lunedì 28 febbraio 2011

Yara

 
"Liberaci dal male"

Preghiera sull'abisso


 
 «Mio Dio, l’hanno trovata». Cinque minuti dopo il primo flash d’agenzia la notizia già corre sulle radio private e sul web; chi ascolta telefona alla madre, o all’amica più cara: quella bambina, l’hanno trovata. L’hanno trovata, dopo averla tanto cercata, a pochi chilometri da casa; in un campo d’erba incolta, in una di quelle terre di nessuno che sono le campagne là dove le insidiano i primi capannoni industriali. Nemmeno sepolta, ma buttata tra le erbacce come una cosa, Yara con i suoi gentili tredici anni; e cresce e geme nel pensarci il sentimento di strazio e di offesa. L’hanno gettata in un campo, come un niente.

Pensi a sua madre. Fino a pochi giorni fa diceva che sentiva la figlia viva. Ma i vestiti sono gli stessi della sera della scomparsa: l’agonia forse è durata poco, e questa è l’unica povera consolazione che la ragione può offrire, in una storia feroce. A casa la sentivano viva, ma era un abbaglio del desiderio, o forse quell’invisibile legame che ci tiene vicini a chi amiamo, anche dopo la morte. Tutto probabilmente era già accaduto in una notte: tutto già compiuto. Questi tre mesi sono stati un’aggiunta ulteriore di tormento; ogni mattina a scavare più aspra la domanda, e la preghiera. Come se il male compiuto nell’oscurità non potesse venire alla luce; come in un travaglio stentato che non voleva compiersi nella sua intollerabile deformità. Quanti hanno pregato, per Yara. Non penseranno alcuni, oggi, che le preghiere sono state inutili, e un Dio lontano ha volto la faccia altrove, superiore  e distante dai nostri destini?  (Anche questo dubbio, che contrista i vecchi e rode i giovani, anche questo si allarga da quel campo nel Bergamasco, come un vapore amaro).

Sotto alle luci delle fotoelettriche, nel lampeggiare dei fari blu sulle auto dei carabinieri che a intermittenza schiariscono e oscurano come maschere le facce attonite dei presenti. Forse, ipotizza qualcuno, il corpo non era lì da molto, l’avrebbero scoperta prima, altrimenti, i pescatori del Brembo. Forse lì Yara è stata portata da poco, e quasi per farla finalmente trovare, tre mesi dopo; come se neanche l’assassino più sopportasse il non compiersi ultimo del suo parto maligno, come se neanche lui, in un soffio di ultima pietà, reggesse più, la sera, il pensiero di quel padre e quella madre. Forse. Ci diranno, sapremo. Sapremo poi magari anche quando, dove, e chi è stato. Ci mostreranno la faccia di un uomo come tanti, simile a noi: e quando lo interrogheranno nemmeno lui riuscirà a spiegare esattamente cosa è stato e perché, quella sera. E quell’uomo, verremo a sapere, ha come tutti una madre e una famiglia, e magari dei figli, e ancora meno riusciremo a capire come ha fatto, e come ha potuto.

L’ultimo mistero di Brembate non è nemmeno il nome dell’assassino, ma è cosa lo abbia ghermito una sera e fatto diventare così feroce, da non riconoscere in quella bambina una che somigliava a sua sorella. L’ultimo mistero è questo male che abbiamo addosso, e tanto più quanto ce ne crediamo salvi; e quanto possa sugli uomini, e di che sia capace. Amiamo dimenticarci, del nostro originario male. Dimenticarcene fino a non capire più che bisogno c’era di un Dio che morisse in croce per salvarci. L’abisso aperto su un campo in questo freddo inizio di primavera ci ricorda quanto profondo è il male. E non capiamo e pretendiamo di capire, e dubitiamo di Dio davanti a una bambina uccisa. Servisse almeno, questo strazio, a suscitare una disarmata preghiera, parole umili di figli che i nostri figli non devono disimparare: liberaci, Padre, dal nostro male.

domenica 27 febbraio 2011

VIII domenica del tempo ordinario



Vangelo

Non preoccupatevi del domani. 

