giovedì 26 novembre 2009

Le Virtù

Le tre virtù teologali: Fede, Speranza, Carità

Abbiamo riflettuto sulle quattro virtù cardinali - prudenza, giustizia, fortezza, temperanza - che sono caratteristiche di ogni uomo onesto; in altre parole, possono anche essere le virtù di un buon pagano.

Infatti, noi le troviamo nel pensiero filosofico di Socrate come è presentato da Platone e nei trattati di Platone e di Aristotele. Pensiamo, per esempio, che sant' Ambrogio ne parla appoggiandosi sugli scritti di Cicerone, mostrando così di non disdegnare affatto la grande sapienza pagana. Ora dobbiamo compiere un salto di qualità per considerare tre virtù - fede, speranza, carità - specificamente bibliche. Nella loro unità inscindibile ce le presenta san Paolo fin dalla sua più antica Lettera, quella ai Tessalonicesi:

"Siamo continuamente memori davanti a Dio e Padre del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo" (1Ts 1, 3).

La triade, fissata ormai dalla Lettera paolina, la ritroveremo nel Nuovo Testamento, negli scritti dei Padri della Chiesa, nella catechesi.

Si tratta di tre atteggiamenti molti importanti e sempre collegati tra loro perché sono propri del cristiano. Evidentemente il discepolo di Cristo si qualifica anche per la sua prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, ma in quanto crescono sul terreno della fede, speranza, carità.

In qualche modo sarebbe stato forse meglio iniziare le nostre riflessioni a partire da queste tre tipiche virtù cristiane, ma abbiamo scelto di dare la precedenza a quelle virtù umane che gli stessi non credenti accolgono e desiderano vivere.

 La fede, la speranza e la carità, costituiscono la risposta globale al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo; si tratta quindi di virtù legate alla rivelazione soprannaturale. Senza di essa non avrebbe senso la fede, che è il sì al Dio che si rivela; né avrebbe senso la speranza, che si appoggia alle promesse di Dio sulla vita eterna; né avrebbe possibilità di esistere la carità, che significa amare come Dio stesso ama.

Tre virtù che si appoggiano all'amore di Dio, alla manifestazione del suo amore per l'uomo in Gesù. Perciò sono chiamate teologali o divine: non soltanto perché si riferiscono a Dio, ma anche perché è Dio a renderle possibili, a offrirci la grazia di credere, sperare e amare. Esse hanno Dio come oggetto e insieme ci provengono dalla sua benevolenza, sono la vita divina in noi, la risposta che lo Spirito santo suscita in noi di fronte alla parola di Dio.

Mentre da soli siamo in grado di essere forti, giusti, prudenti e temperanti, non lo siamo di credere, di sperare e di amare se Dio non prende l'iniziativa, gratuita e libera, di infonderci questa triade di virtù.

La Fede

Cerchiamo di rispondere a quattro domande: - che cos'è la fede?

- che cos'è la fede nella nostra vita?
- perché credere?
- quali sono le difficoltà nel cammino della fede?

Che cos'è la fede?

La fede è un bene così grande che è più facile spiegarla con esempi che con parole.

Essa è l'atteggiamento di Abramo che risponde "Eccomi" al Signore che lo chiama per metterlo alla prova (Gen 22, 1).

È l'atteggiamento di Mosè che risponde "Eccomi" a Colui che lo chiama dal roveto ardente (Es 3, 4).

È l'atteggiamento di Samuele che dice "Eccomi" al Dio che lo chiama nella notte (Sm 3, 4.10).

È, ancora, l'atteggiamento di Maria che all'angelo risponde: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). "Con la fede l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente" , dice il Catechismo della Chiesa cattolica citando la Costituzione conciliare Dei Verbum (n. 5).

È il nostro dire "sì" a Dio che si rivela, si presenta a noi e ci parla. Il verbo "credere" e il vocabolo "fede" ricorrono molto frequentemente nel Nuovo Testamento (Vangeli, Atti degli Apostoli, Lettere di Paolo, Pietro, Giacomo), perché la fede è la stazione di partenza, la prima sorgente della nostra adesione a Dio.

