fine a se stesso, nato per caso come "insieme di cellule" perde dignità e profondità. Tutti i grandi uomini e donne della storia del mondo hanno dimostrato che siamo ben più profondi e potenti della nostra vita biologica, fatta di cellule "aggregate per caso" (come qualcuno ci vuole far credere). La verità di ciascuno supera di gran lunga il proprio corpo e la vera gioia sta nel ritrovarsi e nel ritrovare il Principio che pone la vita. Le parole di Gesù non saranno mai vecchie e superate perché sono parole di verità e di giustizia. Giustizia che solo il Signore può fare e farà e sulla quale si riserva la parola definitiva. Provare per credere...

Letture: Dn 12, 1-3; Sal 15; Eb 10, 11-14.18;

Vangelo: Mc 13, 24-32

"In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre".


Commento

Il linguaggio usato da Gesù nel brano di questa domenica è per noi piuttosto inquietante. Sconvolgimenti cosmici, fine del mondo, il Figlio dell'uomo che viene sulle nubi... E nello stesso tempo facciamo fatica a prenderlo sul serio, ci chiediamo se sarà proprio così. Per la nostra mentalità scientifica, postmoderna, sempre più disincantata nei confronti di miti, fantasmi, ideologie, è troppo facile liquidare il tutto come linguaggio apocalittico tipico di quei tempi - più o meno una favola paurosa per intimorire le coscienze. Ma sia la lettura ingenua, sia la presa di posizione disincantata non consentono un ascolto autentico di ciò che il Signore oggi ci vuol comunicare con queste parole.

Il linguaggio apocalittico è il linguaggio della crisi. E' il linguaggio del limite. Tenta di dire ciò che sta al di fuori della comprensione dell'uomo, e che pure è necessario dire: la nostra morte, ovvero la nostra fine, e la fine del mondo, ovvero il suo compimento, la sua destinazione.

La fine del singolo e la fine del mondo

Sulla nostra morte la questione è relativamente chiara. Tutti sappiamo di dover morire. E' una strana certezza, su cui in genere evitiamo di soffermarci, e forse per il quieto vivere è meglio che sia così. La stranezza è che noi non possiamo conoscerla direttamente, eppure sappiamo che ci riguarda. Non sappiamo come, non possiamo sapere cos'è, eppure sappiamo che accadrà, e il senso che diamo alla nostra vita dipende dal senso che diamo alla nostra morte.

Sulla fine del mondo la cosa è meno chiara. Perché il mondo dovrebbe finire? L'analogia con la vita del singolo non sembra calzante. Milioni di uomini nascono e muoiono ogni giorno nel mondo, e il mondo rimane, più o meno sempre tale e quale. Perché dovrebbe avere una fine? Qui è la Parola di Dio che ci pungola alla riflessione. E lo fa appunto con il linguaggio apocalittico. L'unico che può esprimere ciò che sta ai limiti della comprensione. Vedremo che lo scopo non è spaventare, ma alimentare la speranza.

Rinnovamento

Le prime immagini che ci vengono presentante danno un quadro dello sconvolgimento cosmico: apparentemente si tratta di un ritorno al caos, di un annullamento della creazione; in realtà si vuole alludere ad una nuova creazione, ad un rinnovamento profondo. Anche al termine dell'Apocalisse, nella Nuova Gerusalemme, il sole scompare: perché non ce n'è bisogno. Dio stesso la illumina.

La seconda immagine è la venuta del Figlio dell'uomo sulle nubi (evidente citazione del libro del profeta Daniele). Si tratta di un personaggio che ha la stessa potenza e autorità di Dio. Il risultato della sua venuta è la "riunione" degli eletti. E' un tema che ha un'ampia risonanza nell'Antico Testamento, in cui Gerusalemme sperimenta la vergogna della divisione e della dispersione, e vive nell'attesa del ritorno, del ritrovare tutti i figli dispersi. Solo che qui i dispersi non sono solo gli Israeliti, ma non si fa distinzione di razze e di popoli.

L'ultima immagine è quella del fico, la pianta che per gli Israeliti segnava il passaggio di stagione, l'estate ormai imminente. Gesù ci invita a imparare dal fico, a cogliere i segnali della storia nel presente: è per la nostra generazione che è scritto questo Vangelo.

Riscoprire la speranza

Al di là del fondo pauroso che noi stessi illusoriamente ci creiamo, la Parola di questa domenica appare un invito alla speranza. Una nuova creazione si sta preparando. E' Cristo stesso che viene per riunirci. E non viene alla cieca, ma ci mostra i segni della sua venuta, se sappiamo riconoscerli. E' un quadro incoraggiante, che non deve spaventare. Sorretti da questa speranza i primi cristiani affrontarono persecuzioni, fatiche, percosse, torture... mantenendo ferma la loro speranza, la loro certezza che è Dio il signore della storia. Solo per noi questo messaggio rischia di diventare pauroso. Forse perché stiamo troppo bene, troppo rilassati, abituati a scelte di comodo? Forse perché abbiamo perso lo slancio, l'entusiasmo della fede?
Fonte: Qumran (Fulvio Bertellini)




4 commenti:

  1. la nostra vita è come una nave in cantiere... ha senso solo se ad un certo punto la nave salpa verso il mare aperto...

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  2. E questo mare aperto è l'amore di Dio che non viene negato a nessuno...basta solo accoglierlo!
    Grazie Paolo!
    Un caro saluto...

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  3. Mi sono venuti i brividi nel leggere questo commento. Questo perchè da quando ho scoperto (per volere di Dio)la mia fede, sono stato avvolto da un senso di esaltazione dell'anima nella verità e nella giustizia tale, che ormai solo leggere la parola di Dio mi appaga profondamente nel corpo e nell'anima con sensazioni difficili da spiegare. E' come se avessi cominciato a vivere veramente, aprendo gli occhi per la prima volta su ciò che di tangibile e terreno si presenta nella mia vita, ma soprattutto sul senso stesso che essa ha. In più di venti anni di vita ho creduto in in idee, persone, "valori umani" e cose materiali che non hanno mai saputo darmi tali certezze, che adesso credere in Dio è la motivazione stessa per vivere. Adesso sò che il mio unico maestro di vita è Lui e lo è sempre stato, ma prima di scoprire la fede non ero in grado di capirlo. D'altronde i progetti di Dio non sono comprensibili alle nostre limitate menti. Ho conosciuto il peggio di me arrivando così a capire cosa fosse veramente degno della mia fiducia. Adesso conosco i miei limiti, le mie paure e i miei vantaggi, ma soprattutto conosco la verità di Dio, e d'ora in poi spero solo di potere diffondere questa mia nuova coscienza, secondo quello che provo per grazia ricevuta, per il mio bene e per la salvezza di chi mi stà intorno finchè avrò vita.
    Un abbraccio e un grande ringraziamento per queste occasioni di riflessione e condivisione sincere.

    DARIO

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  4. Carissimo Dario, grazie a te per questa tua importantissima testimonianza.
    Ecco, il vero cristiano è colui che, avendo incontrato Cristo, porta in sé i segni delle meraviglie operate in lui e le comunica con grande gioia. In te, dalle poche righe che hai scritto, si percepisce tutto lo stupore di chi, avendo riacquistato la vista, ha incominciato a guardare questa difficile vita con occhi diversi: gli stessi occhi con cui la guarda Dio stesso.
    Ringrazio il Signore perché, in un cielo spesso così buio, ogni tanto una luce si accende: la luce della fede.
    Un carissimo saluto e, spero di tutto cuore, a presto!!!

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