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede?
Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

Parola del Signore

Commento di Padre Ermes Ronchi
Gesù rilancia la sua sfida per un altro modo di essere uomini: non preoccupatevi delle cose, c'è dell'altro che vale di più. È la sfida contenuta nella preghiera nel Padre Nostro: dacci oggi il nostro pane quotidiano. Ti chiediamo solo il pane sufficiente per oggi, il pane che basta giorno per giorno, come la manna nel deserto, non l'affanno del di più. È la sfida del monaco: conosco monasteri che vivono così, come uccelli e come gigli, quotidianamente dipendenti dal cielo. Ma questa sfida è anche per tutti noi, pieni di cose e spaventati dal futuro. La vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Occuparsi meno delle cose e di più della vita vera, che è fatta di relazioni, consapevolezza, libertà, amore. Vuoi volare alto, come un uccello, vuoi fiorire nella vita come un giglio? Allora devi deporre dei pesi. Madre Teresa di Calcutta soleva dire: tutto ciò che non serve pesa! Meno cose e più cuore! Non una rinuncia, ma una liberazione. Dalle cose, dalla 'roba' diventata padrona dei pensieri. Guardate gli uccelli del cielo... Osservate i gigli del campo... se l'uccello avesse paura perché domani può arrivare il falco o il cacciatore, non canterebbe più, non sarebbe più una nota di libertà nell'azzurro. Se il giglio temesse la tempesta che domani può arrivare, o ricordasse il temporale di ieri, non fiorirebbe più. Gesù osserva la vita, e la vita gli parla di fiducia e di Dio. E a noi dice: beati i puri di cuore perché vedranno Dio, vedranno in tutto ciò che esiste un punto verginale e fiducioso che è la presenza di Dio, vi scopriranno un altare dove si celebra la comunione tra visibile e invisibile. Allora: non affannatevi, quell'affanno che toglie il respiro, per cui non esistono feste o domeniche, non c'è tempo per chi si ama, per contemplare un fiore, una musica, la primavera. Cercate prima di tutto il Regno di Dio e queste cose vi saranno date in più. Non è moralista il Vangelo, non si oppone al desiderio di cibo e vestito, dicendo: è sbagliato, è peccato, non serve. Anzi, tutto questo lo avrete, ma in tutt'altra luce. «Il cristianesimo non è una morale ma una sconvolgente liberazione» (Vannucci). Libera dai piccoli desideri, per desiderare di più e meglio, per cercare ciò che fa volare, ciò che fa fiorire e ti mette in armonia con tutto ciò che vive. Insegna un rapporto fiducioso e libero con se stessi, con il corpo, con il denaro, con gli altri, con le più piccole creature e con Dio. Cercate il regno, occupatevi della vita interiore, delle relazioni, del cuore; cercate pace per voi e per gli altri, giustizia per voi e per gli altri, amore per voi e per gli altri. Meno cose e più cuore! E troverete libertà e volo. (Letture: Isaia 49,14-15; Salmo 61; 1 Corinzi 4,1-5; Matteo 6,24-34)



sabato 26 febbraio 2011

Rita

Rita é stata per anni socia di SamizdatOnLine. Una testimonianza di bellezza che ci porteremo sempre nel cuore.
La conoscevo da circa tre anni, anche se non l'ho mai incontrata. Rita aveva una schiena ad S che le impediva di camminare, gravi problemi respiratori, un cuore ballerino. Ballerino ma indomito, vivace, ingenuo e generoso. Ho sfogliato le sue vecchie mail, ma non sono riuscito a trovarne una che fosse amara e depressa, nonostante tutti i problemi che aveva. Perché era innamorata, innamorata di Cristo.
"(...) Io sono contenta, perchè offro al Signore non i miei dolori (che non mi costano poi troppo), ma la mia gioia e la mia letizia, che viene solo da Lui, perchè, altrimenti, non ci sarebbe niente da ridere nella mia vita. Essere cristiani è una gioia immensa, non una fatica; è l'essere completamente liberi, altrimenti non mi sarei imbarcata in questa avventura che non so dove mi condurrà."

