lunedì 13 giugno 2011

In cammino verso loreto

 Cari amici, vi propongo l'omelia di S.E.R. Mons. Jean Bruges che ha presieduto la Santa Messa prima dell'inizio del 33^  pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto.




Nel giorno della Pentecoste


 Il filosofo e il mendicante
Si constàta con soddisfazione che i pellegrinaggi non hanno mai attirato tanta gente come ai nostri giorni. Io stesso, che sono nato a circa venticinque chilometri da Lourdes, posso testimoniare che le folle di pellegrini non sono state mai così numerose. E’ davvero una cosa stupefacente: più le nostre società si secolarizzano, e si comportano, per riprendere le parole del nostro Papa, «come se Dio non esistesse», e più le manifestazioni di devozione semplice e fervente, in una parola popolare, attirano un numero crescente di persone appartenenti a tutte le categorie sociali. I giovani non sono gli ultimi a unirsi a queste manifestazioni, al contrario. Giovanni Paolo II, beatificato appena un mese fa, ha avuto questa idea geniale di proporre ai giovani una forma rinnovata di pellegrinaggio con le Giornate mondiali della gioventù. Approfitto per invitare i giovani presenti questa sera a raggiungerci presto a Madrid per Giornate che promettono di essere particolarmente riuscite: pensate che si attendono più di due milioni di giovani provenienti da tutto il mondo!
Anche qui, a Loreto, è veramente spettacolare! Ho molto predicato nella mia vita di domenicano, poi di vescovo, ma mai mi sono trovato davanti a una tale affluenza: ottantamila persone, mi dicevano gli organizzatori! Posso confidarvi che un’assemblea del genere mi impressiona un po’? Sono intimidito, tanto più che è la prima volta nella mia vita che vengo in questo luogo, mentre la maggior parte di voi, in particolare i membri di Comunione e liberazione, sono diventati dei fedeli abituali. Perciò ho pensato di parlare di Loreto attraverso due Francesi, due personaggi stupefacenti e che sono diventati per me, malgrado la distanza storica, come dei familiari.
Il primo è un filosofo; voi avete sicuramente sentito parlare di lui: è il grande Cartesio. Colui che ha fondato la filosofia moderna, e quindi in un certo senso la modernità stessa; colui che si vede presentato spesso come uno spirito razionalista, critico contro ogni forma di tradizione, è rimasto, nonostante tutto ciò che si dice, un cristiano convinto per tutta la durata della sua esistenza. Nella notte dal 10 all’11 novembre 1619, infatti, Cartesio ha avuto una specie di rivelazione mistica: tre angeli gli sono apparsi in sogno e gli hanno fatto vedere che era destinato a unificare tutte le conoscenze umane grazie ad una “scienza ammirabile” di cui sarebbe l’inventore. Dopo questa notte, il filosofo fece il voto di venire in pellegrinaggio a Loreto, da una parte per rendere grazie di questa specie di missione che credeva gli fosse stata affidata, e dall’altra per raggiungere, attraverso un contatto fisico con la casa della Vergine, la Madre del Logos, Colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, come ripeteremo tra poco cantando il Credo: egli fece il viaggio appositamente nel 1623.
Si può dunque essere moderno e compiere dei pellegrinaggi. Ci possiamo affidare alla ragione, alla semplice ragione umana, e ricercare Dio, seguire le sue tracce fino a volere toccare le pietre che sono appartenute alla casa nella quale la Santa Vergine è vissuta.
Il secondo personaggio che vorrei evocare è molto diverso. Questo Francese non era mai riuscito a stabilizzarsi in un luogo; diventato vagabondo, viveva di mendicità, andando di villaggio in villaggio, di paese in paese: in Francia, certamente, ma anche in Svizzera, in Germania, in Spagna, in Italia, fino ad arrivare a Roma. Nutriva una predilezione per Loreto dove si recò l’11 febbraio 1777. Si racconta che il prete al quale si era presentato per confessarsi rimase spaventato dalla vista di questo miserabile, coperto di parassiti: gli chiese di rimanere fuori della chiesa, ma quando lo ascoltò, si mise lui stesso in ginocchio davanti al mendicante perché aveva scoperto in lui un uomo che viveva costantemente alla presenza di Dio. Quando meditava l’incoronazione di spine, gli capitava di rimanere in estasi, in Dio, nella sua Trinità. Dopo aver percorso circa 30.000 (trenta mila) chilometri, S. Benedetto Labre ha finito la sua vita a Roma. Egli dormiva nelle rovine del Colosseo. Il mercoledì santo del 1783, si trascinò fino alla chiesa di Santa Maria ai Monti e crollò sulle scale del sagrato. Dei ragazzi diffusero immediatamente la notizia nella Città eterna: “Il Santo è morto!”. Infatti, i miracoli si moltiplicarono a partire dal giorno del suo funerale, la domenica di Pasqua. In un mondo che si sottometteva già alla ragione utilitaristica, Benedetto Labre ha voluto diventare il testimone della gratuità e dell’abbandono alla Providenza, alla carità dei suoi fratelli!