Mentre nell'Antico Testamento il "sì" dell'uomo si riferisce a diverse azioni divine (il Signore che salva, che chiama, che libera, che invita), nel Nuovo la fede si specifica nella salvezza che Dio ci propone in Gesù. È dunque un atto decisivo, fondamentale, con il quale ciascuno di noi accoglie, accetta la rivelazione del disegno salvifico in Cristo Gesù, morto e risorto, che ci dona lo Spirito. Questa è la Buona Notizia, il Vangelo, a cui rispondiamo dicendo: "lo credo", ed è perciò anche il contenuto del Simbolo che recitiamo nella Messa domenicale o nelle nostre preghiere personali. Noi sintetizziamo tutto questo proclamando, nel segno della croce, il nome "del Padre e del Figlio e dello Spirito santo", segno che caratterizza il credente cristiano.

Allora, "la fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio" - gli diciamo di "sì", ci fidiamo di lui - "e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la santa Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità" (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1814).

Che cos'è la fede nella nostra vita?

La fede nella nostra vita è tutto, è il bene sommo; senza di essa non c'è in noi nulla di divino. Se non abbiamo la fede, restiamo immersi nel peccato, nell'incredulità, nella non conoscenza di Dio, nel non senso della vita. Con la fede, invece, cominciamo a esistere; per questo, quando siamo stati presentati al fonte battesimale, i nostri padrini alla domanda "che cosa chiedi alla Chiesa di Dio?" hanno risposto: «la fede».
Noi professiamo la fede tutte le volte che nella Messa rispondiamo "amen", cioè "sì", "è così", "credo che è così".

Potremmo anzi dire di più: ogni nostra azione buona, ogni nostra azione morale, è fatta a partire dalla fede, perché noi operiamo il bene, perché noi viviamo le virtù umane nella fede in quel Dio che ci ha amato. La fede quindi permea le nostre giornate, il nostro respiro. Dalla fede nascono la preghiera, i comportamenti cristiani, la partecipazione alla Messa, la lotta per la giustizia. La fede è tutto in noi, è la sostanza che pervade tutte le cellule della nostra esistenza.

Perché credere?

Il Catechismo della Chiesa cattolica, nel numero sopra citato, afferma che noi crediamo in Dio "perché egli è la stessa verità". Vorrei esprimere questo concetto con due risposte parallele: una che riguarda il nostro intelletto, la nostra mente, e l'altra che riguarda la nostra volontà.

1. Anzitutto, dobbiamo credere poiché Dio è verità infallibile e questo Dio-verità ci ha parlato, dandoci dei segni che ci invitano a riconoscere la sua rivelazione: tutta la storia della salvezza, tutta la vita di Gesù - dottrina, miracoli, profezie, morte e risurrezione -, tutta la vita della Chiesa testimoniano che Dio ha parlato. Accogliendo l'invito a credergli, noi compiamo un atto di fede nella verità stessa di Dio, nella sua veracità e quindi abbiamo in Dio il fondamento della nostra fede.

2. Al di là delle ragioni che sollecitano la mente a credere, ci sono dei motivi che spingono il cuore alla fede. Crediamo perché è questo il bene maggiore dell'uomo, perché la fede ci rende partecipi della conoscenza di Dio, di ciò che lui conosce e di come lo conosce. Credere ci apre alla vita divina, ci fa entrare in comunione con il Signore, a cui possiamo dire: "Tu sei mio", ed egli può dirci: "lo sono tuo". Con la fede, cioè, ci leghiamo in strettissima unità con Dio Padre, Figlio, Spirito santo.

Infatti, la Chiesa è in stato di missione perché ritiene che credere è il sommo bene e vuole annunciare a tutto il mondo la possibilità di partecipare alla comunione con Dio.

Quali le difficoltà della fede?

Dopo aver cercato di comprendere che cos'è la fede nella Bibbia, nella mia vita e perché bisogna credere, vogliamo chiederci come mai vengono tante difficoltà nella fede.

Le difficoltà possono risiedere nell'intelligenza e nei sentimenti.


1. Ci sono difficoltà provenienti dall'intelligenza, dalla ragione, obiezioni contro la fede che improvvisamente ci assalgono e ci disturbano: è davvero ragionevole credere? Come posso dire di sì a realtà che superano la mia comprensione?