Internet, negli ultimi anni, era diventato il suo campo di battaglia; una campo che non necessita di buone gambe per poterci galoppare dentro. Era entrata con noi in Samizdat on Line, una presenza viva e costante. Si interessava di tutto, e spesso era lei la prima ad individuare e mandarci un articolo o una presa di posizione interessante. Ci ha detto in una mail: "Imito un pochino Santa Teresina; voi siete le Aquile e io un passerottino; voi volate alto e io "svolacchio" terra-terra, ma sempre di volare parliamo!"
Da una settimana era in rianimazione. Abbiamo appreso poco fa che non ce l'ha fatta, e che ora abbiamo una santa in più che veglia su di noi.
Le sue ultime due mail sono gli auguri di buone feste. "Che la Sua tenerezza c'innamori sempre più di Lui!", scriveva.
E poi: "Questa sera proclameremo il Te Deum, per ringraziare il Signore per tutte le grazie, la bellezza, la letizia e anche la fatica che ci ha donato; mendichiamo che anche per il nuovo anno Egli si renda sempre più Presenza e Compagno nella nosta vita. Questo mi sento di augurare a tutti e a ciascuno in particolare, carissimi e insostituibili amici di SOL!"
Dobbiamo ringraziare per tutte quelle belle cose che Lui ci ha donato tramite lei, segno della Sua presenza. Per un passerotto che ormai vola in alto in alto, oltre il sole.
Berlicche  socio di  SamizdatOnLine

domenica 20 febbraio 2011

VII domenica del tempo ordinario


Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
 Parola del Signore

 
Commento  di BENEDETTO XVI all'ANGELUS
Piazza San Pietro 
Domenica, 20 febbraio 2011

Cari fratelli e sorelle!
In questa settima domenica del Tempo Ordinario, le letture bibliche ci parlano della volontà di Dio di rendere partecipi gli uomini della sua vita: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» - si legge nel Libro del Levitico (19,1). Con queste parole, e i precetti che ne conseguono, il Signore invitava il popolo che si era scelto ad essere fedele all’alleanza con Lui camminando sulle sue vie e fondava la legislazione sociale sul comandamento «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo. Dice, infatti, il Signore: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Ma chi potrebbe diventare perfetto? La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà. San Cipriano scriveva che «alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo» (De zelo et livore, 15: CCL 3a, 83).
In che modo possiamo imitare Gesù? Gesù stesso dice: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità. L’apostolo Paolo aggiunge: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, allora la nostra testimonianza diventa chiara, eloquente ed efficace. Un autore medievale ha scritto: «Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, mescolato all’amore di Dio, allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» (Giovanni Climaco, Scala Paradisi, XXX: PG 88, 1157 B), nella totalità della vita. «Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3).
Cari amici, dopodomani, 22 febbraio, celebreremo la festa della Cattedra di San Pietro. A lui, primo degli Apostoli, Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinché esso possa innalzarsi fino al Cielo. Esorto, pertanto, tutti i Pastori ad «assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli» (Lettera Indizione Anno Sacerdotale). Invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, affinché ci insegni ad amarci gli uni gli altri e ad accoglierci come fratelli, figli dello stesso Padre celeste.

lunedì 14 febbraio 2011

I santi del giorno




Il 14 febbraio, la liturgia ci propone due grandi evangelizzatori: Cirillo e Metodio, compatroni d'Europa. Si tratta di  due fratelli, due intrepidi testimoni di Cristo, due santi detti “Apostoli degli Slavi” perché hanno dato le loro migliori energie per annunciare il Vangelo di Cristo ai popoli slavi... Continua 
Insieme a questi santi preghiamo per la nostra Europa che sembra aver rinnegato le sue origini cristiane...







 In questo giorno, un altro santo viene ricordato come patrono degli innamorati: San Valentino.

Auguri a tutti gli innamorati...della moglie, del marito...del fidanzato, della fidanzata...a tutti gli innamorati di Gesù!

Il legame tra San Valentino e gli innamorati è legato alla tradizione anglosassone medievale, secondo la quale gli uccelli iniziano a nidificare il 14 febbraio risvegliandosi alla vita e al santo di quel giorno sarebbe toccata la protezione appunto degli innamorati. "San Valentino, la primavera è vicino" recita uno dei detti popolari e leggende e curiosità sono prolificate su questo santo, la cui storia è un po' confusa per la presenza di due santi con lo stesso nome vissuti nello stesso periodo e morti entrambi martiri a Roma. Valentino era vescovo di Terni e si recò a Roma per guarire un ammalato. Durante il suo soggiorno romano convertì il rinomato filosofo Cratone e tre suoi giovani discepoli ateniesi, esponendosi con il suo zelo alla facile delazione dei pagani. Il vescovo venne tradotto in tribunale e condannato alla decapitazione, che avvenne nell'anno 273. I tre giovani neoconvertiti ne trasportarono allora il corpo a Terni dove fu sepolto dalla sua comunità cristiana. A lui facevano ricorso le giovani coppie che volevano far pace. E` patrono di Terni, Breno e Passau, protettore dei giovani e appunto degli innamorati. E` raffigurato, a volte, in veste di soldato di Cristo ed è invocato per i dolori al ventre, gli svenimenti e contro le cadute e la peste.

