sabato 27 agosto 2011

Santa Monica, Madre di S. Agostino



(memoria)

M
onica nacque nel 331 a Tagaste, antica città della Numidia, odierna Souk-Ahras (Algeria), in una famiglia profondamente cristiana e di buone condizioni economiche. Le fu concesso di studiare e ne approfittò per leggere la Bibbia e meditarla.
Sposatasi con Patrizio, un modesto proprietario di Tagaste, non ancora battezzato, il cui carattere non era buono, e che spesso le era infedele, con il suo carattere mite e dolce ne poté vincere le asprezze.
Dette alla luce il figlio primogenito Agostino nel 354. Ebbe un altro figlio, Naviglio, e una figlia di cui si ignora il nome. Dette a tutti e tre un'educazione cristiana.

Nel 371 Patrizio si convertì al cristianesimo e fu battezzato; morirà l'anno seguente. Monica aveva 39 anni e dovette prendere in mano la direzione della casa e l'amministrazione dei beni. Soffrì molto per la condotta dissoluta di Agostino. Quando egli si trasferì a Roma, decise di seguirlo, ma lui, con uno stratagemma, la lasciò a terra a Cartagine, mentre s'imbarcavano per Roma.

Quella notte Monica la passò in lacrime sulla tomba di S. Cipriano; pur essendo stata ingannata, ella non si arrese ed eroicamente continuò la sua opera per la conversione del figlio.
Nel 385 s’imbarcò anche lei e lo raggiunse a Milano, dove nel frattempo Agostino, disgustato dall’agire contraddittorio dei manichei di Roma, si era trasferito per ricoprire la cattedra di retorica.
Qui Monica ebbe la consolazione di vederlo frequentare la scuola di S. Ambrogio, vescovo di Milano e poi il prepararsi al battesimo con tutta la famiglia, compreso il fratello Navigio e l’amico Alipio; dunque le sue preghiere erano state esaudite. Il vescovo di Tagaste le aveva detto: “È impossibile che un figlio di tante lacrime vada perduto”.

Monica restò al fianco del figlio consigliandolo nei suoi dubbi e infine, nella notte di Pasqua, 25 aprile 387, poté vederlo battezzato insieme a tutti i familiari. Ormai cristiano convinto profondamente, Agostino non poteva rimanere nella situazione coniugale esistente. Secondo la legge romana, egli non poteva sposare la sua ancella convivente, perché di ceto inferiore, e alla fine, con il consiglio di Monica, ormai anziana e desiderosa di una sistemazione del figlio, si decise di rimandare, con il suo consenso, l’ancella in Africa, mentre Agostino avrebbe provveduto per lei e per il figlio Adeodato, rimasto con lui a Milano.
A questo punto Monica pensava di poter trovare una sposa cristiana adatta al ruolo, ma Agostino, con sua grande e gradita sorpresa, decise di non sposarsi più, ma di ritornare anche lui in Africa per vivere una vita monastica, anzi fondando un monastero.

La troviamo poi accanto al figlio a Cassiciaco, presso Milano, discutendo con lui ed altri familiari di filosofia e cose spirituali, e partecipando con sapienza ai discorsi, al punto che Agostino volle trascrivere nei suoi scritti le parole della madre. La cosa suonò inusuale, perché all'epoca alle donne non era permesso prendere la parola.

Con Agostino lasciò Milano diretta a Roma, e poi a Ostia, dove affittarono una casa, in attesa di una nave in partenza per l'Africa. Fu un periodo carico di dialoghi spirituali, che Agostino ci riporta nelle sue Confessioni.
Lì si ammalò, forse di malaria, e morì, in nove giorni, il 27 agosto 387 all'età di 56 anni. Il suo corpo fu tumulato nella chiesa di Sant'Aurea di Ostia.
Il 9 aprile 1430 le sue reliquie furono traslate a Roma nella chiesa di S. Trifone, oggi di S. Agostino, e poste in un pregiato sarcofago, opera di Isaia da Pisa (XV secolo).
La Chiesa cattolica ne celebra la memoria il 27 agosto (anteriormente si celebrava il 4 maggio), il giorno prima di quella di S. Agostino, che, coincidentemente, morì un 28 agosto.

Significato del nome Monica : "monaca, solitaria, eremita" (greco).


sabato 20 agosto 2011

XXI Domenica tempo ordinario



Vangelo secondo Matteo (16,13-20)
Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù gli disse: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Commento
La liturgia domenicale ha presentato già questo brano ma, mentre precedentemente l’accento era posto sulla incapacità di Pietro di comprendere un Messia sconfitto, in questa giornata domenicale si mostra la capacità di Pietro di vedere in Gesù l’inviato da Dio e di professare la sua fede di fronte al mondo. Tutto questo viene da Dio, e la fede del discepolo, la sua accoglienza della chiamata e della vocazione divina, la sua professione di fede colgono esattamente nel segno di ciò che Gesù vuole per la sua chiesa. Tutti questi, infatti, possono essere visti come i fondamenti della missione petrina, l’incarico rivoltogli di fondare e proteggere la Chiesa del Signore. E’ altrettanto chiaro che questo incarico, rivolto a Pietro in modo particolare ed unico, non si esaurisce nell' episcopato, ma si rivolge ad ogni cristiano; a tutti ed a ciascuno viene richiesto ciò che Pietro manifesta in questo brano.
.Il mandato di Pietro e la conseguente istituzione della chiesa è ciò che la nostra società contemporanea ha maggiormente contestato; in molti sorge l’esigenza di rivolgersi a Dio senza internmediari, senza collegamenti privilegiati e sanza incaricati specifici. Eppure il testo è chiaro (ripreso anche in Gv 20): agli apostoli ed ai loro successori viene conferito un compito speciale e particolare che può essere visto anche come un insegnamento per ciascuno di noi. A nessuno infatti è consentito rivolgersi a Dio senza l’aiuto dei fratelli, senza l’approvazione e il beneplacito della comunità; nessuno si salva da solo, nemmeno con Dio solo. Il Signore ha voluto che la comnità svolgesse questo ruolo salvifico, più vicno, più prossimo. Ancora una volta dono e responsabilità; ancora una volta Dio ed i fratelli inscindibilmente uniti.Con la Grazia di Dio non dobbiamo salvare noi stessi; dobbiamo salvare il mondo!