In questo caso possiamo difenderci e combattere contro tali difficoltà studiando, informandoci, cercando di scioglierle una per una; insieme occorre praticare la pazienza, rimetter ci pazientemente di fronte alle grandi certezze che stanno alla base della fede. Perciò è estremamente importante leggere la Scrittura, il Vangelo, che ci pongono continuamente davanti quelle certezze che suscitano e nutrono la fede.

È chiaro che se un cristiano nutre poco la sua fede, a un certo punto essa rischia di morire di fame, illanguidisce e cede di fronte alle obiezioni: chi non partecipa alla catechesi, chi non approfondisce la Scrittura, sarà facilmente esposto alle difficoltà della fede di ordine intellettuale.

2. Anche il sentimento può giocarci. Per esempio, quando diciamo: non sento più niente, sono arido, il Signore non mi parla, non ascolta la mia preghiera, è diventato muto. Il cosiddetto silenzio di Dio, l'aridità o il deserto, possono creare grosse difficoltà.

Come vincerle?

Anzitutto vorrei ricordare un principio fondamentale: in queste difficoltà pratiche, di ordine sentimentale, la fede si purifica, non diminuisce. Quando entriamo nell'aridità o nell'oscurità, infatti, comprendiamo che Dio è 'altro' da noi, che non si identifica con in nostri sentimenti, con i nostri gusti, con le nostre immagini, ma è sempre al di là. Allora la fede diventa più autentica, più pura e, perseverando nel deserto, noi scopriamo il vero volto di Dio.

È necessaria dunque una grande perseveranza, è necessario un grande coraggio per resistere alle tentazioni contro la fede che nascono dal non sentire, dal non gustare; dobbiamo pregare insistentemente affermando risolutamente, con un atto di fede, la nostra fiducia in quel mistero di Dio che non è legato all'esperienza sensibile. Così la fede si solidifica, si irrobustisce.

3. Tuttavia, le difficoltà di fede possono essere causate da una volontà sbagliata. Allorché scelgo, per esempio, di operare contro i comandamenti, preferirei che Dio non esistesse e quindi sono pronto a prestare facilmente orecchio alle obiezioni sulla fede. Non poche obiezioni derivano purtroppo dal fatto che la nostra vita cristiana, i nostri comportamenti non sono conformi al Vangelo. Occorre dunque un cammino di conversione che ci porti a pensare e ad agire secondo la verità e l'esistenza di Dio. E il credere ci sarà molto più facile.

Comunicare la Parola

 Quattro semplicissime domande che  aiuteranno a riflettere personalmente sulla fede.


1. Mi capita di pensare alla mia fede, all'importanza della fede nella mia vita? Quando faccio il segno della croce, o recito il "Credo" o rispondo "Amen", penso davvero alla mia fede?

2. Sono convinto che ogni mio gesto buono è radicato nella fede e, quindi, che ogni opera buona che compio nasce dalla fede?

3. Che cosa mi aiuta maggiormente a credere? Mi aiuta la preghiera, la lettura della Bibbia, la catechesi, la lettura di qualche testo che presenta la fede permettendomi di sciogliere alcune difficoltà, la conversazione con persone che credono, la partecipazione a un gruppo dove si prega e si vive la fede?

4. Qual è l'ostacolo più grande alla mia fede? Le obiezioni di tipo intellettuale? L'aridità? Il comportarmi in modo difforme dalla fede?

Come posso ovviare a questi ostacoli e superarli?

Chiediamo al Signore di accrescere la nostra fede, facendo nostra la bellissima preghiera di Charles De Foucauld:

  "Padre mio,
io mi abbandono a te,
fa' di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me,
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto,
accetto tutto,
purché la tua volontà si compia in me
e in tutte le tue creature.
Non desidero niente altro, mio Dio.
Affido l'anima mia nelle tue mani:
te la dono, mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore
perché ti amo.
Ed è un bisogno del mio amore
il donarmi,
il pormi nelle tue mani senza riserve,
con infinita fiducia,
poiché tu sei mio Padre".

È uno splendido atto di fede con cui questo grande cristiano, credente, mistico si abbandonava, pur nella sua oscurità e nel suo deserto, al mistero di Dio.

Fonte: "Le Virtù" di Carlo Maria Martini

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