L'udienza di Benedetto XVI ai partecipanti al corso promosso dalla Penitenzieria Apostolica
Solo sacerdoti che chiedono perdono
possono insegnare a chiedere perdono
Solo sacerdoti che avvertono "la coscienza del proprio limite" e "il bisogno di ricorrere alla misericordia divina per chiedere perdono" possono annunciare e amministrare, a loro volta, la misericordia e il perdono di Dio. Lo ha detto il Papa giovedì mattina, 11 marzo, ricevendo in udienza i partecipanti all'annuale corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica.
Cari amici,
sono lieto di incontrarvi e di rivolgere a ciascuno di voi il mio benvenuto, in occasione dell'annuale Corso sul Foro Interno, organizzato dalla Penitenzieria Apostolica. Saluto cordialmente Mons. Fortunato Baldelli, che, per la prima volta, come Penitenziere Maggiore, ha guidato le vostre sessioni di studio e lo ringrazio per le parole che mi ha indirizzato. Con lui saluto Mons. Gianfranco Girotti, Reggente, il personale della Penitenzieria e tutti voi che, con la partecipazione a questa iniziativa, manifestate la forte esigenza di approfondire una tematica essenziale per il ministero e la vita dei presbiteri.
Il vostro Corso si colloca, provvidenzialmente, nell'Anno Sacerdotale, che ho indetto per il 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giovanni Maria Vianney, il quale ha esercitato in modo eroico e fecondo il ministero della Riconciliazione. Come ho affermato nella Lettera d'indizione: "Tutti noi sacerdoti dovremmo sentire che ci riguardano personalmente quelle parole che egli, [il Curato d'Ars], metteva in bocca a Cristo: "Incaricherò i miei ministri di annunciare ai peccatori che sono sempre pronto a riceverli, che la mia Misericordia è infinita". Dal Santo Curato d'Ars, noi sacerdoti possiamo imparare non solo una inesauribile fiducia nel Sacramento della Penitenza, che ci spinga a rimetterlo al centro delle nostre preoccupazioni pastorali, ma anche il metodo del "dialogo di salvezza" che in esso si deve svolgere". Dove affondano le radici dell'eroicità e della fecondità, con cui San Giovanni Maria Vianney ha vissuto il proprio ministero di confessore? Anzitutto in un'intensa dimensione penitenziale personale. La coscienza del proprio limite ed il bisogno di ricorrere alla Misericordia Divina per chiedere perdono, per convertire il cuore e per essere sostenuti nel cammino di santità, sono fondamentali nella vita del sacerdote: solo chi per primo ne ha sperimentato la grandezza può essere convinto annunciatore e amministratore della Misericordia di Dio. Ogni sacerdote diviene ministro della Penitenza per la configurazione ontologica a Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, che riconcilia l'umanità con il Padre; tuttavia, la fedeltà nell'amministrare il Sacramento della Riconciliazione è affidata alla responsabilità del presbitero.
Viviamo in un contesto culturale segnato dalla mentalità edonistica e relativistica, che tende a cancellare Dio dall'orizzonte della vita, non favorisce l'acquisizione di un quadro chiaro di valori di riferimento e non aiuta a discernere il bene dal male e a maturare un giusto senso del peccato. Questa situazione rende ancora più urgente il servizio di amministratori della Misericordia Divina. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che c'è una sorta di circolo vizioso tra l'offuscamento dell'esperienza di Dio e la perdita del senso del peccato. Tuttavia, se guardiamo al contesto culturale in cui visse san Giovanni Maria Vianney, vediamo che, per vari aspetti, non era così dissimile dal nostro. Anche al suo tempo, infatti, esisteva una mentalità ostile alla fede, espressa da forze che cercavano addirittura di impedire l'esercizio del ministero. In tali circostanze, il Santo Curato d'Ars fece "della chiesa la sua casa", per condurre gli uomini a Dio. Egli visse con radicalità lo spirito di orazione, il rapporto personale ed intimo con Cristo, la celebrazione della S. Messa, l'Adorazione eucaristica e la povertà evangelica, apparendo ai suoi contemporanei un segno così evidente della presenza di Dio, da spingere tanti penitenti ad accostarsi al suo confessionale. Nelle condizioni di libertà in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale, è necessario che i presbiteri vivano in "modo alto" la propria risposta alla vocazione, perché soltanto chi diventa ogni giorno presenza viva e chiara del Signore può suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio.