San Valentino
Vescovo e Martire
Etimologia: Valentino = che sta bene, sano, forte, robusto, dal latino
La più antica notizia di S. Valentino è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del sec. VI, raccontano che S.Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma. Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia. Fu tra i primi vescovi di Terni, consacrato da S.Feliciano vescovo di Foligno nel 197. Preceduto da S.Pellegrino e S.Antimo, fratello dei SS.Cosma e Damiano.  
  IL CULTO
S.Valentino fu sepolto in un’area cimiteriale nei pressi dell’attuale Basilica. E’ sicuro che quel cimitero già esisteva in età pagana. Da questa zona provengono alcuni reperti le più antiche risalgono ai secc. IV-V. Si tratta di titoli sepolcrali. Il pezzo più interessante è il sarcofago a “teste allineate” del sec.IV ora conservato in Palazzo Carrara. E’il tradizionale sarcofago paleocristiano dove sono scolpite attorno alla figura del defunto orante, Scene della vita di Cristo. La prima basilica fu costruita nel sec.IV dato che la collocazione dell’edificio, fuori delle mura della città e in area cimiteriale e sopra la tomba del martire. Distrutta dai Goti, insieme alla città nel sec. VI, sarebbe stata ricostruita nel sec.VII. A conferma di questa ultima costruzione fu il rinvenimento di una moneta di Eraclio del 641. Al periodo della prima costruzione o a quella della ricostruzione del sec.VII, dovrebbe risalire la cripta con l’altare ad arcosolio, cioè sotto una nicchia coperta da un arco e sopra la tomba del martire. Intorno al sec.VII la basilica fu affidata ai Benedettini. Nel 742 vi avvenne l’incontro storico tra il papa Zaccaria partito da Roma verso Terni e il vecchio re longobardo Liutprando. La scelta della Basilica di S.Valentino fu fatta dal re perché all’interno di quella si veneravano le spoglie del glorioso martire alle quali egli attribuiva un valore taumaturgico. Da quell’incontro il re donava al pontefice alcune città italiane tra le quali Sutri. Qui il pontefice ordinò il nuovo vescovo di Terni alla cui morte (760) la città rimase priva del pastore fino al 1218. In questo periodo la basilica fu ggetto di scorrerie prima di Ungari poi Normanni e Saraceni poi degli abitanti di Narni che vantavano pretese su alcuni territori e sulla Basilica. Onorio III nel 1219 vi si recò e consegnò la Basilica al clero locale. Da questo anno in poi non sappiamo più nulla dello stato di conservazione della Basilica. Agli inizi del 1600 doveva apparire fatiscente.
LA RICOGNIZIONE
Nel 1605 il vescovo Giovanni Antonio Onorati, ottenuto il permesso da papa Paolo V, fece iniziare le ricerche del corpo del Santo. Erano partite da tempo anche a Roma le ricerche dei primi martiri della Chiesa e per autenticare la loro esistenza e per accrescerne la venerazione. Il corpo di S.Valentino fu presto rinvenuto in una cassa di piombo contenuta entro un’urna di marmo rozza esternamente ma all’interno intagliata con rilievi. La testa era separata dal busto a conferma della morte avvenuta per decapitazione. Fu portata subito in Cattedrale. Nessuno in città voleva che il corpo del loro martire riposasse nella chiesa madre. Neanche la Congregazione dei Riti era favorevole poiché le reliquie dovevano essere venerate là dove erano state sepolte. Così si decise di ricostruire una nuova Basilica.
LA LEGGENDA
La festa del vescovo e martire Valentino si riallaccia agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire ternano la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli. Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice. Oggi la festa di S.Valentino è celebrata ovunque come Santo dell’Amore. L’invito e la forza dell’amore che è racchiuso nel messaggio di S.Valentino deve essere considerato anche da altre angolazioni, oltre che dall’ormai esclusivo significato del rapporto tra uomo e donna. L’Amore è Dio stesso e caratterizza l’uomo, immagine di Dio. Nell’Amore risiede la solidarietà e la pace, l’unità della famiglia e dell’intera umanità.
 

domenica 13 febbraio 2011

Io non ci andrò, e rifletto.