Il filosofo e il mendicante, due uomini così diversi e tuttavia riuniti in una stessa ricerca. Il primo non ricercava a Loreto il Dio astratto delle Idee pure, ma voleva toccare quelle pietre che testimoniavano, anche nel loro silenzio, della venuta di Dio fino nella carne umana. Il mendicante, lui, aveva abbandonato l’immagine di Dio alla quale si riferivano volentieri i grandi e i potenti di questo mondo: venendo a Loreto, anche lui intendeva toccare da vicino Colui che si era lasciato toccare dalla miseria umana. Tutti e due, il filosofo e il mendicante, avevano afferrato bene il messaggio singolare consegnato da questo luogo: colui che viene nella vecchia casa dove si è svolto il primo atto dell’Incarnazione, voglio parlare dell’annuncio fatto dall’Arcangelo Gabriele alla giovane Maria, deve persuadérsi che è lui stesso chiamato a diventare a sua volta una pietra viva di una casa nuova, quella che il Signore costruisce per coloro che mettono in lui la loro speranza, la Chiesa. Da una casa all’altra, da un mistero all’altro, dalla generazione del Verbo alla vita eterna offerta a tutti, dall’Incarnazione alla missione, da Nazareth ieri alla Chiesa di oggi e di domani. Ecco in poche parole il senso di Loreto e della nostra presenza al pellegrinaggio di questa notte.
“Casa mia”, espressione magica! Se ci pensiamo bene, ciascuno di noi non si ricerca forse uno “spazio suo”, un luogo modellato secondo i suoi gusti e i suoi mezzi, dove mettersi al riparo e riprendere le forze? Penso a quel colpo di genio delle religiose che, dovendo accompagnare gli anziani fino al loro ultimo soffio di vita, hanno chiamato l’istituto “Casa mia”. Esse hanno capìto che se la vecchiaia ci obbliga a spogliarci di tutto, la rinuncia più sensibile, o più drammatica, rimane quella di dovere abbandonare ciascuno lo “spazio suo”. Maria e il bambino che portava dentro avrebbero potuto dare a Loreto questo bel titolo: “Casa mia”. Questa sera, cari amici, venendo a pregare davanti alla casa del passato, siamo invitati, in questa vigilia di Pentecoste, a riaffermare la bellezza di quello che il Signore continua a chiamare “Casa mia”, voglio dire la Chiesa.
La missione che ci aspetta non è altro che questa: fare in modo che la Chiesa diventi la casa universale, dove ciascuno si senta a casa sua. Evidentemente, quest’opera si realizzerà solo se vi consacriamo le nostre forze, la nostra dedizione, il nostro cuore e la nostra intelligenza. Tuttavia, questa festa di Pentecoste ci ricorda che senza lo Spirito Santo, non possiamo fare nulla. È Lui il vero architetto della casa da edificare, il vero progettista della nostra Chiesa, come ce lo spiegava San Paolo nella sua Lettera ai Romani ascoltata nella seconda lettura: «Colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio».
Questa sera abbiamo l’opportunità di celebrare giustamente la Messa dello Spirito Santo. Questa acqua viva di cui abbiamo bisogno per dissetare la sete di cui parlava Gesù nel Vangelo proclamato, è Lui. Questa forza di cui abbiamo bisogno per continuare il nostro cammino senza scoraggiarci sulla strada dove il Signore ci chiama, è ancora Lui. Questa saggezza che ci è tanto necessaria quando dobbiamo prendere delle decisioni che orientano la nostra vita, è sempre Lui. Questo architetto, infine, che costruisce la nostra casa comune, la Chiesa, dove ciascuno di noi deve potere trovare conforto e incoraggiamento, è Lui. Che nostra Signora di Loreto faccia dono a ciascuno di noi della disponibilità del cuore che è stata la sua, quando l’angelo le apparve in queste stesse pietre per confidarle il bel progetto di amore che Dio nutriva per gli uomini!  Amen.

2 commenti:

  1. Speriamo possano nascere delle vocazioni religiose; ce n'è tanto bisogno!

    http://vocazione-religiosa.blogspot.com/

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  2. Hai perfettamente ragione caro anonimo...c'è bisogno di nuove e sante vocazioni, nella vigna del Signore c'è tanto lavoro!!!Ciao

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