"Cari confratelli, e' necessario tornare al confessionale, come luogo nel quale celebrare il Sacramento della Riconciliazione, ma anche come luogo in cui 'abitare' piu' spesso, perche' il fedele possa trovare misericordia, consiglio e conforto, sentirsi amato e compreso da Dio e sperimentare la presenza della Misericordia Divina, accanto alla Presenza reale nell'Eucaristia". La "crisi" del Sacramento della Penitenza, di cui spesso si parla, interpella anzitutto i sacerdoti e la loro grande responsabilità di educare il Popolo di Dio alle radicali esigenze del Vangelo. In particolare, chiede loro di dedicarsi generosamente all'ascolto delle confessioni sacramentali; di guidare con coraggio il gregge, perché non si conformi alla mentalità di questo mondo (cfr. Rm 12, 2), ma sappia compiere scelte anche controcorrente, evitando accomodamenti o compromessi. Per questo è importante che il sacerdote abbia una permanente tensione ascetica, nutrita dalla comunione con Dio, e si dedichi ad un costante aggiornamento nello studio della teologia morale e delle scienze umane.
San Giovanni Maria Vianney sapeva instaurare con i penitenti un vero e proprio "dialogo di salvezza", mostrando la bellezza e la grandezza della bontà del Signore e suscitando quel desiderio di Dio e del Cielo, di cui i santi sono i primi portatori. Egli affermava: "Il Buon Dio sa tutto. Prima ancora che voi vi confessiate, sa già che peccherete ancora e tuttavia vi perdona. Come è grande l'Amore del nostro Dio, che si spinge fino a dimenticare volontariamente l'avvenire, pur di perdonarci" (Monnin A., Il Curato d'Ars. Vita di Gian-Battista-Maria Vianney, vol. i, Torino 1870, p. 130). È compito del sacerdote favorire quell'esperienza di "dialogo di salvezza", che, nascendo dalla certezza di essere amati da Dio, aiuta l'uomo a riconoscere il proprio peccato e a introdursi, progressivamente, in quella stabile dinamica di conversione del cuore, che porta alla radicale rinuncia al male e ad una vita secondo Dio (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1431).
Cari sacerdoti, quale straordinario ministero il Signore ci ha affidato! Come nella Celebrazione Eucaristica Egli si pone nelle mani del sacerdote per continuare ad essere presente in mezzo al suo Popolo, analogamente, nel Sacramento della Riconciliazione Egli si affida al sacerdote perché gli uomini facciano l'esperienza dell'abbraccio con cui il padre riaccoglie il figlio prodigo, riconsegnandogli la dignità filiale e ricostituendolo pienamente erede (cfr. Lc 15, 11-32). La Vergine Maria e il Santo Curato d'Ars ci aiutino a sperimentare nella nostra vita l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'Amore di Dio (cfr. Ef 3, 18-19), per esserne fedeli e generosi amministratori. Vi ringrazio tutti di cuore e volentieri vi imparto la mia Benedizione.
Fonte: L'OSSERVATORE ROMANO
Cari amici, come non essere d'accordo con il Santo Padre sulla necessità di avere santi sacerdoti capaci di farci toccare con mano l'amore di Dio?
Invito tutti a pregare per questo anno sacerdotale perché produca tanti frutti di santità di cui tutta la Chiesa ha bisogno per tornare ad essere visibile e credibile.
Cari amici, come non essere d'accordo con il Santo Padre sulla necessità di avere santi sacerdoti capaci di farci toccare con mano l'amore di Dio?
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