12 febbraio 2011


Quelle domande che pesano

Alle donne che scenderanno in piazza domani, in una sorta di sollevazione contro l’immagine di donna che esce da un mese di cronache di feste e confessioni di escort, vorrei porre qualche domanda. Il “manifesto” della iniziativa parla di «baratro culturale», di «Italia ridotta a un bordello» – ci scusino i lettori, ma questo è lo “spirito del tempo”. Qualcuno, qualcuna si è accorta ora delle code davanti agli studi dove si scelgono le future vallette, o del diffuso sogno di entrare nella “scuderia” di Lele Mora, sogno per cui alcune sono disposte a tutto. «Se non ora, quando», è il grido della manifestazione di domani. E sembra l’esclamazione di chi tardivamente si sia guardato attorno, scoprendo che l’aria che tira non gli piace.

La prima domanda è dunque dove erano tante di quelle che sfileranno domani, in questi vent’anni. La maggior parte di loro proviene da quella cultura che è il lascito tardivo di femminismo e Sessantotto: la cultura del «Io sono mia», che predicava la piena autonomia di una donna finalmente liberata da condizionamenti del passato, maschilisti o – peggio – religiosi. La ricordiamo l’ebbrezza di questa liberazione, trent’anni fa: libera, si proclamava quella generazione di ventenni, di fare politica, di studiare e lavorare; libere nel rifiuto orgoglioso di essere “donne oggetto”; libere dal matrimonio come destino obbligato; libere, grazie alla pillola e all’aborto legale, dall’antico giogo di maternità non volute.

La seconda domanda allora è che cosa è stato ereditato, di queste vere o presunte libertà, dalle figlie. Qualcosa deve essersi inceppato nella trasmissione generazionale, se non poche, e soprattutto nelle classi sociali più modeste, declinano questa libertà come totale disponibilità di se stesse, anche di farsi guardare come cose, se occorre, e se ne vale la pena. È il “sistema” che sfrutta e usa le donne, si griderà in piazza – in quella piazza in cui io non andrò. Però quelle sono figlie nostre; cresciute davanti alla tv forse, ma educate da noi. Avete letto il sondaggio di Ilvo Diamanti che chiede agli italiani se considerano gli atteggiamenti di Berlusconi «offensivi contro le donne»? Solo il 37 per cento delle ragazze risponde di sì, e solo il 28 per cento delle trentenni. Insomma, la prospettiva di farsi meteorine in feste di vip, o di usare la bellezza per “arrivare” in fretta non è poi così riprovata. Plagiate da vent’anni di veline? Ma le famiglie, e le madri, dov’erano? Scoprire all’improvviso che le bambine di dodici anni, nelle famiglie più abbandonate ma non solo in quelle, sognano davanti allo specchio “quel” successo; e non sanno, ma ancora per poco, cosa si fa per agguantarlo. Ve ne accorgete oggi? Noi cattolici retrogradi eravamo dunque all’avanguardia?

Su Repubblica però una docente universitaria pone questa distinzione: «Una cosa è che uno scelga i valori del sedere, come la cosa migliore di sé e più preziosa; tutt’altra cosa è che glielo imponga un altro». Tipica declinazione di quel relativismo etico che è da anni il pensiero unico obbligatorio. Secondo il quale nulla è oggettivamente negativo; se una liberamente decide di vendersi, niente da dire. Ma allora cosa si scende in piazza a contestare domani? Le fanciulle, stelline, vallette, meteore che abbiamo visto sfilare sui giornali sono – per lo più – maggiorenni e capaci di intendere. E dunque? Forse il problema è più grande: ma davvero vendersi, o accettare di mostrarsi come un bell’oggetto – libera o no che sia la scelta – non è avvilente in sé, non è contrario alla dignità di una donna, o di un uomo? Non c’era forse qualcosa di primario, di oggettivo che si è buttato via insieme al resto trent’anni fa, quando si gridava «L’utero è mio e lo gestisco io»?. L’ultima domanda, la più importante, è: che cosa trasmettere a una figlia, perché non sogni, sotto sotto, di incontrare Lele Mora? Basterà parlare di “decenza”? (strano ritrovare in bocche laiche questo vecchio termine “bigotto”). Ciò che, crediamo, scrive su un figlio l’orgoglio di non essere in vendita mai è che si senta fin dal primo giorno unico, e amato, e non nato per caso, ma dentro un destino comune e buono; che sappia che quel destino è un compito che lo lega agli altri, e non è risolvibile nell’arbitrio del gioco più comodo o veloce. È la certezza dei cristiani autentici, e forse quella dei laici migliori – le cui speranze, però, sembrano oggi perse o sconfitte. Senza questa certezza del valore assoluto di ognuno, non stupisce che si concepisca di vendersi – e i modi poi, per donne e uomini, sono tanti. Se nessuno ti ha detto che tu non hai prezzo, e il tuo valore è infinito.

Marina Corradi
fonte: Avvenire

VI domenica del tempo ordinario



Vangelo

Così fu detto agli antichi; ma io vi dico.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».
Parola del Signore.

Commento

 Continua il discorso della montagna, continua l’insegnamento di Gesù. Egli dice: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. Per il giudaismo farisaico la legge era considerata la somma di ogni saggezza, umana e divina, era la rivelazione di Dio stesso, una guida di condotta che assicurava dei buoni rapporti con Dio. Gesù, con il suo insegnamento, intende perfezionare questa legge. Non si tratta semplicemente di osservare un elenco di leggi per essere giusti dinanzi a Dio, ma prima di tutto di accogliere il messaggio che il Vangelo ci dona: Dio Padre ha tanto amato il mondo da donare il Suo Figlio  Gesù  perché  tutti gli uomini, bisognosi di redenzione,  possano essere salvati. Accogliere questo straordinario dono porta di conseguenza all’osservanza di quei comandamenti con cui il Signore ci ha voluto indicare la via della vera felicità e della vera libertà. Non comandi per renderci dei sudditi schiavi del proprio padrone, ma di norme precise dettate da un Padre amorevole che desidera orientare la vita dei propri figli al vero bene. Solo Dio sa ciò che è veramente il bene e ciò che è veramente il male…Oggi, nella nostra società, impera la dittatura del relativismo (di cui parla tanto il Santo Padre) seconda la quale  è vero solo ciò che è vero per me, è sbagliato solo ciò che è sbagliato per me…ma il “vangelo secondo me” che ognuno tenta tanto di scrivere non porta da nessuna parte, anzi, da qualche parte porta, lontano da Dio e, l’uomo lontano da Dio, è esposto a mille rischi e pericoli, a mille tentazioni, ad una vita vissuta  in maniera disordinata…le conseguenze di ciò se ne vedono tutti i giorni, le ascoltiamo continuamente dal  telegiornale: l’omicidio di Sara, la scomparsa di Yara, delle due gemelline, infinite  tragedie familiari, corruzione fino ai più alti  livelli politici e sociali…Dove non c’è Dio non c’è pace, non c’è vero amore, non c’è vera vita.  
Il vangelo di oggi insegna che i comandamenti che siamo chiamati ad osservare sono rivolti per primo verso Dio, poi verso il prossimo. Mettere Dio al primo posto porta di conseguenza al rispetto e all’amore anche verso il prossimo. Il prossimo è mio fratello, mia sorella, sono i miei figli, mia moglie, mio marito, i miei genitori, i miei amici, i miei nemici, i miei colleghi, i miei superiori, i miei dipendenti, il mio parroco, ogni essere umano vicino e lontano…
Se scopriamo che Dio è il Solo e l’unico Signore della nostra vita verrà naturale: non nominare il nome Suo invano (quante bestemmie si dicono ogni giorno), santificare la festa (quanta gente non partecipa alla santa messa o ci partecipa nel modo sbagliato), onorare il padre e la madre (figli  che non rispettano  i genitori o figli che si dimenticano di loro perché ormai vecchi e non servono più a niente),  non uccidere ( Gesù dice che non si uccide solo con la spada,, ma anche solo dicendo pazzo al tuo fratello) non rubare ( in quanti modi si può rubare…anche non facendo il proprio dovere sul posto di lavoro..), non commettere adulterio ( solo desiderando l’uomo o la donna di un altro/a si commette adulterio), non dire falsa testimonianza ( non calunniare, non fare maldicenza, non fare pettegolezzi), non  essere invidiosi della roba altrui (per invidia spesso si fa molto del male),  non desiderare la donna o l’uomo di altri/e ( i cattivi desideri e i cattivi pensieri nascono nel cuore, ma se il cuore è illuminato dall'amore di Dio sa solo amare)…Alla luce di ciò verrebbe da pensare che forse la nostra società attuale assomiglia molto a quella dei tempi di Sodoma e Gomorra ( con l'alto grado di corruzione a cui si è giunti a tutti i livelli e il grave degrado morale), ma io credo che ancora ci sono persone veramente giuste che pregano perché il Buon Dio continui ad avere misericordia dei peccati del mondo, e ci sono ancora persone che rispettano ed invitano altri a  rispettare  le leggi divine…Confidiamo in questo!
L’impegno che invito a prendere per questa  nuova settimana è quello di pregare per la nostra e l'altrui conversione, per la Chiesa e il mondo intero.
 Che il Signore ci faccia dono di poter godere dell’osservanza delle sue leggi d’amore.











venerdì 11 febbraio 2011

Beata Maria Vergine di Lourdes

Anniversario delle apparizioni della Beata Vergine Maria a Bernadette presso la grotta di Massabielle.

Giornata Mondiale del Malato

Beata Maria Vergine di Lourdes (o Nostra Signora di Lourdes o Nostra Signora del Rosario o, più semplicemente, Madonna di Lourdes) è l’appellativo con cui la Chiesa cattolica e i fedeli venerano la Madre di Gesù in rapporto ad una delle più venerate apparizioni mariane.
Il nome della località si riferisce al comune francese di Lourdes, nel cui territorio - tra l'11 febbraio ed il 16 luglio 1858 - la giovane Bernadette Soubirous, contadina quattordicenne del luogo, riferì di aver assistito a diciotto apparizioni di una “bella Signora” in una grotta poco distante dal piccolo sobborgo di Massabielle. A proposito della prima apparizione, Bernadette affermò : Io scorsi una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla su ogni piede. Questa immagine della Vergine, vestita di bianco e con una cintura azzurra che le cingeva la vita, è poi entrata nell'iconografia classica.

Nel luogo indicato da Bernadette, come teatro delle apparizioni, fu posta nel 1864 una statua della Madonna. Intorno alla grotta delle apparizioni è andato nel tempo sviluppandosi un imponente santuario dove si recano, ogni anno, oltre cinque milioni di visitatori (credenti e non credenti) provenienti da ogni parte del mondo.

Dettaglio delle principali apparizioni, secondo il racconto di Bernadette:
·      11 febbraio :  prima apparizione. La Signora recita il Rosario, Bernadette si unisce a lei. Al termine della preghiera, la Signora svanisce.
  • 18 febbraio : terza apparizione. Per la prima volta la Signora rivolge la parola a Bernadette : Potete avere la gentilezza di venire qui durante quindici giorni?”.
  • 21 febbraio : sesta apparizione. La voce si è sparsa e Bernadette viene seguita alla grotta da circa cento persone. Nelle apparizioni successive la folla cresce, alla quindicesima saranno circa ottomila. Al termine Bernadette è interrogata dalla polizia.
  • 25 febbraio : nona apparizione. Su richiesta della Signora, Bernadette scava con le mani nel terreno e trova una sorgente d'acqua.
  • 1° marzo : dodicesima apparizione. Si verifica il primo miracolo: una donna di nome Caterina Latapie immerge il suo braccio slogato nell'acqua della fonte, e riacquista la mobilità dell'arto.
  • 25 marzo : sedicesima apparizione. Finalmente la Signora, che fino ad allora non aveva voluto dire il proprio nome, risponde alla domanda con queste parole pronunciate in dialetto guascone, l'unica lingua che Bernadette comprendeva: Que soy era Immaculada Councepcio (“Io sono l’Immacolata Concezione”).
Quattro anni prima, l’8 dicembre 1854, il Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) con la bolla Ineffabilis Deus, aveva dichiarato l'Immacolata Concezione di Maria un dogma, cioè una verità della fede cattolica, ma questo Bernadette non poteva saperlo. Così, nel timore di dimenticare tale espressione per lei incomprensibile, la ragazza partì velocemente verso la casa dell’abate Peyramale, ripetendogli tutto d’un fiato la frase appena ascoltata.

L’abate, sconvolto, non ha più dubbi. Da questo momento il cammino verso il riconoscimento ufficiale delle apparizioni può procedere speditamente. Infatti, entrando alla Basilica Superiore, sulla parete destra in basso, si può leggere incisa nel marmo la dichiarazione solenne del Vescovo, Mons. Laurence, sulle Apparizioni : “Riteniamo che Maria Immacolata, Madre di Dio, è realmente apparsa a Bernadette Soubirous, l'11 febbraio 1858 ed i giorni seguenti, in numero di diciotto volte, nella grotta di Massabielle, nei pressi della città di Lourdes; che questa apparizione riveste tutti i caratteri della verità, e che i fedeli hanno ragioni fondate a crederla certa. Sottoponiamo umilmente il nostro giudizio al giudizio del Sovrano Pontefice, che è incaricato di governare la Chiesa universale .”

Questa dichiarazione del Vescovo di Tarbes è capitale: 4 anni dopo le apparizioni, il 18 gennaio 1862, le riconosce autentiche in nome della Chiesa.

Dall’omelia di Pp Benedetto XVI - Messa per il 150° anniversario delle apparizioni
(Prairie, Lourdes - Domenica, 14 settembre 2008) :

Cari pellegrini, fratelli e sorelle,

[...] Seguendo il percorso giubilare sulle orme di Bernadette, l’essenziale del messaggio di Lourdes ci è ricordato. Bernadette è la maggiore di una famiglia molto povera, che non possiede né sapere né potere, è debole di salute. Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghiera e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25)... E’ dunque una vera catechesi che ci è proposta sotto lo sguardo di Maria. Lasciamo che la Vergine istruisca pure noi e ci guidi sul cammino che conduce al Regno del Figlio suo! [...]

Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbandonati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est, n. 36).  [...]

Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, insegnaci a credere, a sperare e ad amare con te. Indicaci la via verso il regno del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino! (cfr Enc. Spe salvi, n.50). Amen.
Tratto da: Il Vangelo del giorno

domenica 6 febbraio 2011

V domenica del tempo ordinario




Voi siete la luce del mondo.

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Parola del Signore

Commento a cura di Padre Ermes Ronchi

Dio è luce: una delle più belle definizioni di Dio (1 Giovanni 1,5). Ma il Vangelo oggi rilancia: anche voi siete luce. Una delle più belle definizioni dell'uomo. E non dice: voi dovete essere, sforzatevi di diventare, ma voi siete già luce. La luce non è un dovere ma il frutto naturale in chi ha respirato Dio. La Parola mi assicura che in qualche modo misterioso e grande, grande ed emozionante, noi tutti, con Dio in cuore, siamo luce da luce, proprio come proclamiamo di Gesù nella professione di fede: Dio da Dio, luce da luce. Io non sono né luce né sale, lo so bene, per lunga esperienza. Eppure il Vangelo parla di me a me, e dice: Non fermarti alla superficie, al ruvido dell'argilla, cerca in profondità, verso la cella segreta del cuore; là, al centro di te, troverai una lucerna accesa, una manciata di sale. Per pura grazia. Non un vanto, ma una responsabilità. Voi siete la luce, non io o tu, ma voi. Quando un io e un tu s'incontrano generando un noi, quando due sulla terra si amano, nel noi della famiglia dove ci si vuol bene, nella comunità accogliente, nel gruppo solidale è conservato senso e sale del vivere. Come mettere la lampada sul candelabro? Isaia suggerisce: Spezza il tuo pane, introduci in casa lo straniero, vesti chi è nudo, non distogliere gli occhi dalla tua gente... Allora la tua luce sorgerà come l'aurora (Isaia 58,10). Tutto un incalzare di azioni: non restare curvo sulle tue storie e sulle tue sconfitte, ma occupati della città e della tua gente, illumina altri e ti illuminerai, guarisci altri e guarirà la tua vita. Voi siete il sale, «che ascende dalla massa del mare rispondendo al luminoso appello del sole. Allo stesso modo il discepolo ascende, rispondendo all'attrazione dell'infinita luce divina» (Vannucci). Ma poi discende sulla mensa, perché se resta chiuso in sé non serve a niente: deve sciogliersi nel cibo, deve donarsi. Il sale dà sapore: Io non ho voluto sapere nient'altro che Cristo crocifisso (1 Corinzi 2,1-5). «Sapere» è molto più che «conoscere»: è avere il sapore di Cristo. E accade quando Cristo, come sale, è disciolto dentro di me; quando, come pane, penetra in tutte le fibre della vita e diventa mia parola, mio gesto, mio cuore. Il sale conserva. Gesù non dice «voi siete il miele del mondo», un generico buonismo che rende tutto accettabile, ma il sale, qualcosa che è una forza, un istinto di vita che penetra le scelte, si oppone al degrado delle cose, e rilancia ciò che merita futuro. (Letture: Isaia 58,7-10; Salmo 111; 1 Corinzi 2,1-5; Matteo 5,13-16)